Kraken, a caccia del leggendario mostro – Recensione

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Chi cresce in riva al mare sa che si instaura una sorta di legame mistico con l’immensa distesa salata che ogni giorno sussurra al suo orecchio. Anche se siamo ormai nel nuovo millennio, certe credenze e tradizioni rimangono ancora vive, magari bisbigliate sottovoce come un segreto di cui un pochino ci si sente in imbarazzo, ma non muoiono, si nutrono di salsedine e rispetto. Le leggende nate dal mare sono le più resistenti, perché le profondità degli oceani sono ancora inesplorate, avvolte dal mistero e popolate dai mostri. Come l’animo umano, ed entrambi possono dare rifugio al Kraken, il mostro più temuto degli oceani.

Emiliano Pagani ha saputo coniugare queste due componenti creando una graphic novel incredibilmente emozionante, portata in libreria da Tunuè, che fa del Kraken non solo il titolo del suo lavoro, ma il motore di una vicenda che si radica profondamente nell’animo umano.

Kraken è una storia incredibile, emozionante, che rapisce fino all’ultima pagina

Serge Dougarry è un uomo distrutto, perso nei ricordi di una precedente carriera come giornalista e conduttore di un programma televisivo in cui affrontava vicende misteriose, cercando di scoprirne la verità. Lo conosciamo nel suo appartamento parigino, un monumento al rimpianto e alla venerazione di una stagione passata della sua vita, una collezione di inutili trofei che non possono nascondere l’amarezza di un uomo a pezzi.

Tutto finché alla sua porta non suona Damien, uno strano ragazzino convinto che solo il grande Dougarry, il suo eroe, possa aiutarlo ad affrontare la minaccia che infesta le acque di fronte al suo piccolo villaggio di Selalgues:il Kraken!

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Da questo incontro inizia un viaggio verso una realtà che costringe Dougarry ad affrontare una nuova sfida, confrontandosi con una visione del mondo completamente diversa da ciò che ha sempre vissuto. Selalgues è l’opposto dell’universo personale di Dougarry. Piccolo, provinciale, retrogrado in molti aspetti, una roccaforte del vecchio mondo in cui credenze e superstizione sono dure a morire.

Pagani riesce a costruire un perfetto gioco di incastri in cui l’ambientazione e le storie personali dei protagonisti si intrecciano per guidare il lettore in una storia che avvolge e travolge il lettore come un’onda del mare. La visione lucida e spietata con cui pian piano viene dissipato il velo di sovrannaturale delle credenze popolari è stupenda, animata da un dinamismo narrativo scandito alla perfezione. Fino all’ultimo continuiamo a guardare in una direzione precisa, spinti dalla frenesia e disperazione con cui Dougarry cerca di venire a capo della vicenda.

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Kraken è un unico, inarrestabile vortice emotivo, piccole rivelazioni che lentamente emergono, sfruttando al meglio l’ambiente chiuso e introspettivo del piccolo borgo marino di Selalgues. Mi hanno colpito in modo particolare le dinamiche sociali interne della comunità di pescatori, le donne disperate e pronte a lanciare accuse che agli occhi di Dougarry sembravano anacronistiche, la disperazione latente pronta a scoppiare alla prima occasione. Pagani ha ritratto uno spaccato di umanità, vivendolo con la sensibilità di Dougarry, creando un sottile gioco di inganni che solo all’ultimo viene svelato.

Senza rovinarvi il finale, vi posso dire che è una delle conclusioni più vere e sincere che si possano immaginare. E non manca una frecciatina al gusto moderno delle storie tragiche, alla morbosità di scavare in drammi per fare ascolti o creare interesse. L’ultima battuta di Dougarry è la rassegnata consapevolezza di un uomo che ha capito come gira il mondo, adeguandosi al meccanismo, venendone però divorato dall’interno.

In pochi mesi, Pagani è riuscito a emozionarmi due volte con una visione del mondo che è innegabilmente reale. Kraken fa coppia con La fiamma, il numero di Dylan Dog che ha diviso i lettori dell’Indagatore dell’Incubo per l’approccio dirompente di Pagani. Ed è questa la forza della narrazione di questo autore, il sapere raccontare senza filtri, dissacrante all’occorenza (con il suo Don Zauker), impietoso e lucido nel mettere a nudo difetti ed ipocrisie di una realtà che viviamo quotidianamente.

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Per Kraken serviva un’impostazione grafica che mettesse in risalto questa vena narrativa. Bruno Cannucciari è stato perfetto, in tal senso. Che si tratti delle espressioni dei personaggi o di creare suggestioni emotive, Cannucciari è impeccabile, ricorrendo anche ad una colorazione particolare che evoca il salmastro del mare, ed una sensazione di imminente tragedia.

Con Kraken, tunuè ha portato in libreria un’opera incredibilmente coinvolgente, che merita di esser vissuta in pieno, magari leggendola sentendo il ruggito del mare fuori dalle finestre o respirando l’odore di salino subito dopo una bella tempesta.