Caput Mundi 5: Prima dell’alba – Recensione

Caput mundi, la serie ideata da Roberto Recchioni ed edita da Editoriale Cosmo,  si avvicina al finale della sua prima stagione, e lo fa con un quinto numero particolare. Finora la sensazione è sempre stata quella di sfogliare una serie televisiva, in cui diversi elementi vengono ad inserirsi nella trama principale con una cadenza precisa, netta. Ogni albo introduce un nuovo personaggio, per alcuni presenta anche la genesi (come Eva o La coscienza di Roma), per altri invece lascia che la loro importanza sia concentrata principalmente sulla dinamica emotiva che instaurano con i propri compagni e, soprattutto, con il lettore.

Dal terzo albo in poi, L’uomo che non c’era, abbiamo assistito alla formazione di una meccanica narrativa di squadra, giocata alla perfezione sulla necessità che si impone su ogni volontà individuale. Nero, Eva e L’uomo invisibile sono un terzetto a cui ci sentiamo subito affezionati grazie al loro menage variegato, composto da ironia e un senso drammatico che si sposano alla perfezione con questa avventura sui generis.

Prima dell’alba è il penultimo capitolo della prima stagione di Caput Mundi!

Nello scorso numero mi ero perso un riferimento alla saga di Battaglia, il vampiro siciliano creato da Recchioni di cui Caput Mundi è un’espansione. Il Tedesco è presente in una storia di Battaglia, ma il non averla letta non rende difficile la comprensione delle avventure dei mostri di Roma, merito di una trama corale scritta in modo da non penalizzare coloro, come il sottoscritto, che si avventurano per la prima volta in questa realtà narrativa. In Prima dell’alba ci viene mostrato come si arriva alla presenza del Tedesco, ennesima pedina della Mummia. Questa scelta è funzionale alla storia perché ribadisce come il porporato faccia della conoscenza dei punti deboli dei propri schiavi una delle sue armi più potenti.

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Mai come in Prima dell’alba abbiamo visto la Mummia così centrale. La sua figura è rimasta finora nell’ombra, una burattinaio che ha cercato di manipolare la vita malavitosa e sovrannaturale di Roma da una posizione secondaria, ma ora, vista la piega degli eventi, ha scelto di entrare in scena in modo plateale. Questo quinto albo è un crescendo emotivo, visto in chiave da action movie, in cui la Mummia diventa lentamente il protagonista. La sua influenza arriva ai vertici della vita romana, una forza mostrata con calma e freddezza, in perfetta sintonia con quello che ci aspetteremmo da un personaggio di questa caratura.

Giovanni Masi e Dario Sicchio ci accompagnano in questa lettura adrenalinica proseguendo a distanza di istanti il finale di Il lago che combatte. Fedeli alla dinamica della serie, i due autori sono liberi da qualsiasi limite, creando un capitolo di questa saga in cui Roma e le sue strade diventano la perfetta scenografia di un blockbuster hollywoodiano. Il lato migliore della sceneggiatura di questo albo è il tono da resa dei conti, in cui vecchie inimicizie e voglia di vendetta si intrecciano in questa storia di criminalità sovraumana. La tensione tra Pietro e il Tedesco e il confronto tra Nero e Bimbo sono gestiti al meglio, con una naturalezza in cui si mescolano odio e derisione, rivalsa e incoscienza. Non è semplice riuscire a gestire così tanti elementi narrativi senza perdere di tono narrativo, un pericolo evitato con dei cambi di scena ben scanditi, studiati in modo da tenere il lettore sempre sul giusto filo della tensione. Dopo un primo scontro sulle rive del lago, in cui la violenza si scatena libera e su un livello decisamente più personale, veniamo gasati oltremisura con un inseguimento spettacolare, in cui la vena artistica di Fabiana Mascolo sembra dare il meglio di sé.

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Nelle tavole dello scontro nella boscaglia, la Mascolo sembra aver avuto qualche piccola difficoltà nell’entrare in pieno nello spirito di Caput Mundi, ma questa sensazione (totalmente personale, sia chiaro) è svanita rapidamente, quando la disegnatrice si lancia nel pieno della mischia, valorizzando al meglio i dettagli di una scazzottata epica. Durante l’inseguimento cittadino, invece, sembra che Fabiana abbia premuto anche lei sul gas, realizzando delle tavole in cui i mezzi hanno un dinamismo incredibile, come se fossero fotogrammi di un Fast & Furious sul Tevere. L’occhio di Fabiana sembra muoversi come se stesse girando un film, le inquadrature delle tavole, il modo in cui viene gestita la profondità sono vivine ad una concezione cinematografica, una sensazione acuita dalla libertà della gabbia e dall’utilizzare particolari punti di vista che diano ulteriore ampiezza alla vignetta stessa, come il mostrare uno specchietto retrovisore.

Le espressioni di Pietro alla guida, la postura dei motociclisti e la forte carica adrenalinica in questa fase dell’albo sono spettacolari. Essendo particolarmente affezionato all’Uomo invisibile, non posso che apprezzare il modo in cui Fabiana riesce a valorizzare le espressioni del ladro, specialmente quando indossa la sua tuta.

Ecco, a proposito della tuta del nostro ladro. Battaglia lo apostrofa con un ‘finocchio in tuta‘. Nell’epoca del politically correct una frase del genere, non è un difetto per un fumetto? Assolutamente no, è la frase giusta al momento giusto, detta dal personaggio giusto. I protagonisti di Caput Mundi non sono eroi, sono delinquenti, mostri la cui vita è segnata da misfatti e delinquenza, che non sarebbero mai credibili con un vocabolario forbito ed elegante. La volgarità di certe espressioni è funzionale alla storia come la cadenza romana di Nero, è parte intrinseca della loro personalità. Personalmente ho trovato questa scelta lessicale e volutamente volgare perfetta, un elemento narrativo che si conferisce realismo all’intero impianto della saga di Caput Mundi. Parlando di linguaggio, non potrebbe esserci momento migliore per ricordare che il lettering impeccabile è firmato da Maria Letizia Mirabella.

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Marco Mastrazzo firma, invece, firma la solita, suggestiva copertina, in cui tutta la violenza e le ire accumulate in questi albi sembrano dilagare!

Prima dell’alba ha tutto il carisma di uno episodio conclusivo in due parti di quelli che siamo abituati a vedere nelle serie TV. Ma ciò che più di ogni cosa ha dato a questo albo un ruolo fondamentale è veder finalmente la Mummia mostrarsi apertamente, anche lui mostro di una Roma in cui, tra vampiri, licantropi e eredi di Frankestein, un incubo egizio merita di figurare. Chissà se il sarcofago è un omaggio ai pozzi di Lazzaro di Ra’s al Ghul, o se le tre ancelle siano un richiamo alle Parche, le dee greche che tessevano la vita dei mortali, tutto questo ora non conta, perché Caput Mundi ha saputo dare nuova linfa e vigore ai classici mostri, dopo anni di romanzetti melensi e fan service adolescenziali. Ora non ci resta che attendere un mese per un finale che promette faville, con la curiosità di vedere tornare in campo la Coscienza di Roma!