War Machine, anche Brad Pitt perde le guerre

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War Machine, la produzione Netflix con Brad Pitt

War Machine, la satira secondo Brad Pitt e Netflix, in una pellicola che oscilla tra ridicolo e imbarazzo

La guerra in America non è mai una cosa semplice, è un aspetto della vita nazionale che, nel bene o nel male, smuove le coscienze della società a stelle e strisce. Lo abbiamo visto ai tempi del Vietnam, ha marginalmente colpito la popolazione statunitense ai tempi della prima guerra del Golfo ed è tornato ad essere centrale nella attuale guerra al terrorismo; questo dissenso si è spinto in ogni aspetto della vita pubblica, compreso uno dei metri di giudizio americano: lo show business. Un esempio classico di questo approccio è un film poi divenuto una serie comica, M*A*S*H*, un prodotto che ebbe un discreto successo e che potrebbe aver dato l’idea del taglio comico a Brad Pitt e David Michod per il loro War Machine. Peccato che abbiano sprecato un’invitante occasione per realizzare una pellicola all’altezza.

La storia di War Machine prende spunto dal libro The Operator, del giornalista di Rolling Stones Michael Hastings, scritto in seguito ad un’intervista per la nota rivista che raccolse le controverse dichiarazioni del generale Stan McChrystal, una serie di critiche al governo Obama che costrinsero il militare ad abbandonare il proprio ruolo da capo della missione ISAF in Afghanistan.

Nelle intenzione di Pitt e Michod, War Machine sarebbe dovuto essere il loro modo di criticare l’attuale andamento del conflitto in Medio Oriente, una critica in tono comico rivolto alla ormai terminata amministrazione Obama. Netflix si è fatta portatrice di questo messaggio, ma il prodotto offerto dal canale di streaming ha un termine che sfortunatamente lo identifica alla perfezione: imbarazzante.

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Il Glen McMahon di Brad Pitt, in una tipica espressione che vedremo spesso in War Machine

E, incredibilmente, il peggiore del cast è proprio Brad Pitt. Il suo generale McMahon è una delle peggiori macchiette da avanspettacolo mai viste, un personaggio talmente ridicolizzato ed estremizzato da essere fuori posto anche in una visione sarcastica della macchina della guerra (il war machine del titolo). Pitt ci ha abituato ad interpretazioni incredibili di mastini da guerra (Aldo Raine in Bastardi senza gloria in primis) ed anche a ruoli comici (Burn after reading), ma in War machine è a tratti ridicolo, in questo suo voler estremizzare McMahon; la posa da papero nella corsa, le espressioni forzatamente ottuse o la inspiegabile posa del braccio destro per tutto il film sono farse troppo esagerate per rientrare in una parodia, non è sarcasmo, diventa pessima recitazione, roba che sarebbe scartata anche al Saturday Night!

Ben Kingsley ha il compito di dare il volto al presidente Karzai, altra macchietta a tratti fastidiosa. Il primo incontro tra McMahon e Karzai è inizialmente divertente, ma bene presto lo spettatore percepisce come ci sia uno sforzo nel rendere sarcastico il meeting, con una gestualità di Pitt che è sgradevole e la costruzione di un politico afghano che rasenta l’offensivo, anche in un’ottica di satira.

Ci sono due momenti in cui Pitt sembra riemergere, in cui uno sguardo al momento giusto illudono lo spettatore che il grande attore che è Brad Pitt stia pensando di riprendere in mano la situazione e ribaltare questo disastro. Illudono, appunto. Durante la scena in cui McMahon cerca di convincere gli europei e si sconta con la resistenza di una politica tedesca, l’interpretazione di Tilda Swinton (la deputata tedesca) è spanne sopra la recitazione di Pitt, nonostante un doppiaggio che forza l’accento tedesco in modo quasi grottesco.

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Tilda Swinton è la deputata tedesca che tiene testa ad un ridicolo McMahon in War Machine

War machine vorrebbe rientrare all’interno di quelle pellicole storiche che hanno fatto della critica alla guerra il proprio motivo d’esistenza. La voce narrante (che dovrebbe essere quella del giornalista di Rolling Stones) ricorda, come impostazione, il soldato Joker che ci accompagnava in Full Metal Jacket, ma meriterei di esser fucilato per aver anche solo messo le due pellicole nella stessa frase, visto che siamo ad anni luce per qualità e spessore narrativo. La satira e l’ironia presenti nel citato M*A*S*H* sono di una levatura superiore alla pochezza di questo esperimento fallito, il Falco Pierce di Donald Sutherland e poi di Alan Alda potrebbero dare parecchie indicazioni al ridicolo Glen McMahon di Pitt.

Parte della colpa è sicuramente di Michod, che per tutto il film continua a cambiare il registro della narrazione, come se volesse confondere appositamente lo spettatore. La conseguenza è che anche le poche scene d’effetto e con una carica emotiva (che riguardano entrambe il soldato Cole, un giovane militare di secondo piano) si perdono, inserite in un contesto di confusione e artificiosa critica che vanificano ogni messaggio pacifista possibile. War machine è uno spreco di talenti, attori costretti a interpretare paradossali macchiette e muoversi in un contesto così irreale e mal costruito che la critica, l’anima di una produzione simile, viene completamente demolita, annullata. Solitamente le produzioni Netflix mantengono un certo standard qualitativo, ma con War Machine si potrebbe quasi pensare di dare ragione alla giuria di Cannes.