Circle: la recensione del thriller psicologico di Aaron Hann e Mario Miscione

Circle

Dall’unione tra lo stile thriller psicologico e l’analisi della società nasce Circle, un film che riporta alla luce la più profonda natura umana: l’istinto di sopravvivenza.

Un gruppo di estranei viene rinchiuso in una stanza mortale, costretto a scegliere chi tra loro merita di essere risparmiato.

Questa è la descrizione di Circle che troverete su Netflix, un film indipendente che rielabora in chiave sci-fi il classico La parola ai giurati (1957). Tra il folto cast possiamo trovare attori come Carter Jenkins (Alieni in soffitta), Lawrence Kao (Wu Assasins e The Walking Dead), Julie Benz (Dexter) e Michael Nardelli (Revenge).

A prima vista Circle è il classico film horror “ognuno per sé” e apparentemente è così, ma nasconde molto di più. La pellicola mi ha incuriosita: se l’uomo è sociale per natura e deve prendere delle decisioni collettive come farà contemporaneamente a curare il proprio interesse per garantirsi la salvezza?

 Circle, il thriller psicologico dal sapore fantascientifico analizza la psiche dell’individuo nella società: chi è degno di giudicare gli altri?

Sceneggiatori, registi e montatori del film sono Aaron Hann e Mario Mascione, che hanno lavorato insieme a questo film arrivato su Netflix nel 2015.

Un thriller particolarmente ansiogeno, sia per merito dell’ambientazione sia grazia ai suoni. Tutta la vicenda è ambientata in un’enorme stanza scura, allo stesso così grande e così opprimente. Il senso d’ansia è sottolineato principalmente dal suono di caricamento della cupola prima di lanciare il raggio letale che, fino all’ultimo istante, non si sa chi colpirà mortalmente.

Un esperimento psicologico sociale

50 sconosciuti si risvegliano in una stanza disposti in due cerchi concentrici al cui centro è posizionata una cupola nera. Ogni 2 minuti circa un raggio originato dal misterioso oggetto uccide un individuo gettando tutti nel panico. Ben presto emerge il fatto che le morti non sono casuali, è il gruppo a decidere chi vive e chi muore, inizia così la lotta per la sopravvivenza. Ciascuno cerca di convincere gli altri di essere meritevole di continuare a vivere, di dover essere l’ultimo a rimanere in piedi.

Il tempo in cui si svolge la vicenda è breve. Circle racconta infatti la macabra avventura dei 50 partecipanti quasi in tempo reale. Le conversazioni, i diverbi, i litigi e anche le grida tengono serrato il ritmo, per sottolineare il poco tempo di cui dispongono i prigionieri. In contrapposizione agli accesi scontri verbali c’è la staticità fisica di ogni individuo. Ciascuno è imprigionato nel proprio cerchio rosso, senza poter avere contatti fisici con gli altri protagonisti.

L’oppressione mentale di Circle ricorda l’atmosfera del film cult The Cube del 1997, in entrambe le pellicole i protagonisti sono costretti ad analizzarsi. Un’ora e mezza di dialoghi che sezionano la psiche cercando di mettere in crisi lo spettatore e facendo riflettere su cosa significhi veramente essere umano. I 50 personaggi sono tutti differenti tra di loro, difficile empatizzare con uno in particolare mentre le antipatie nascono una dopo l’altra. Se in un primo momento è facile immaginare che l’avversione per alcuni sia data dalle convinzioni morali, riflettendoci meglio è invece data dall’atteggiamento che questi tengono verso i compagni di sventura. Ciascuno cerca di convincere gli altri che è degno di vivere, che ama ed è amato, che è buono, che porta valore, che è nel giusto. Tutto ciò in modo egoistico, vedendo solo quanto c’è in sé stesso e mai negli altri.

Circle: L’analisi del thriller nel cerchio

Analizzando più approfonditamente il film si nota come Circle descriva varie fasi in cui i personaggi provano a capire e risolvere la situazione. I protagonisti inizialmente spaesati nell’oscura stanza di morte in cui si trovano si pongono delle legittime domande: “dove sono?”, “perché hanno preso proprio me?”.

La trama entra nel vivo quando i protagonisti capiscono che è il gruppo a scegliere la vittima. In questo modo il centro dell’attenzione diventa unicamente l’uomo, entrando in una spirale di introspezione si analizza come la società etichetti ciascun individuo stereotipandolo. Circle affronta infatti numerosi clichè: la bambina, l’uomo ricco, gli amanti, il ragazzo di colore, il soldato, il poliziotto, la donna incinta…

Oltre alla critica verso la società, Circle mette in luce anche alcuni valori nobili per l’uomo. Primo è il rifiuto di contribuire alla morte di un altro essere umano. Secondo è il  “senso comune”, come viene definito nel film, il dovere di protezione nei confronti di un individuo più debole rispetto al resto del gruppo. Terzo (in contrappone al precedente) sostiene l’uguaglianza assoluta degli individui.

A questo punto emergono vari temi su cui dibattono i restanti personaggi. Dall’idea dell’esistenza di Dio al concetto di famiglia, dall’avere un buon lavoro e apportare valore al mondo tramite le proprie azioni. Il fine è quello di trovare un metro di giudizio che permetta ai sopravvissuti di decidere chi sarà il prossimo a morire.

La visione è apparentemente difficoltosa, il film è in lingua originale e non esiste un doppiaggio in italiano, sostituito dalla presenza di sottotitoli. Si tratta di un prodotto impegnativo dal punto di vista mentale e, per coglierne tutte le sfumature, una sola visione certo non basta. Il tema circa la critica della società rimane un evergreen ma è il metodo con cui viene affrontato l’argomento a lasciare dubbi.

Sicuramente il dibattito poteva essere approfondito, non fermandosi semplicemente ai più superficiali stereotipi che vengono analizzati. La scelta di mantenere suspense fino all’ultimo è ottima; ed questo ciò che spinge lo spettatore a rimanere incollato allo schermo fino alla fine.