The Ballad Singer: la bellezza della semplicità – Recensione

Di Federico Vanzo 7 Min di lettura

Prima che i videogiochi entrassero nella vita e nella routine di ogni ragazzo di questa e della precedente generazione, vi era già qualcosa di interattivo, incredibilmente affascinante e divertente, che intrappolava le loro menti in avventure senza tempo: stiamo parlando dei Librigame.

Ora, grazie a The Ballad Singer, potremo riscoprire quelle sensazione anche ai giorni nostri, davanti ad un monitor.

La recensione di The Ballad Singer, un avvincente e profondo “librogame fantasy” che ci ha lasciati a bocca aperta

Curtel Games ha infatti dato vita a un progetto, finanziato tramite una campagna Kickstarter, che ci proietta in un mondo fantasy che ricorda molto le avventure dei librigame in cui potremo immergerci completamente grazie anche all’adattamento in Italiano. Anzi, visto che il team è quasi totalmente italiano, bisognerebbe dire il contrario, avendo, The Ballad Singer, un adattamento anche in lingua Inglese.

Ma di cosa parla il gioco?

In The Ballad Singer ci verrà chiesto di interpretare uno dei 4 personaggi “vivibili”: Ancalimo l’assassino, Ancoran la silfide ranger, Leon il mago maestro degli elementi o Daragast il bardo guerriero. Ognuno di loro possiede un proprio carattere, una particolare abilità in battaglia o nella mediazione e soprattutto un approccio diverso al mondo di gioco.

Noi dovremo quindi intraprendere un’avventura in cerca di alcune reliquie. Ognuna di queste sarà difesa da una serie di nemici, che dovremo affrontare per arrivare a uno dei finali della nostra avventura. Lo scopo del gioco è quello di influenzare in maniera decisiva la storia dei 4 personaggi giocabili con almeno un eroe.

Una ramificazione e profondità narrativa impressionante

Qui arriva la prima parte divertente del progetto.

La sua ramificazione narrativa è impressionante farebbe impallidire molte delle avventure grafiche o GDR attualmente sul mercato. Ogni bivio infatti ci porterà a un cambiamento drastico della trama; cambiamento che delineerà il nostro orientamento e ci permetterà di decidere se essere degli astuti avventurieri o, magari, dei semplici mercenari assetati di sangue e denaro.

I bivi vengono utilizzati anche per sfruttare quello che è un altro punto di forza di questo gioco targato Curtel Games, i salvataggi manuali.

Nonostante il classico salvataggio automatico è infatti stato introdotto un sistema di salvataggi limitati per ogni avventura; salvataggi che ci permetteranno di salvare in un punto specifico e rivivere l’avventura ripartendo da essi, per darci la possibilità di esplorare il nostro destino in base alle differenti scelte interattive.

La morte del personaggio, invece, viene gestita in maniera diversa.

Quando si verrà uccisi, e credetemi, succederà, ci verrà data la possibilità di ricominciare dall’ultimo salvataggio per un numero limitato di volte a partita o, semplicemente, accettare il nostro destino e proseguire utilizzando per l’avventura un altro personaggio.

Questa seconda opzione è davvero interessante in quanto, molte volte, cambierà completamente la storia, stravolgendo tutto il giro di trame interne che si erano andate a creare con il vecchio personaggio da noi interpretato.

Le trame e le sottotrame si intrecciano infatti alla perfezione e la descrizione di ogni singolo personaggio e ambiente è talmente dettagliata che si potrebbe giocare, e finire il gioco, anche senza guardare lo schermo, ma semplicemente con un paio di cuffie nelle orecchie.

Avete presente la presentazione di Bethesda all’E3 in cui scherzosamente annunciarono Skyrim per Alexa? Ecco, questo gioco si presterebbe alla perfezione anche per gli assistenti vocali come Alexa, Siri e Cortana; talmente bene che non mi sorprenderebbe avessero presto spunto proprio da quell’annuncio per lo sviluppo di un gioco narrativamente così ben riuscito.

Ogni pagina di racconto viene corredata da illustrazioni che sembrano uscite direttamente dalle guide di Dungeons and Dragons, alcuni accompagnati da alcune animazioni molto minimali ma d’effetto; mentre la descrizione delle morti unite a questi disegni non darà molto spazio al immaginazione ma verrà resa ancora più cruda e realistica.

Veniamo ora al aspetto più succoso del gioco, il non plus ultra che rende il tutto magnificamente meraviglioso: il comparto audio.

Il doppiaggio dei personaggi, sia in inglese che in italiano, è qualcosa di professionale e, come già detto molto, immersivo. Ma non solo. Le voci associate ai vari personaggi calzano a pennello e sono esattamente come ce le saremmo immaginate per i personaggi “dal vivo”. ­Il casting sembra essere stato curato con molta attenzione, così come la colonna sonora degna, se non superiore, a molti dei giochi ‘tripla A’ attualmente sul mercato.

Musiche mai banali o fuori luogo ed effetti sonori che, per quanto “scarni”, si fondono perfettamente con quello che staremo vivendo su schermo.

Piccola chicca finale: è possibile moltiplicare x2 la velocità audio della lettura della storia da parte del narratore, per quelli di noi meno pazienti o più inclini alla lettura veloce.

Insomma, The Ballad Singer è un titolo che offre innumerevoli ore di gioco e che promette di essere l’inizio di una grande avventura, piuttosto che il traguardo di un team talentuoso.

Ci aspettiamo ora un “universo espanso” degno dei migliori RPG e soprattutto un porting su ogni console e dispositivo del mondo, considerata l’accessibilità a livello di grafica e i bassi requisiti tecnici richiesti.

Siamo di fronte a un gioco che può avvicinare gli adulti a un mondo che hanno paura di scoprire e può aiutare i giovani a riscoprire la bellezza del giocare lentamente, assaporando ogni parola del narratore.

Se ogni videogame avesse la cura che abbiamo riscontrato in The Ballad Singer nei confronti dei suoi dialoghi, ci ritroveremmo un mercato videoludico con meno titoli ma sicuramente caratterizzati da una maggiore longevità e cura dal punto di vista narrativo.

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