Outcast 13: La luce del giorno – Recensione

Ecco la nostra recensione di Outcast 13: La luce del giorno

Siamo giunti, con questo numero di Outcast, ad un punto di svolta nella vita di Kyle e del Reverendo Anderson. Nello scorso numero entrambi sono alle prese con Sidney, il capo dei posseduti, che, finalmente, sono riusciti a legare ed imprigionare.

Outcast: La luce del giorno si apre con Kyle, Alison ed Amber, in un quadretto familiare quasi idilliaco.

Le cose paiono non essere mai andate così bene da tanto tempo, finalmente un po’ di serenità e pace fra i tre.

Ma questa felice situazione, purtroppo, è destinata a durare poco.

Finora non è stato ancor chiaro quello con cui hanno avuto a che fare. Demoni? Posseduti? O cosa?

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La copertina del tredicesimo numero di Outcast

Kirkman prosegue magistralmente nella descrizione della apocalisse personale di Kyle e, perché no, del genere umano stesso.

Con The Walking Dead si è voluto analizzare e sviscerare, destrutturandolo, il mondo dell’horror ambientato durante un’apocalisse zombie, che altro non è un’apocalisse dell’uomo contemporaneo, un grande affresco allegorico della società moderna, in cui siamo noi i veri morti viventi.

In Outcast continua questa esplorazione, non dal punto di vista della massa, ma del singolo soggetto.

Parafrasando il titolo dello scorso numero di Outcast, a volte non si può tornare indietro.

Il reverendo Anderson passa il segno e Kyle lo trova nel tentativo di seppellire un Sidney torturato e con le viscere di fuori.

Un’immagine raccapricciante.

Omicidio! Accusa subito Sidney, ma il reverendo si  difende dicendo che non è peccato, perché non si può uccidere un demone, un essere fatto di puro male.Però, come già detto, si è passato il segno, non si torna indietro.

La sua crisi di fede e il suo rimanere sempre meno aggrappato alla propria coscienza, nonostante sia caratterizzata da alti e bassi, lo porta a questa azione estrema. Kyle lo riprende e lo condanna, anche se mi sarei aspettato un’azione simile verso verso Sidney proprio da Kyle, piuttosto che dal reverendo Anderson, probo uomo di Dio, anche se con i suoi limiti e le sue debolezze, da sempre in lotta contro il male.

Ma si sa, l’uomo è piccolo e fragile e la linea di demarcazione, quell’esile confine che separa il bianco dal nero, che discrimina le interpretazioni nella coscienza di ognuno di noi, è presto sorpassata.

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Kirkman sa sempre essere ironico, ma il sorriso che ti lascia sulle labbra ha sempre un sapore amaro. Come detto poco fa, la piccola parentesi idilliaca con la riunione di Kyle e la sua famiglia, dura poco. In un rapido momento, in una sola scena, tutto si spegne. Una pagina senza parole, lapidaria, louder than words, direbbe qualcuno. Anderson retto, in piedi con la pala in mano, si è erto a giustizia tra gli uomini ma intanto qualcos’altro si muove tra le pagine della nostra storia.

Un uomo, solitario, si aggira tra le strade della città. Una parentesi fra i vari atti, un interludio.

Questa numero di Outcast è un ribaltamento della storia in toto. Dalla copertina, stupendamente disegnata da Azaceta e colorata da Elizabeth Breitweiser, si capisce che siamo giunti ad un punto di rottura; l’esplosione di colori (quasi un unicum nelle copertine finora presentate) che vengono incontro a Kyle lo dimostrano. Un vero capovolgimento di fronte è in arrivo.

La lotta contro i posseduti non è finita però: molti di loro si aggirano, inconsapevoli, per le strade della piccola cittadina dell’America provinciale, ignara e cieca di quello che succede nella sua quotidianità. E qui viene fuori la sorpresa, non vi dico a cosa o soprattutto a chi mi riferisco, correte a leggervi l’albo perché è un spoiler gigantesco! Dopo una lunga sequenza di vignette, dinamicamente disegnate da Alzaceta, si palesa il protagonista di questa sorpresa e…

La seconda parte della storia (che nella serie americana corrisponde al numero 26) funziona come da polmone. Cerco di addentrarmi in una visione dall’alto senza svelarvi troppo sul fatidico “misterioso” personaggio protagonista della lotta contro i posseduti al distributore di benzina.

L’episodio in questione è complementare a quello precedente non, non c’è rottura, è una cosa unica. Queste pagine sembrano essere un preambolo: Kirkman con questo numero gioca con il lettore ad una partita a scacchi, ponendo i pezzi in maniera chiave per quello che avverrà nei prossimi episodi.

Il vuoto lasciato da Sidney sembra che presto possa essere rimpiazzato da qualcun altro. Il reverendo Anderson prende coscienza di quello che ha fatto. Resta solo un cosa per lui: aggrapparsi al Signore e alla sua fede. Kirkman fa disegnare ad Alzaceta una scena topica, in cui il reverendo, nascosto dietro un recinto e annichilito dal suo gesto, recita versi biblici per trovare conforto. Lui è nessuno nei confronti di Dio.

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Infine l’altro ed ultimo elemento chiave: Kyle riceve spiegazione di quello che lui è e di cosa può essere capace grazie al suo potere. Abbiamo superato i due anni di pubblicazione e Kirkman ci ha condotto fino ad oggi per incominciare a raccontarci qualcosa sulle reali potenzialità dei reietti (anche se non sono convinto che sia tutta la verità). Mi sento anche di sottolineare che la parte dei dialoghi fra il “misterioso interlocutore” e Kyle siano costruiti in maniera eccellente.

Per vedere come andrà a finire ci vediamo queste pagine quando ormai la stagione calda ci avrà lasciato e le prime piogge accompagneranno le nostre giornate mentre i colori degli alberi incominceranno a virare verso il rosso.