Pale Blue Dot: la “foto di gruppo” dell’Umanità

Compie 30 anni in questi giorni Pale Blue Dot, la prima foto di gruppo dell’Umanità.

Si tratta di una fotografia scattata nel 1990 dalla sonda Voyager 1, in viaggio verso lo spazio extra-sistema solare da 13 anni, dopo il lancio del 5 settembre 1977.

Descritta come una delle 10 immagini di maggior valore scientifico della storia, la fotografia “Pale Blue Dot” compie 30 anni

La traduzione italiana del nome di questa immagine sarebbe “pallido puntino blu”; in effetti, a una prima occhiata superficiale, l’immagine non sembra contenere molto di più di questo. Ma c’è molto, infinitamente di più.

La Terra, in questa immagine, occupa meno di un pixel, ed è ripresa da poco più di sei miliardi di chilometri di distanza. All’epoca Voyager 1 aveva da poco superato l’orbita di Plutone, lasciando per sempre quella porzione di spazio-tempo che chiamiamo sistema solare.

Il “pallido puntino blu” sembra attraversare un fascio di luce. Nonostante sia causato da una riflesso sull’ottica della macchina fotografica della Voyager, questa piccola imperfezione rende lo scatto ancora più bello e poetico.

In occasione dei 30 anni della fotografia, la NASA ha pubblicato una versione di Pale Blue Dot ripulita e migliorata con le più recenti tecniche software.

Pale Blue Dot e Carl Sagan

Questo scatto, ricco di significati scientifici e filosofici, è stato realizzato grazie ad un’idea dal grande astronomo e divulgatore Carl Sagan. Autore prolifico di numerosi libri di divulgazione e romanzi, ha scritto anche Contact, da cui è stato tratto il film con Jodie Foster e Matthew McConaughey, per la regia di Robert Zemeckis. Carl Sagan è stato un personaggio incredibile per potenza visionaria ed ecletticità.

Non possiamo che riportare integralmente la sua riflessione riguardo allo scatto che a lui dobbiamo.

Da questo distante punto di osservazione, la Terra può non sembrare di particolare interesse. Ma per noi, è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui, è casa, è noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita.

L’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni “superstar”, ogni “comandante supremo”, ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica.

Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino. Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente il loro odio. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l’illusione che noi abbiamo una qualche posizione privilegiata nell’Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c’è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.

La Terra è l’unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c’è altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Colonizzare, non ancora.
Che ci piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l’astronomia è un’esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto.

Non sapremmo davvero cosa aggiungere, se non di godervi ancora una volta la splendida e commovente prima foto di gruppo dell’Umanità.