The Rain: recensione dei primi tre episodi

Di Salvatore Miccoli 6 Min di lettura

Sono già disponibili online i primi tre episodi di The Rain, la prima serie TV danese originale Netflix dall’ambientazione post-apocalittica che debutterà in maniera completa il prossimo 4 maggio con tutti gli episodi della prima stagione.

The Rain è ambientata in un futuro molto prossimo con gli eventi che frettolosamente prendono il via ai giorni nostri, quando l’imminente arrivo di una pioggia misteriosa, che porterà presto un temporale ad abbattersi sulla piccola cittadina di Vordingborg e poi su tutta la Danimarca (e l’intera scandinavia, e anche forse l’Europa e il mondo ma boh, chi lo sa!), spinge un padre a riunire la sua famiglia composta da moglie, figlia adolescente strappata “crudelmente” al suo primo appuntamento e figlioletto, al fine di rifugiarsi in un bunker ipertecnologico nascosto nei boschi prima che la pioggia cominci a cadere trasmettendo un virus micidiale che non lascia scampo.

Un po’ The Walking Dead, un po’ Lost e un po’ Dark ma…

Tra alcune imbarazzanti scene durante le quali, più che la paura e l’incredulità di fronte a tale azione salvifica paterna, assistiamo agli stupidi ed idioti comportamenti dei figli che mettono a repentaglio la vita di tutti molto prima che la prima goccia di pioggia possa toccare terra, The Rain si mostra come la “solita” cronaca di un’apocalisse infettiva improvvisa.

Il caos generalizzato, che fatichiamo a comprendere come possa essere scatenato soltanto da una famiglia in autostrada che ha molta fretta di mettersi a sicuro in un bunker non meglio localizzato, porta i protagonisti a guadagnare l’ingresso al rifugio sotterraneo appena un attimo prima che inizi a piovere, lasciando definitivamente (se non per una breve scena in cui la stupidità dei due figli Simone e Rasmus raggiunge l’apice con conseguenze disastrose) il mondo ed il misterioso virus al di là di diversi centimetri di acciaio e cemento.

All’interno del bunker The Rain pian pianino diventa qualcosa di diverso e, lasciandosi alle spalle l’incipit da film di quart’ordine che abbandoneremmo già dopo i primi dieci minuti, comincia a svilupparsi su un sentiero che, nonostante il termine “originale” sia sufficiente solo come aggettivo per la produzione Netflix, sembra seguire un mix di elementi tra The Walking Dead, Lost e ovviamente Dark, lo show tedesco (di ben altro calibro) che ha sicuramente influenzato e ispirato questa produzione danese e che ne ricalca atmosfere, colori e fotografia.

Trascorsi sei anni nel bunker, all’oscuro di tutto quello che nel frattempo è accaduto là fuori, i due fratelli decidono che è giunto il momento di uscire e mettersi alla ricerca del padre che si era allontanato poco dopo aver messo in salvo la propria famiglia, gravato dall’onere di essere l’unico in grado di mettere fine a questa moderna e letale pestilenza che, al contrario di quella di manzoniana memoria, non termina con una pioggia provvidenziale, ma torna a cadere venefica sul mondo ogni volta che piove.

Il mondo esterno, ovviamente, non è più quello che i due fratelli ricordavano e i sopravvissuti all’infezione combattono e si uccidono per il poco cibo rimasto.

È proprio ad un gruppo di giovani ma spietati superstiti che i due si uniscono con la speranza di ritrovare il padre, seguendone le tracce attraverso altri bunker simili a quello iniziale e tutti appartenenti alla fantomatica società Apollon (un po’ Umbrella Corporation un po’ progetto Dharma).

I nuovi arrivati, dopo un’iniziale diffidenza, si integreranno con il resto del gruppo che, giorno dopo giorno e pericolo dopo pericolo (anche se le situazioni di stupidità imbarazzante tornano ciclicamente a ripresentarsi), cominceranno a capire e scoprire quello che è realmente accaduto al mondo (o solo alla Danimarca, chi lo sa!).

The Rain, con molta fatica, si guadagna una possibilità

È difficile giudicare una serie TV solo dai primi tre episodi, dato che non rappresentano nemmeno la metà della prima stagione, ma il lavoro fatto dai creatori Jannik Tai Mosholt, Esben Toft Jacobsen e Christian Potalivo ha comunque del potenziale (non troppo originale ricordiamolo), seppur al momento tale potenziale fatica ad esprimersi nonostante la buona e convincente prova dei giovani attori che seguono purtroppo una sceneggiatura che ha dei momenti di imbarazzo assoluto.

Tuttavia i possibili risvolti delle vicende, uno dei protagonisti che si rivela fin da subito interessante e che sembra nascondere qualcosa, e i flashback con protagonista Simone che cercano di togliere il velo sulle origini dell’infezione e sul mistero della salute di Rasmus, danno un orizzonte interessante a The Rain che, è bene precisare, ha una peculiare capacità di mutare e rinnovarsi in maniera piacevole, anche se la serie palesa lentezza e mai si avvicina alla spettacolarità e al pathos delle produzioni americane, pur palesando un’interessante intimità d’animo tra i protagonisti, con Simone capace di un’empatia che cozza con il cinismo di un mondo allo sbando, come allo sbando sono le classiche auto abbandonate di traverso sulla carreggiata di tutte le strade.

Ve l’avevo detto che di originalità ce n’era poca, ma comunque una possibilità The Rain se l’è guadagnata anche se molto a fatica.

We will see!

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