Blue Fighter: Il guerriero blu – Recensione

Di Davide D'Emiliano 7 Min di lettura

Un pugile alcolizzato dal passato misterioso, una ragazza che sogna le luci di Las Vegas, un uomo d’affari con pochi scrupoli e tante ambizioni, una donna tanto bella quanto sola.

A fare da palcoscenico il crudo e difficile mondo del pugilato professionista di fine anni ’70 e inizi ’80. Sono questi gli ingredienti principali di Blue Fighter (Ao no Senshi), manga nato dalla collaborazione del celebre maestro Jiro Taniguchi e lo sceneggiatore Caribu Marely (Old Boy) e pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1982.

A poco più di un mese dalla morte di Marely e a quasi un anno di quella di Taniguchi, ci pensa la J-Pop a portare per la prima volta in Italia Blue FIghter, un classico degli anni ‘80  (traduzione di Roberto Pesci, 290 pagine), regalandoci una delle prime opere realizzate da un ancora giovane Taniguchi e per questo per molti versi acerba ma che in sé racchiude giá alcuni di quegli elementi che avrebbero reso noto il nome del manga tanto in patria, quanto (se non addirittura di più) nel vecchio continente.

Blue fighter è la malinconica e dura lotta di un uomo contro i suoi demoni

Il mondo del pugilato giapponese è sconvolto dalla presenza di un fighter freddo, impassibile, che sembra dotato di una forza incredibile ma, complice anche il suo alcolismo, riesce a collezionare quasi solo sconfitte, tanto da ricevere dal suo pubblico l’appellativo di “re delle sconfitte”.

Si tratta di Reggea, un algido lottatore che insegue solo un impulso all’autodistruzione e non appare interessato alla carriera o a nient’altro.

Ma l’incontro col procuratore di boxe americano D’Angelo porterà il misterioso pugile nipponico nel circuito del pugilato professionista del centro e sud America.

Riuscirà Reggea ad affrontare i suoi demoni su questo nuovo ring?

Per Blue FIghter Taniguchi e Marely decidono dunque come ambientazione il mondo del pugilato professionista, un mondo che nell’immaginario collettivo di allora (è di quegli anni l’uscita tanto di Rocky III quanto del film e del secondo anime dedicati a Rocky Joe) come di oggi è associato sia alla forza e violenza dei combattimenti, sia ad un certo velo di tristezza e voglia di riscatto che avvolge i boxer e che ben si abbinava con le tante solitudini che caratterizzano i vari personaggi di Blue Fighter.

Il pugilato aveva poi sicuramente un suo particolare ascendente su Taniguchi e Marely visto che negli anni successivi lavorarono insieme ad altre storie ambientate intorno al mondo della boxe.

Blue Fighter non è (soltanto) un fumetto sulla boxe

Blue Fighter è decisamente molto di più di un semplice fumetto sulla boxe.

Sicuramente i tanti riferimenti tratti da questo sport, da Mohamed Ali a Larry Holmes, danno un certo senso di realismo a questa storia, come i riferimenti che gli autori fanno ad eventi di cronaca che hanno segnato la vita pubblica giapponese alla fine degli anni ‘70.

Quello che rende davvero interessante questo fumetto sono la storia e lo sviluppo psicologico dei personaggi che ruotano intorno a Reggea, che rappresentano in un certo senso sia il punto di forza che il limite di Blue Fighter.

Da un lato abbiamo personaggi come il procuratore D’Angelo, che gli autori riescono a portare in vita con estremo realismo, con una precisione quasi cinematografica, rendendo alla perfezione tanto il suo cinismo quanto la sua voglia di giocarsi tutto per ottenere quel riscatto nei confronti di un padre che mai aveva del tutto riconosciuto il suo senso per gli affari.

Discorso analogo vale anche per l’accuratezza con la quale viene descritta la bellissima moglie di D’Angelo, una donna che dovrà affrontare la realizzazione di essere poco più di uno strumento nelle mani del marito per concludere i suoi affari.

Interessante anche la descrizione di Aya, la ragazza del nostro pugile Reggea, sinceramente innamorata di un uomo del quale non riuscirà mai a capire del tutto l’oscurità che porta nell’animo, sospesa tra il desiderio di potersi giocare la sua occasione sotto i riflettori di Las Vegas e quella di proteggere il suo amato da chi lo vorrebbe solo sfruttare.

Reggea, un non-eroe misterioso che non riusciamo a conoscere fino in fondo

Questa stessa precisione viene invece un po’ a mancare nella resa proprio del protagonista di Blue Fighter: Reggea rimane infatti paradossalmente il personaggio meno definito all’interno di questo fumetto.

Un personaggio al quale vengono fatte pronunciare pochissime parole, catalizzatore di tutti gli eventi principale della storia e allo stesso tempo condannato a subire scelte che altri fanno per lui.

Un passato misterioso in Tibet e un presente annebbiato dall’alcol e dal desiderio di autodistruzione. Tutti elementi accennati ma mai del tutto approfonditi che caratterizzano Reggie senza però riuscire mai a definirlo.

Se da un lato questo avvolge in un velo di mistero il pugile giapponese, dall’altro lascia il lettore con un certo senso di una storia incompiuta, finita lasciandoci con più domande che risposte.

Un manga che merita un posto nella nostra libreria

Nonostante questa scelta di Marley e Taniguchi, Blue Fighter resta senza dubbio un manga d’autore degli anni ‘80, con una storia complessa e profonda che ci fa entrare nel mondo inqueto di Reggea e della boxe di quegli anni.

Il tutto reso dall’ottimo tratto grafico di un giovane Taniguchi che, anche se ancora lontano dalla precisione che raggiungerà nella sua maturità, riesce a donare un senso quasi cinematografico all’intera storia.

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