Solo: A Star Wars Story – La recensione senza spoiler di un film sorprendente!

Salvatore Miccoli Di Salvatore Miccoli 9 Min di lettura

Solo: A Star Wars Story è finalmente atterrato insieme a tutto il suo equipaggio a bordo del Millennium Falcon nelle sale cinematografiche italiane, regalando a tutti i fan di Guerre Stellari, già in astinenza da Star Wars dopo Gli Ultimi Jedi, l’avventura “de facto” in quella galassia lontana lontana.

Ron Howard con Solo: A Star Wars Story ci regala un film avventuroso che sa tanto di George Lucas

Ed è proprio per questo sua carattere avventuroso che il secondo spin-off della saga incentrato sulla mitica figura di Han Solo, che segue l’intenso e pragmatico Rogue One, si rivela un film sorprendente che, con il suo tono emozionante, fantastico e divertente, incarna a pieno la filosofia Star Wars (e profuma tantissimo di George Lucas).

Penso si sia già capito che sono uscito dalla sala più che soddisfatto, se non addirittura strafelice del film che Ron Howard mi ha regalato; nonostante quest’ultimo sia subentrato in corsa al duo Lord-Miller licenziati da Kathleen Kennedy in corso d’opera, si dice per via di un tono troppo comico che i due registi stavano dando alla pellicola.

So benissimo che la storia non è fatta con i “se” ma, con tutto il rispetto per il lavoro dei due registi di The Lego Movie, il cambio al timone si è rivelato azzeccato perché Howard ha l’età giusta per aver vissuto sulla propria pelle l’impatto che il fenomeno Star Wars ha avuto sull’immaginario collettivo sul finire degli anni ’70, riuscendo a trasferire quel senso di avventura fantastica in Solo ed esaltando al massimo lo script, semplice ma ricco di continue sorprese e colpi di scena, firmato da Jon e Lawrence Kasdan.

È chiaro che il film in sé non è innovatore, in quanto narra della genesi del personaggio di Han Solo che è e rimarrà un tutt’uno con Harrison Ford e la sua straordinaria interpretazione fino al triste epilogo visto ne Il Risveglio della Forza, ma la sensazione di continua scoperta di cose che già sono note resta comunque appagante e maledettamente coinvolgente; a partire dall’incontro di Han con Chewbacca, l’ingresso in scena di Lando Calrissian e del Millennium Falcon, la celebre partita di Sabacc (molto meno banale di quanto ci si possa aspettare) fino ad arrivare alla mitica Rotta di Kessel percorsa in meno di 12 Parsec!

Han Solo

Alden Ehrenreich nei panni di Han Solo appare più convincente di quanto alcuni rumor hanno ipotizzato per mesi

Solo: A Star Wars Story si rivela sorprendente anche per l’interpretazione dei protagonisti del film, a partire da quell’Alden Ehrenreich che forzatamente paragonato ad Harrison Ford era stato bersaglio di critiche (ingiuste) circa le sue capacità attoriali e il suo biasimato accostamento ad una delle figure principali della saga Star Wars.

Alla faccia di queste critiche, Ehrenreich sfoggia un’interpretazione convincente, forse un po’ acerba ma in linea con la giovinezza e l’incoscienza immatura del personaggio e, se è vero che durante le riprese sia stato affiancato da un coach, allora questo lavoro di “rifinitura” è risultato evidente in alcuni momenti del film in cui l’attore regala delle smorfie che imitano piacevolmente Harrison Ford, come il suo sorriso beffardo, le labbra serrate o il mento pronunciato a mo’ di rimprovero.

Il resto del cast tiene la scena con semplicità disarmante e con la forte convinzione di essere riusciti a caratterizzare profondamente i rispettivi personaggi, con una Emilia Clarke (Qi’Ra) bravissima e splendida, Donald Glover perfettamente calato nei panni (e nei mantelli) di un fantastico Lando Calrissian, Woody Harrelson sempre impeccabile come Beckett e Paul Bettany, cattivo e pericoloso al punto giusto, con il suo Dryden Vos.

Solo: A Star Wars Story

Solo: A Star Wars Story è finalmente un film “adulto” che segue il solco tracciato da Rogue One

La cosa che però conquista di più di Solo: A Star Wars Story è che si presenta come un film adulto e per fortuna distante dai continui guizzi di pellicola marketing-oriented come è sembrato in parecchi frangenti Gli Ultimi Jedi.

Escludendo l’inizio dickensiano alla Oliver Twist, con vaghi “sentori” alla Peter Pan riconducibili anche alla tribù dei bambini di Mad Max oltre la sfera del tuono, il film è un continuo crescendo adrenalinico che lo fa diventare ben presto una pellicola sul mondo criminale dei fuorilegge, un’avventura spaziale che profuma di western come nelle scene dell’assalto al treno e che non fa nulla per nascondere pericoli, morte, sacrifici e dolore.

La peggior feccia che bazzica l’orlo esterno si ritrova a rincorrersi attraverso la galassia tra rapine, missioni suicide, colpi di mano, patti in cui è in gioco la vita, segreti inconfessabili e tradimenti.

La regia di Ron Howard orchestra il tutto in maniera magistrale e sapiente, seguendo uno schema forse un po’ prevedibile nella sostanza ma straordinariamente sorprendente nella forma, con il regista che accompagna per mano il pubblico in un viaggio divertente ed emozionate pieno di sognante e fantastico realismo.

Forse qualche inquadratura in movimento, che probabilmente (ma è un giudizio molto velleitario) avrebbe meritato un’epica staticità lascia un po’ perplessi, ma per il resto la mano di un cineasta di successo si nota eccome!

ron Howard regista Han Solo

Nelle battute finali il film regala al pubblico una chicca inaspettata che è pura goduria!

La sceneggiatura di Kasdan padre e figlio ha davvero tanto di Star Wars, ed il fatto stesso che un film di Guerre Stellari funzioni e convinca senza la Forza, le spade laser o i Jedi (ma con numerosi richiami ed ammiccamenti all’Universo Espanso), è la prova di un convincente script che propone continui colpi di scena e pochi (brevissimi) momenti incerti, soffermandosi sul sempre gradito germe della ribellione contro l’Impero e regalando una vera e propria chicca del tutto inaspettata, nelle battute finali del film, che da sola vale il prezzo del biglietto e che  è pura goduria starwarsiana!

Se a tutto ciò aggiungiamo le musiche di John Powell perfettamente funzionali all’anima di film canaglia e spaccone, con il celebre tema principale della saga che appare fugacemente sotto traccia, per poi palesarsi nel momento più cool, allora è palese che ci si trovi di fronte ad una pellicola che ha centrato in pieno l’obiettivo e che, in qualche modo, sembra suggerire che Ron Howard avrebbe meritato di dirigere almeno uno dei film della nuova trilogia e, chissà, forse potrebbe porre una seria candidatura per quella a venire.

Note dolenti del film, che in qualche modo credo siano state conseguenza di aspetti “sacrificabili”, sono state l’impatto non sufficientemente completo e coinvolgente del personaggio di Enfys Nest (magari verrà esplorato compitamente in futuro) e la forzata caratterizzazione femminile e “politically correct” di L3-37, il droide compagno di Lando.

Le simpatiche canaglie spaziali di Solo: A Star Wars Story vi aspettano dunque al cinema, per cui accomodatevi senza indugi sulle poltrone (non dimenticate di ritirare la locandina all’ingresso in sala) e godetevi un’avventura piacevolmente sorprendente che spazza senza indugio mesi e mesi di paure ingiustificate!

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