Seconda Stagione di Narcos – Recensione
Finalmente una breve recensione dove posso spoilerare di tutto, senza il timore che qualcuno mi mandi i sicarios a casa in cerca della mia testa. Questo perché Narcos, per quelli di voi che vivono sulla luna, è una serie televisiva basata sulla vera vita del narcotrafficante Pablo Emilio Escobar Gaviria e, seppur romanzata in alcuni punti, non può che finire nello stesso modo in cui è andata nella realtà… con la morte di Pablo Escobar.
Ecco fatto. L’ho detto.
Ora che ci siamo tolti questo sassolino dalla scarpa, torniamo a parlare della seconda stagione di Narcos; appassionante serie tv prodotta da Netflix e per cui, recentemente, sono state confermate una terza ed una quarta stagione (lo so che ho detto che Escobar è morto, ma andate a leggervi la notizia prima di insultarmi).
https://www.youtube.com/watch?v=VH2OnJQLVcU
Plata o plomo… parte seconda
Dove eravamo rimasti con la prima stagione? Ah già, con Pablo “evaso” da La Catedral.
La seconda stagione di Narcos riparte proprio da qui, dopo lo spiegone di rito che ci riassume gli eventi narrati esattamente un anno fa. Ma, laddove la precedente stagione ha mostrato l’ascesa del più famoso narcotrafficante di tutti i tempi, qui saremo invece spettatori del declino dell’impero targato Escobar. E sarà proprio la fuga e lo sgretolarsi del suo impero, il filo conduttore di tutti e 10 gli episodi; se possibile ancora più cruenti e sanguinolenti dei precedenti.
Non solo pallottole e sangue però, ma anche un’intelligente introspettiva del personaggio di Pablo Escobar, interpretato come sempre dal bravissimo Wagner Moura. Braccato e sempre più “fuori dal mondo”, questa volta il narcotrafficante mostrerà un lato di sé inedito rispetto a quello a cui eravamo stati abituati nei vecchi episodi. Irascibile, trasandato e paranoico (e a ragion veduta), Pablo entrerà in una spirale autodistruttiva, che lo porterà all’inevitabile epilogo della sua morte nell’ultimo episodio.
Escobar, perso il suo giro d’affari rapidamente, è costretto qui a mostrarsi al grande pubblico più come padre, che come boss della coca. Inevitabili quindi lunghi (e ripetitivi) momenti legati alla sua famiglia che, seppur protagonista anch’essa della storia, spezzano in più riprese la tensione creatasi nel corso degli episodi attorno alla figura di Pablo.
Se pensate però che, per questo, la serie possa aver perso la sua connotazione action, vi sbagliate. L’azione si è solamente spostata da “El Padron“, comunque coinvolto in numerose fughe rocambolesche, a quella dei personaggi, precedentemente secondari, del Cartello di Cali; in questa stagione protagonisti non solo dietro le quinte, ma artefici del destino della Colombia stessa. L’introduzione, poi, dei fratelli Castaño e dei Los Pepes, i nuovi antagonisti storici di Escobar, segneranno un’escalation di violenza in Narcos non adatta ai deboli di cuore.
Tanta azione anche per i due agenti della DEA che, precedentemente bollati come “contorno” alla serie, questa volta avranno un peso maggiore. Coinvolti attivamente in tutti gli episodi, saranno davvero loro i protagonisti dei giochi, assieme ai sicarios con i quali insceneranno una sottotrama da spy-story convincente.
Il tutto ovviamente riprodotto in una seconda stagione meno epica e più drammatica; curata però nei dettagli e nella fotografia, diretta magistralmente e sceneggiata ancora meglio. Buttate via quindi le audiocassette (?!) delle lezioni di spagnolo, e godetevi la seconda stagione di Narcos. Non ve ne pentirete!