Zagor: La vendetta di Smirnoff – Recensione

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Il ritorno di un nemico di Zagor ed una pericolosa macchinazione da sventare sono gli ingredienti de La vendetta di Smirnoff

Vi presentiamo la recensione de La vendetta di Smirnoff, l’ultimo albo di Zagor edito dalla Sergio Bonelli Editore. Ai testi il veterano Luigi Mignacco e ai disegni Walter Venturi. Nelle serie di lunga data come quella di Zagor capita sovente che gli autori operino la cosiddetta retcon, ovvero la correzione della continuity. Per intenderci: in una storia pubblicata X anni fa accadeva una certa cosa. Oggi, a X anni di distanza, gli autori ritornano su quegli eventi dandone una nuova lettura.

Questo breve preambolo è necessario per presentare questa storia perché qui assistiamo smaccatamente a una correzione di continuity.

Alla fine degli anni ’70 è stata pubblicata La fortezza di Smirnoff, una breve storia scritta da un allora giovanissimo Alfredo Castelli e disegnata dal compianto Franco Donatelli in cui Zagor doveva recuperare una misteriosa formula caduta nelle mani dello spietato duca Smirnoff. Al termine della storia, Smirnoff giura vendetta contro Zagor e Cico e lo Spirito con la scure non si è certo tirato indietro, anzi, ha invitato il nemico a farsi avanti.

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Poi, più niente.

Per ben 39 anni (tempo reale) di Smirnoff si sono perse completamente le tracce non essendo mai tornato in nessuna avventura successiva. Questo fino a qualche anno fa, quando a Luigi Mignacco è stato commissionato il ritorno del duca, un ritorno che oggi è di nuovo sugli scaffali delle edicole.

Sono passati alcuni anni (tempo del fumetto) da quando Zagor ha rubato la formula a Smirnoff e una notte, nel bel mezzo della foresta di Darkwood, il conte di Lapalette si trova a dover fuggire da alcuni brutti ceffi intenzionati a fargli la pelle. Salvato da Zagor, autore di un’apparizione da urlo presa di peso da Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller, si viene a sapere che il duca Smirnoff era stato creduto morto in seguito ad alcuni avvenimenti che vengono narrati in flashback.

E qui salta fuori la famosa correzione di continuity di cui si parlava prima. Per questo ritorno di Smirnoff, Mignacco agisce retroattivamente su un aspetto fondamentale della storia di Alfredo Castelli e lo trasforma, ponendo quindi le basi per gli albi (due) che seguiranno e tirando in ballo un losco intrigo internazionale che ha come scopo addirittura lo scoppio di una guerra mondiale con quasi un secolo d’anticipo rispetto ai tempi previsti. Riguardo alla sceneggiatura, a Mignacco va dato il giusto merito di essere riuscito a trasformare quella che era una storia un po’ buffa e quasi comica in un dramma fantapolitico a base di complotti pericolosissimi. Da appassionato di narrativa di spionaggio, non posso che esaltarmi come un bambino a Natale di fronte a questo inizio di avventura, ovviamente con la speranza che i due albi seguenti siano all’altezza delle aspettative.

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Purtroppo bisogna ammettere che questo primo volume è, inevitabilmente, troppo gravato dai flashback (!) e dai flashback all’interno dei flashback (!!!) utili a spiegare al lettore tante, troppe cose, al punto che l’azione è praticamente azzerata e l’unico vero avvenimento è il salvataggio di Lapalette da parte di Zagor. Tutto il resto, o quasi, è il racconto della presunta morte di Smirnoff e della scoperta del complotto internazionale da parte di Lapalette. Come detto, si tratta di qualcosa di inevitabile: dopotutto, il focus della storia deve essere chiaro già dal primo albo, non lo si può trascinare in eterno.

Nota davvero negativa: i nomi dei loschi figuri intenzionati a fare la palle a Lapalette! Davvero, Ivan Ivanovic e Boris Borislavic non si possono sentire.

Versante disegni: dopo anni passati sulle testate parallele, arriva per Walter Venturi l’atteso esordio sulla serie regolare e, lasciatemelo dire, è un esordio con i fiocchi! Il suo Zagor è granitico, ben piazzato e tosto come pochi altri. Lo stile di Venturi è pienamente riconoscibile, eppure il personaggio è ben centrato e nel solco della tradizione zagoriana. Caratteristica del segno di Venturi è quello di rispettare la leggibilità tipica degli albi Bonelli e, soprattutto, di Zagor: in ogni vignetta è ben chiaro chi sono i personaggi in primo piano e quali quelli sullo sfondo, chi parla per primo è sempre a sinistra dell’inquadratura, eccetera eccetera.

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Menzione particolare per la copertina di Alessandro Piccinelli: oltre ad essere bellissima, prende bonariamente in giro il lettore. A vederla, viene infatti da pensare che Zagor e Smirnoff si incontreranno già in questo primo albo, mentre invece…

In conclusione, ci troviamo di fronte a un discreto primo albo che serve più a correggere la storia di Castelli e ad introdurre i due volumi successivi che a narrare qualcosa in senso stretto. Il che, come detto, non è per forza un male, ma l’impressione generale è che come albo sia eccessivamente statico e intricato.