Dogman: la recensione del film e l’incontro con Luc Besson

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È un buon momento per il regista e sceneggiatore Luc Besson, il suo ultimo film, Dogman, sta riscuotendo ottimi risultati al botteghino, soprattutto in Italia.

Proprio per questo, grazie a Lucky Red, casa di distribuzione del film, Besson si è esibito in un tour promozionale per i cinema italiani che ha toccato le città di Bologna, Modena, Milano, Brescia, Bergamo e Roma.

L’incontro con Luc Besson a Brescia

Nella gremita sala 2 del Multisala Oz di Brescia, il regista di Leon e Nikita, si presenta con qualche minuto di comprensibile ritardo.

Sotto la luce di due riflettori puntati su di lui, Besson, saluta con un italianissimo “Ciao”, e chiede ai presenti se l’inglese, come lingua per l’incontro, sia accessibile a tutti. Dopo aver blastato qualcuno che fumava la sigaretta elettronica in prima fila, Besson introduce brevemente Dogman, elogiando il protagonista Caleb Landry Jones paragonandolo a Gary Oldman, con l’attore scelto dal regista dopo aver risposto negativamente alla domanda di quest’ultimo se avesse votato Trump alle ultime elezioni. Parole di elogio anche per altri protagonisti del film, i cani che, come raccontato dal cineasta francese Besson, si sono sottoposti ad ore di trucco per sembrare più cattivi.

Dopo l’introduzione è il momento delle domande da parte degli spettatori presenti. Besson si dimostra disponibile e incline alla goliardia: la prima domanda viene fatta attraverso un microfono non funzionante, rendendo il tutto incomprensibile, tanto da portare il regista francese a chiede se a porre la domanda fosse R2-D2 di Guerre Stellari.

L’incontro prosegue con Besson che elenca alcuni dei sui film preferiti, che comprendono Amadeus, 2001 Odissea nello Spazio, Qualcuno volò sul nido del cuculo, Il Gattopardo e i film di Fellini in generale. Alla domanda su quale fosse il suo preferito dei film realizzati, Besson si esibisce nella classica risposta che tutti i registi danno alla domanda: I miei film sono come i miei bambini, impossibile fare delle preferenze, ma se devo dirne uno dico l’ultimo che ho fatto, Dogman.

Dopo circa 20 minuti Luc Besson saluta la platea, augurando a tutti buona visione. I riflettori vengono rimossi, le luci in sala si spengono e inizia il film:

Dogman: la trama

Il film inizia con la polizia che ferma un uomo, travestito da donna, alla guida di un furgone pieno zeppo di cani. Portato in centrale, l’uomo viene raggiunto dalla psicologa Evelyn. Doug, questo il nome del “dogman”, inizia a raccontare la sua storia. Vessato dal padre e dal fratello maggiore e abbandonato dalla madre, Doug trova l’amore famigliare grazie ai cani rinchiusi nella gabbia dove anche Doug è stato segregato dal padre. Diventando adulto, l’uomo sviluppa una specie di telepatia con i suoi cani, tanto da renderli partecipi di rapine ai danni dei ricchi oppure di ritorsioni contro i gangster della zona. Attraverso il colloquio con la psicologa assistiamo a tutta la vita di Doug e a tutti gli episodi che l’hanno portato a essere Dogman.

Dogman non è un film d’azione

Se si pensa a Luc Besson subito vengono alle mente film come Leon, Nikita e Il Quinto elemento. Tutti film carichi d’azione e sparatorie e solitamente con un bazooka in scena. In Dogman c’è una sparatoria (ma senza Bazooka), dove una gang si scontra con Doug e i suoi cani, ma è l’unico momento d’azione del film, il momento dove si vede la mano inconfondibile del regista e la sua cifra stilistica. Per il resto, la pellicola è sicuramente un buon film, delicato e piacevole, non con un gran ritmo, ma comunque godibile.

In Dogman assistiamo alle disgrazie di un uomo abbandonato dalla società, a volte a causa della cattiveria della gente, come il padre e il fratello, e a volte semplicemente per il caso avverso, come l’amore non corrisposto per Salma, attrice conosciuta in un istituto per delinquenti minorili. Doug reagisce alla avversità della vita, riempiendosi di amore canino, trasformandosi in un individuo che vive al di fuori della società che l’ha rifiutato.

È un Besson con mezzi limitati rispetto ai suoi ultimi film. Dopo il flop di Valerian e la città dei mille pianeti, il film europeo più costoso di sempre, con un budget di 180 milioni di euro, era inevitabile che il regista francese scegliesse qualcosa di più economico. Anche se a volte si percepisce la mancanza di mezzi, soprattutto nell’ambientazione americana del film, che sembra un po posticcia, nonostante parte del film sia stata girata a Newark, il regista francese confeziona un lungometraggio che funziona nella maniera in cui ci si aspetta da un film di questo tipo.

Attori cani

Anche fra il cast non troviamo grosse star, troppo costose. Caleb Landry Jones, è un attore con un lungo curriculum, ma che per la prima volta sostiene un ruolo da protagonista, realizzando un’ottima performance che probabilmente è la cosa migliore del film: Il suo Dogman è si pazzo, ma non esagerato, e quasi giustificato dalle angherie subite, a commettere i suoi crimini.

Il resto del cast è composto fa Jojo T. Ginns nei panni della psicologa Evelyn, Christopher Denham è l’assicuratore Ackerman, Grace Palma interpreta l’amore non corrisposto Salma e John Charles Aguilar è il criminale El Verdugo.

Chi spicca, oltre a Jones, sono sicuramente i cani. Gli amici a quattro zampe sono attori di prim’ordine e non sfigurano davanti al resto del cast. Se questo è un complimento, o una velata critica, lo deciderete quando vedrete il film.

Il ritorno in grande stile di Besson

“Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane.” Parte da questa frase, del poeta Alphonse De Lamartine, la sceneggiatura di Besson. Il rapporto con Dio e con i cani sono al centro del film, e sembrano essere un rimando uno dell’altro. C’è qualcosa di divino nel modo in cui i cani si dimostrano fedeli a Doug e nel mondo in cui eseguono i suoi ordini, dei super cani dall’intelletto surreale, probabilmente toccati dal Signore, unica lettura plausibile del comportamento dei migliori amici dell’uomo, protagonisti di Dogman.

A quattro anni di distanza dal suo ultimo film, il dimenticabile Anna, Besson torna dunque con un film meno potente del solito, ma comunque interessante e godibile, che ricorda sotto alcuni aspetti il Joker di Todd Philips, con Joaquin Phoenix, e che lancia un attore come Caleb Landry Jones come protagonista e non solo comprimario.

Il ritorno di Luc Besson è quindi un film atipico rispetto ai più riusciti del regista. Un dramma canino, con un pizzico d’azione e tanto dramma, dove viene messa in mostra un’umanità deprimente, salvo alcuni casi, e dove amore e famiglia vengono trovati lontano dalla società e dagli esseri umani.

Insomma, Dogman non sarà un film tra i più memorabili della carriera di Besson, ma nemmeno annoverabile fra le sue pellicole meno riuscite.

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Un Besson meno adrenalinico e più drammatico per Dogman, il ritorno del regista francese dopo i flop di Valerian e Anna.
Pro
Splendida prova attoriale di Caleb Landry Jones
Il ritorno alla regia di Luc Besson è già qualcosa di positivo
Cani, cani ovunque
Contro
Film realizzato con pochi mezzi e si vede
Un cast dimenticabile, a parte il protagonista e i cani
Poca azione per un film firmato da Besson
6.6
Voto Finale