In questi anni abbiamo assistito a videogiochi che si sono inseguiti, vuoi per design dei personaggi, vuoi per le ambientazioni ripetitive all’estremo e vuoi, ancora peggio, per idee di gioco.
Ripetizioni che secondo la critica hanno fatto in modo che il mercato diventasse saturo di idee non originali e sviluppate, spesso, ancora peggio. Idee senza un’anima e, in generale, senza un’idea sulla direzione che avrebbero voluto prendere.
Questo fino ad oggi e fino a Close to the Sun, titolo nato da una software house italiana, la Storm in a Teacup, già autrice di titoli come N.E.R.O. e Lantern.
La nostra recensione di Close to the Sun, l’horror adventure made in Italy che ci mette di fronte ad un mistero da svelare nei panni di una giornalista
Si tratta di un progetto incredibilmente ambizioso che cerca di attirare l’attenzione grazie al suo design che richiama a gran voce Bioshock, ma che se ne vuole discostare il più possibile; questo risulta chiaro non appena il gioco prende piede ed entra nella sua fase principale.
A differenza del fortunatissimo titolo di 2K, Close to the Sun non è un FPS ma un vero e proprio survival horror, genere diventato famoso grazie a giochi come Outlast.
Il titolo (per PC Windows) non presenta neanche una vera e propria interfaccia di gioco o HUD, facendo subito capire quale sarà il focus dell’intera avventura: l’immersione totale nella storia della nostra “eroina” Rose Archer.
La trama è tanto semplice quando ben scritta: Rose si sta dirigendo alla Helios, nave ideata da Nikola Tesla, per cercare sua sorella Ada.
La Helios, che farà da cornice per l’avventura, è in realtà un ritrovo di scienziati che, grazie alla guida del più famoso Tesla, si sono posti l’obbiettivo di migliorare il mondo grazie alle loro idee e invenzioni.
Nella nave, ovviamente, non tutto sta andando come dovrebbe andare e tra colpi di scena scontati e altri un po’ meno, dovremo riuscire a capire cosa sta succedendo, anche grazie a una marea di file e collezionabili sparsi per la nave con i quali riusciremo ad approfondire la trama e scoprire cosa è andato storto e, soprattutto, capire chi vuole far sì che la nostra ricerca non vada a buon fine.
Tutto qui? Tutto qui.
Troppo o troppo poco sarete voi a deciderlo anche perché il gioco ha un focus decisamente più mirato, l’immersione del giocatore nell’ambiente circostante.
La Helios è un vero e proprio capolavoro e, per quanto possa ricordare molto le più famose Rapture e Columbia, si discosta molto da queste offrendo degli scorci incredibili e alcuni ai limiti del fotorealismo, i ponti superiori, il teatro e alcuni uffici saranno pregni di particolari e, una volta entrati, vi sembrerà di essere li, con i piedi sulla nave grazie anche a un Unreal Engine 4 sfruttato al meglio e spesso ai limiti attuali del suo utilizzo.
Così come per gli ambienti dettagliati, abbiamo altre location un po’ più spoglie che sembrano essere state ultimate forse con un po’ di fretta. Asset riutilizzati e texture leggermente stretchate vanno in forte contrasto con gli altri ambienti meglio definiti.
Assenza di tempo o solo distrazione? Non lo sappiamo e, se non sarete meticolosi nell’andare a cercarli con il lanternino, probabilmente neanche ve ne accorgerete perché immersi in un contesto molto più maestoso.
Un’avventura che ha tra i suoi punti forti un comparto audio coinvolgente di tutto rispetto
Un altro aspetto da non sottovalutare in questo titolo, e in altri simili, è il comparto audio perché Close to the Sun offre una colonna sonora incredibile.
Sin dalle prime fasi di gioco si nota come il team italiano volesse immergere il giocatore in un’altra epoca non solo graficamente ma anche grazie al sonoro. Le musiche di sottofondo richiamo a gran voce la musica di un tempo e vanno in netta contrapposizione con la OST dei momenti più concitati, contrasto che alimenta le ansie e ci fa sentire con il fiato sul collo, pronti a scappare verso la salvezza.
Anche il doppiaggio è degno di nota. Dall’audio che riceviamo in cuffia, ai monologhi interiori del personaggio fino ai discorsi di Tesla, tutto è “doppiato” con cura e ricerca dei dettagli, un po’ meno l’audio ambientale che spesso sarà quasi più di disturbo che di accompagnamento.
“We’ve been playing with fire
Now it’s all set ablaze
Oh what have we done?
Is that what we get for playing
Too #CloseToTheSun?”
Watch the full lyric video here: https://t.co/2Ws0VwheJG https://t.co/2Ws0VwheJG
— Storm in a Teacup (@stcware) 30 aprile 2019
Un ritmo altalenante che non aiuta un gameplay poco fluido
Però non è tutto ‘Rose’ e fiori. Battute a parte il punto debole di Close to the Sun è il gameplay.
Il gioco risulta altalenante, alternando fasi di ricerca con fasi di “fuga” non riuscendo quasi mai ad amalgamare con fluidità le due cose.
Questo risulta frustrante per chi la Helios vorrebbe girarla in lungo e in largo, mentre sarà percepito con noia dai classici giocatori di questo genere di survival, che si ritroveranno spesso “rallentati” dai momenti in cui non saremo braccati o in pericolo di morte certa.
La fuga inoltre, risulta quasi sempre un vero e proprio semplice corridoio a bivi da seguire con il rischio di perdere la partita e dover ricominciare quella sezione di gioco.
Qualcuno ha parlato di enigmi? Gli enigmi ci sono ma molto spesso poco articolati e piazzati esclusivamente per aumentare leggermente la longevità.
Ma le ombre di Close to the Sun non inficiano il fatto che sia un titolo da provare con convinzione. Questo gioco è un piccolo gioiellino non perfetto ma da avere assolutamente, da giocare e da non dimenticare.
Storm in a Teacup dimostra di avere le potenzialità per andare oltre ai pregiudizi sui giochi made in Italy e così come in passato con il team 34BigThings e il suo fortunato Redout siamo sicuri che il loro talento verrà riconosciuto anche a livello internazionale e, grazie agli errori commessi e al esperienza accumulata, riusciranno in futuro a regalarci cose incredibili.