Dopo il primo albo letto lo scorso mese, ecco la nostra letture del volume dedicato a Dino Battaglia, grande maestro del fumetto, veneziano di origine e prematuramente scomparso nel 1983. Edito dall’Editoriale Cosmo, questo sostanzioso malloppo di ben 160 pagine ripropone le opere realizzate dall’autore tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’80, periodo durante il quale Battaglia ottiene il grande successo presso il pubblico italiano e internazionale.
Le storie raccolte in questo volume sono lo spartiacque della produzione dell’artista veneziano, ovviamente sempre in collaborazione con la moglie Laura De Vescovi, sua collaboratrice in tantissime opere. Vi basti pensare che con i lavori presentati qui, Battaglia ha vinto prima il premio Yellow Kid nel 1970 come miglior autore italiano, mentre nel 1975 vincerà il premio come miglior autore straniero al Festival di Angouleme, il primo italiano in assoluto a riceverlo.
Grazie a Editoriale Cosmo, arriva nelle edicole il secondo volume dedicato all’arte di Dino Battaglia
L’albo si apre con Omaggio a Lovecraft, prima opera di Battaglia di un certo rilievo e uno dei primi segni della maturità raggiunta dall’artista, benché sia assodato che il vero punto di svolta della sua produzione sia la riduzione del Moby Dick di Melville. Già qui è evidente quello che sarà lo stile di Battaglia nel decennio successivo, ovvero un chiaroscuro ricco di sfumature e di giochi di luce che tende a virare sempre più verso il grottesco.
Tutta la parte successiva, con qualche eccezione, è dedicata agli adattamenti di Edgar Allan Poe, sicuramente i lavori per i quali Battaglia verrà maggiormente ricordato.
L’aspetto più interessante di queste storie risiede nella tecnica utilizzata per i disegni, che vanno di volta in volta ad omaggiare lo stile prevalente dell’epoca storica in cui sono ambientate le vicende. Ad esempio, ne La malizia del Diavolo abbiamo uno stile che omaggia esplicitamente alla pittura dell’Alto Medioevo, in Ligeia è palese il rimando alla Secessione Viennese, mentre La maschera della morte rossa deve tutto all’Art Déco.
I pezzi forti dell’albo, a mio parere, sono i capolavori Totentanz, Golem e La caduta della casa degli Usher, tre dei lavori più rappresentativi di Battaglia, dove il suo stile nebbioso e grottesco trova il maggior compimento mescolandosi a fortissime tinte horror raggiungendo vette di espressività inaspettate e risultando seminale per un numero infinito di artisti nei decenni successivi.
Con Hop-Frog si pigia ulteriormente il pedale sul grottesco e sulla deformazione delle figure e alla fine risulta essere l’opera più estrema pubblicata in questo volume, mentre in chiusura troviamo La straordinaria avventura di Hans Pfall, ultima riduzione a fumetti di Poe e anche uno degli ultimi lavori di Battaglia prima della prematura scomparsa. In quest’ultimo lavoro Battaglia, pur non rinunciando allo stile grottesco che lo ha contraddistinto, che qui si esprime nella massima maturità, opta per una linea più chiara e tradizionale, in linea con le riviste di stampo cattolico con il quale era solito collaborare.
Oltre a Lovecraft e a Poe, in questo volume c’è spazio anche per Robert Louis Stevenson, con un adattamento a tinte forti de Lo strano caso del dottor Jekyll e mr. Hyde, forse la storia in cui Battaglia demolisce ancora di più la già demolita gabbia del fumetto nostrano.
Personalmente apprezzo moltissimo l’idea della Cosmo, sempre più scatenata in ambito di ristampe, quella di riproporre al pubblico moderno tanti vecchi capolavori che rischierebbero con il tempo non dico di andare perduti, ma sicuramente di rimanere appannaggio di una ristrettissima cerchia di appassionati. Il lavoro quindi svolto da questa giovane casa editrice è sicuramente ammirevole e merita di essere sostenuto.
Il grosso problema (anzi, come ripetuto in più occasioni, l’unico problema) di queste produzioni è il formato. Sì, perché le opere originali di Battaglia sono nate in tutt’altro contesto e non ha veramente senso riproporle nel formato bonelliano, formato che va benissimo per opere originali che nascono già con quell’idea lì in testa, ma che risulta letteralmente nocivo per tutti quei lavori che hanno tutt’altra impostazione.
Discorso perfettamente calzante anche per questo volume dedicato a Battaglia (ma anche al precedente, sempre recensito su queste pagine), dove le vignette ampie e ariose vengono compresse e soffocate. Naturalmente la Cosmo basa tutta la propria politica su albi di questo tipo che garantiscano al grosso pubblico di avere dei grandi capolavori del fumetto d’autore in un formato pratico e buono per tutte le tasche. Il problema è che questo va a discapito della resa finale delle tavole. Va detto, nonostante l’evidente soffocamento, che a Battaglia va anche bene visto quello che succede con gli albi francesi.
A conti fatti, però, rimane pur sempre l’unico difetto, per quanto non indifferente, di un albo che ci ripropone in un colpo solo i migliori lavori di Dino Battaglia, grande maestro del fumetto italiano, uno che con la sua umiltà e dedizione al lavoro avrebbe ancora tantissimo da insegnare alle generazioni successive.
Battaglia, infatti, a dispetto della pioggia di premi e di elogi di cui veniva ricoperto a furor di popolo, era tendenzialmente schivo e riservato, poco amante delle luci della ribalta, preferendo invece rimanere chino al tavolo da disegno. La cosa più bella del leggere le sue storie è proprio questa: a dispetto dell’inevitabile vena autoriale che permea il lavoro di chiunque faccia un qualsiasi mestiere in campo artistico, in Battaglia è evidente come una scelta stilistica, aldilà degli omaggi, è sempre presa al solo scopo di valorizzare la vicenda raccontata per fornire al lettore il miglior prodotto possibile, privo, o quasi, di virtuosismi e sperimentalismi che si limitano solo a nutrire l’ego dell’autore.
Battaglia maestro di vita? Sì. Forse.
Maestro del fumetto, sicuro.