Blame! – La recensione del film originale Netflix

Netflix ha pubblicato oggi il suo lungometraggio d’animazione Blame!, basato sull’omonimo manga di Tsutomu Nihei e creato ancora una volta in collaborazione con Kodansha.

L’azienda californiana non ha fatto in tempo a caricare il film sulla sua piattaforma on demand che io ero già lì, pronto con popcorn e telecomando per godermi il ritorno di Killy. Quindi una premessa è d’obbligo; se ancora non si fosse capito sono un grande fan dell’opera di Nihei, pubblicata dal 1998 al 2003 (e diventata subito un cult del genere), nonché troppo affezionato al manga per poter rimanere obiettivo a riguardo.

Non cercherò nemmeno scuse, la recensione che state per leggere è di parte (nel bene e nel male), punto. L’unica promessa che vi posso fare è che non conterrà spoiler e che tenterò, dove necessario, di essere il più obiettivo possibile (ma sarà difficile).

Blame! – La Recensione

Dopo l’ottimo Knights of Sidonia, nato sempre dalla collaborazione di Netflix con Nihei, per Blame! si è deciso di intraprendere la strada del lungometraggio. Una scelta coraggiosa per un periodo in cui le serie spopolano e la fanno da padrone, che si è concretizzata in un’ora e quaranta minuti circa di spettacolo per gli occhi.

Prima ancora della trama, di cui parleremo brevemente poco più sotto, quello che colpisce nel film sono infatti le spettacolari animazioni, i modelli, gli effetti particellari e resa grafica complessiva che, grazie ad un’ottima CGI, mettono in chiaro una cosa sin da subito: non si tratta di una produzione di serie B. Polygon Pictures è la responsabile dello splendido lavoro fatto sulle animazioni, in grado di sposarsi alla perfezione con l’ambiente cupo e distopico tipico del manga.

Per chi non sapesse di cosa parla Blame!, ci troviamo in un mondo in cui l’umanità, progredita tecnologicamente a livelli molto oltre l’immaginabile (per rendere l’idea, in Ghost in the Shell si troverebbero ancora all’età della pietra), ha perso il controllo sulle macchine e sulle città in cui vivono i sopravvissuti . Infettati da un “morbo”, gli esseri umani sono cacciati dalle safe-guard, macchine antropomorfe che hanno il solo scopo di uccidere e sterminare ogni “infetto” che trovano sul loro percorso. Enormi congegni, chiamati Costruttori, continuano l’espansione delle città un livello dopo l’altro, innalzando strutture su strutture in un dedalo di cemento e labirinti in cui i pochi sopravvissuti cercano un rifugio.

In questo scenario, Killy (Takahiro Sakurai), una figura misteriosa, ha il compito di trovare gli esseri umani che sono ancora in possesso dei geni terminali di rete, ovvero non infetti e in grado di controllare la tecnologia sfuggita di mano secoli e secoli prima.

Se il background del film è comune con quello letto nei 10 volumi di cui è composto il manga, non lo è invece la trama generale.

Un po’ come accade con The Walking Dead o Game of Thrones (per citare due serie tv che tutti più o meno conoscono), in Blame! la direzione in cui si sviluppa la storia è la medesima del fumetto, ma le strade percorse prendono direzioni differenti da quanto letto ormai più di 15 anni fa. Il lavoro di Netflix analizza infatti quello che potrebbero essere solo i primissimi numeri dell’opera su carta, introducendo due o tre personaggi chiave e terminando la narrazione bruscamente; lasciando le porte aperte ad un sequel di cui immagino, nei prossimi giorni, sentiremo già parlare.

La sensazione è quindi quella di aver scalfito solo la superficie dell’immenso mondo dietro alla storia di Blame!, non riuscendo a colmare il divario fra le brevi vicende raccontate e l’enorme impatto visivo dell’ambientazione. In compenso l’atmosfera decadente del manga si sente ed è presente dietro ad ogni angolo, fatta eccezione per il suo lato a tratti splatter e gore di cui si hanno solo pochi rimandi.

Anche le musiche contribuiscono ad immergere lo spettatore nelle scene più action, anche se la somiglianza con la colonna sonora realizzata dai Daft Punk per Tron: Legacy è ad un passo dal plagio (a meno che non siano stati loro a realizzarla, ma non ne ho trovato menzione da nessuna parte).

Blame!

Nel complesso si tratta comunque di 105 minuti che i fan di vecchia data guarderanno volentieri, anche solo per l’effetto nostalgia, riuscendo forse ad impressionare di più chi di Nihei non ha mai sentito parlare.

Ho usato tutta la mia obiettività quotidiana, quindi vi lascio alle considerazioni finali!