Molto prima che Ash Williams trasformasse il suo braccio in una micidiale arma applicando una motosega al posto della mano mozzata, un antico longobardo aveva pensato di utilizzare come protesi un pugnale dopo aver subito l’amputazione di un braccio.
L’interessante scoperta dello scheletro dell’uomo, rinvenuto nella necropoli longobarda di Povegliano Veronese risalente al VI-VIII secolo dopo Cristo, è stata fatta da un team di ricercatori guidati dall’archeologa Ileana Micarelli dell’Università Sapienza di Roma.
Gli studiosi hanno stabilito che il braccio dell’uomo (di età compresa tra i 40 e i 50 anni), era stato amputato intenzionalmente a seguito di un “intervento medico”, anche se non si conoscono con esattezza le cause che hanno portato a prendere la decisione di mozzare l’arto come precisato dai ricercatori:
È molto probabile che l’arto sia stato amputato per ragioni mediche, anche se si notano delle fratture accidentali forse causate dall’intervento.
Data la cultura guerriera del popolo longobardo è possibile che il braccio sia stato perduto in combattimento.
L’uomo è sopravvissuto all’operazione applicando poi un pugnale al posto della mano amputata come testimoniato da una lunga lama trovata nella sepoltura accanto allo scheletro.
I ricercatori sono giunti a tale conclusione esaminando la calcificazione dell’osso che mostrava all’estremità dello stesso segni di pressione, rimodellamento dei tessuti e la formazione di uno sperone osseo sull’ulna con relativo callo.
Le prove che avvalorano la tesi degli scienziati, secondo le quali l’uomo avrebbe sostituito l’arto mancante con questa particolare protesi, sono passate attraverso l’esame della dentatura dello scheletro che presentava un’eccessiva usura con una considerevole perdita di smalto e una lesione ossea.
La cosa, molto probabilmente, è dovuta al continuo utilizzo dei denti per stringere dei lacci in pelle che evidentemente servivano per tenere fissato il pugnale al braccio amputato, legacci i cui resti sono stati ritrovati accanto alla lama perfettamente allineata con il braccio ed il gomito dell’uomo.
Ulteriori evidenze, come una cresta ossea a forma di “C” sulla scapola sono la testimonianza di come l’uomo piegasse il braccio in maniera innaturale, giorno dopo giorno, per avvicinarlo alla bocca e stringere così i lacci, movimento che ha appunto generato questa strana deformazione.
La dottoressa Micarelli ha evidenziato come la scoperta abbia una valenza molto importante riguardo allo studio della cultura dell’inclusione e del sostegno delle persone con gravi menomazioni, da parte di tutta la comunità di appartenenza:
Quest’uomo longobardo mostra una notevole sopravvivenza dopo un’amputazione dell’arto anteriore in un’epoca in cui non vi erano ovviamente degli antibiotici.
Non solo si è adattato alle sue nuove condizioni, ma lo ha fatto con l’uso di un dispositivo derivato dalla sua cultura e dalle conoscenze, insieme a un considerevole sostegno da parte della propria comunità.
Tutto ciò testimonia l’attenzione della comunità, la compassione familiare e un alto valore dato alla vita umana nonostante un trauma che avrebbe potuto relegare l’uomo ai margini del suo gruppo.
Fonte: Sciencelaert