Riuscire a creare un personaggio che diventi un’icona non è semplice. Bisogna trovare uno spunto innovativo in un periodo in cui sembra che tutto sia già stato raccontato, creare una figura nuova che sappia accogliere i lettori con un senso di familiarità ma al contempo portarli verso nuove direzioni. Dan Brown ci ha provato con il suo Robert Langdon, che è tornato in libreria con la sua nuova avventura, Origin, edita da Mondadori.
Langdon è diventato celebre ai tempi dell’incredibile polemica nata all’uscita della sua prima trasposizione cinematografica, Il codice da Vinci, grazie all’opposizione di alcuni ambienti ecclesiastici alla caratterizzazione della Chiesa all’interno del libro. Una campagna di ostracismo che si è rivelata essere una stupenda operazione di marketing a favore di Brown e del suo personaggio. Curioso, pensando che il primo libro del ciclo, Angeli e demoni, era ancora più duro nei confronti della Chiesa, ma sorvoliamo.
Dan Brown e Robert Langdon ritornano con Origin, nuova avventura del professore americano impegnato a risolvere l’omicidio di un amico!
Il percorso letterario di Brown, che ha anche abbandonato il suo Langdon in favore di altri personaggi, si è fortemente basato sul professore americano. L’idea di creare uno studioso che si ritrovi coinvolto in misteri legati a simboli antichi e moderni è sicuramente affascinante, in un periodo in cui spesso tutto viene ricondotto a congiure e complotti. Origine, partendo da questo punto fermo nella narrazione di Brown, spinge il nostro Lagdon a confrontarsi con una simbologia che si arricchisce anche di influenze moderne, legate alla tecnologia.
Coinvolto nell’omicidio di un suo ex-allievo e ora suo grande amico, Edmond Kirch, Langdon si ritrova a dover sfuggire alla polizia spagnola, mentre cerca di risolvere il caso aiutato da una curatrice di uno dei più celebri musei di Barcellona, che incidentalmente è anche la promessa sposa dell’erede al trono spagnolo. Giocando su questa relazione, tutta la vicenda si tinge di congiura di palazzo, con una serie di intrecci narrativi potenzialmente interessanti, ma in realtà abbastanza scontati e dall’esito prevedibile. Ed è un peccato, perché Brown sa dare vita a personaggi interessanti e ben caratterizzati, ma con Origin sembra che la necessità di dare alle stampe sempre nuove avventure di Langdon con una cadenza così precisa stia iniziando a presentare il conto all’inventiva dell’autore.
Brown costruisce in modo oramai classico il suo racconto. La suddivisione del ritmo narrativo dei suoi libri segue un percorso famigliare per i lettori, oramai abituati ad un’introduzione in cui viene accennato il tema del libro, l’ingresso in scena di Langdon, l’elemento scatenate e infine la fuga con soluzione finale. Da questo punto di vista, Brown sembra destinato a ripetere se stesso, con una trama che nella struttura non riesce a presentare uno slancio innovativo, ma si ripropone fedele a quanto letto in precedenza, un more of the same. Se può sembrare un difetto per chi cerca qualcosa di nuovo, bisogna anche accettare che leggere Dan Brown significa seguire Robert Langdon, stiamo cercando un senso di sicurezza nato dalla consapevolezza che sappiamo già cosa ci aspetta.
Solitamente questa prevedibilità viene mitigata da una serie di inserimenti di spunti interessanti all’interno della trama. Brown, con Origin, segue questa tradizione avventurandosi nella diatriba attuale che si concentra sulle intelligenze artificiali. Non è un caso che Edmond Kirch sia un emulo di Elon Musk (citato nel libro), e che un ruolo centrale nella vicenda di Langdon sia affidato proprio ad un’IA. Questa tematica è affrontata in modo intelligente, sollevando i giusti interrogativi, specialmente nel finale, in cui l’autore si addentra in un ragionamento di stampo morale particolarmente sentito nella comunità scientifica. Il rischio potrebbe esser quello di diventare troppo tecnico, ma Brown, attraverso le riflessioni di Langdon, riesce a mantenere un approccio adatto a tutti i lettori, puntando su una spiegazione emotiva più che tecnica.
Bisogna però imputare a Brown la colpa di aver voluto ricalcare un po’ troppo l’impostazione del suo libro più famoso, Il Codice da Vinci. La figura del silenzioso assassino è la copia carbone di Silas, sia nell’origine della sua vocazione che nel modo in cui opera; anche il modus operandi dell’organizzazione che cerca di fermare la rivelazione della verità si muove secondo lo schema già visto in Il codice da Vinci. Questa costruzione stantia alla lunga diventa pesante perché si va oltre al senso di familiarità citato prima, si priva il lettore di qualunque sorpresa, di ogni colpo di scena. A metà di Origin, quasi tutti gli elementi per decifrare la storia sono già stati dati, un lettore attento e abituato alla dialettica di Brown può già intuire la realtà dei fatti. Il tentativo dell’autore di depistarci con una serie di false piste, continui ribaltamenti di scena e colpevoli che sembrano alternarsi non funziona in questo volume, sono ormai prevedibili e fanno parte di un gioco che a furia di ripetersi ha perso la propria forza.
Eppure, Origin è uno dei libri più venduti del 2017. Come mai? Perché si torna a quel discorso di ricerca di una zona di comfort, in cui ci sentiamo sicuri di trovare una storia che possa garantirci una lettura rilassata e ‘tradizionale’. Visto in quest’ottica, è un libro ottimamente riuscito, tutto segue uno schema che già conosciamo e anche gli inserimenti di spunti narrativi nuovi è così marginale che non intacca la sua natura monolitica. La novità ormai consiste nel luogo in cui Langdon si trova a vivere la sua avventura, nell’analisi dei simboli che guidano la sua ricerca. Si tratta di passaggi così rapidi, che solo la loro sapiente distribuzione in tutto il libro li rende ancora intriganti ed appassionanti.
Origine ha il vantaggio di non richiedere la lettura dei precedenti capitoli per esser compreso. Un lettore occasionale potrebbe affrontare questa avventura di Langdon senza sentirsi privo delle basi per apprezzare il personaggio. Brown arricchisce la trama di qualche riferimento discreto alle precedenti indagini del professore, ma con un tatto raffinato che le trasforma in un invito al nuovo lettore a leggere anche i precedenti capitoli.
In conclusione, Origin è una lettura confortevole per gli appassionati di Brown e Langdon, priva di grandi colpi di scena (specialmente se letta in lingua originale), ma che può essere un piacevole rifugio per una lettura serale, a mente stanca ma con la voglia di competere con Langdon per risolvere questo intrecciato caso.