The Foreigner, Jackie Chan conquista Netflix – Recensione

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Netflix è ormai sempre più una realtà temibile dell’intrattenimento. Arrivata quasi in sordina nel nostro Paese, la piattaforma di streaming sta macinando continui successi, grazie ad un’offerta che rivaleggia tranquillamente con quella di marchi storici dell’entertainment. Se inizialmente abbiamo apprezzato Netflix per il suo ricco catalogo di serie, come Star Trek: Discovery o Daredevil, ultimamente anche il comparto delle esclusive cinematografiche ha regalato delle soddisfazioni, come l’ultimo arrivato, The Foreigner.

The Foreigner corre il pericolo di venir ingiustamente considerato come una copia di Taken, la trilogia di film con protagonista un granitico Liam Neeson. L’analogia tra le due produzioni nasce da una partenza comune, la scomparsa di una figlia, che mette in moto una serie di eventi che vedono protagonista un uomo solo contro una forza, sulla carta, più forte di lui.

The Foreigner, un intenso thriller con un sorprendete Jackie Chan

Tranne questa apparentemente similitudine, The Foreigner si discosta in modo netto dal citato Taken. Per prima cosa, la sceneggiatura di David Marconi è un adattamento di un romanzo di Stephen Leather uscito nei primi anni ’90, The Chinaman, quindi di gran lunga antecedente alla serie con protagonista Bryan Mills. Ma tralasciando le origini della storia, sono lo svolgimento e la profondità della stessa che rendono The Foreigner un prodotto molto più interessante.

Quan è un uomo mite, padre devoto di una giovane figlia la cui preoccupazione più immediata è trovare il vestito adattato per andare al ballo con il suo fidanzato. Nelle prime scene del film, Martin Campbell riesce a darci uno spaccato di vita sereno, giocato sapientemente sugli scambi di sguardi e dalle espressioni familiari dei due personaggi. Tutto svanisce quando un attentato terroristico colpisce Londra, coinvolgendo anche i due e uccidendo la giovane.

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Da questo momento, The Foreigner prende lentamente il proprio slancio. Il primo punto a favore della regia di Campbell è il modo in cui riesce a ritrarre la frenesia dei tabloid britannici di correre sul posto per avere la migliore copertura. L’inviato che seguiamo inizia a scattare foto indugiando sui dettagli più cruenti dell’esplosione, specchio di quella morbosa curiosità che anima gli spettatori interessati a vedere sempre il lato più violento degli eventi. Campbel ci guida in una sequenza di immagini ricreando in modo suggestivo la sequenza degli scatti, finendo sulla disperazione di Quan che abbraccia il cadavere della figlia.

Personalmente, la rivelazione di The Foreigner è stata la recitazione di Jackie Chan. Abituato a vedere l’attore asiatico quasi sempre in ruoli divertenti o dalle tinte ironiche, vederlo affrontare un ruolo simile è stata un’esperienza emozionante. Non più giovanissimo, Chan ha dovuto fare un affidamento totale sulla propria recitazione, riuscendo ad offrire a Campbell una delle prove più emozionanti che gli abbia mai visto fare.La postura dimesse e arrendevole, lo sguardo perso dell’uomo distrutto sono stati interpretati al meglio da Chan. Nelle scene successive all’attentato, riesce a mantenere un’espressione di totale apatia che echeggia la sua perdita interiore, fino al momento in cui trova una molla per reagire: la vendetta.

Se in Taken avevamo la speranza di Mills di ritrovare la figlia, The Foreigner va oltre, mostrando un uomo che ha perso tutto, la cui unica ragione di vita ora è trovare i responsabili della morte della figlia. Chan riesce a passare dall’uomo umile che cerca di scoprire per via quasi legali i nomi dei responsabili al padre dalla volotnà ferrea che mette a frutto un addestramento militare per svolgere la propria indagine. In tutto questo, Quan mostra però la sua età, un peso che suo malgrado complica la sua missione.

Chan è sempre un grandioso acrobata nei suoi combattimenti, ma in The Foreigner ha il merito di sapere adattare la sua esperienza nelle arti marziali con i limiti dell’età. Il suo stile diventa più ragionato e pratico, meno coreografico, rispecchia perfettamente un uomo bene addestrato ma che conosce i propri limiti. Sono poche le scene in cui lo vediamo mostrare la sua leggendaria agilità, nella maggior parte degli scontri Chan sembra quasi patire l’impatto dei colpi, faticando a reggere il confronto e ricorrendo anche alla fuga. Questo approccio dona un senso di realismo, si coniuga al meglio con il personaggio di Quan, che continua la propria caccia all’uomo facendo leva principalmente sulla forza di volontà.

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A contrapporsi a Quan troviamo un invecchiato Pierce Brosnan, ormai lontano dagli anni di James Bond. Rappresentante politico dell’Irlanda del Nord e uomo ben inserito nei giochi di poteri britannici, il suo Liam Hennessy è un personaggio ben caratterizzato e approfondito. Figlio di un’epoca in cui l’IRA era il fantasma che colpiva l’Inghilterra, Hennesy si è ricostruito una figura politica da uomo di pace, nascondendo ancora legami con le vestigia della celebre sigla terroristica. Complice un buon doppiaggio, Hennessy tiene benissimo la scena, contando ovviamente anche sulla presenza scenica di Brosnan, che dona al suo ruolo un carisma e una solidità invidiabili.

Le ricerca della verità di Quan si scontra con le verità nascoste di Hennesy, in un gioco spionistico che fino all’ultimo ci tiene sulle spine, miscelando al meglio rigurgiti indipendentisti e faide famigliari.

Campbel ha saputo usare al meglio due attori come Chan e Brosnan. Complice una fotografia dai colori non particolarmente accesi, il regista di Casinò Royale valorizza al meglio le espressioni dei suoi protagonisti. Particolarmente efficace il lavoro sui primi piani, che oltre a trasmettere il dolore di Quan sanno esaltare anche la paura di Hennessy di perdere tutto ciò che ha faticosamente costruito.

The Foreigner viene esaltato anche nei numerosi combattimenti. Campbell riesce a guidare il nostro sguardo in modo da non perdersi un istante, tenendo sempre a fuoco sia il contesto generale dello scontro che il singolo movimento, curando sempre l’espressività affaticata di Chan. La sequenza nel bosco in Irlanda è uno dei momenti meglio gestiti, con un’intensità che ricorda Rambo: First Blood, con tutta la difficoltà di Quan nel sopravvivere ad una caccia all’uomo di cui lui è la preda.

Accompagnato da una colonna sonora discreta e sempre all’altezza, The Foreigner riesce a mantenere alto il suo ritmo fino all’ultimo, con una perfetta cadenza degli eventi, che non sono mai forzati. Il personaggio di Quan si arricchisce continuamente, tramite le rivelazioni di altri personaggi o con un flashback che brevemente mostra il cuore della sua determinazione, fino ad una catarsi che coincide in modo suggestivo con l’ultima scena. Un tocco da maestro.

The Foreigner è la conferma che all’interno del catalogo di Netflix trovano spazio anche pellicole di ottima fattura. Non si tratta solo di film d’annata, come Il buco nero, ma anche di produzioni nate espressamente per il canale streaming, come il recente Bright.