Un mostro millenario, una banda di ragazzini coraggiosi e la classe di Stephen King: IT!
In questi mesi il nome di Stephen King rimbalza su internet come una stringa di codice impazzita. Da quando il 2017 è divenuto ufficialmente l’anno di King, non passa giorno senza che lo scrittore americano faccia la sua comparsa in qualche post su Facebook o nei siti. Prima è stata la volta della trepidante attesa per La torre Nera, poi è toccato alla versione di Netflix de Il gioco di Gerald ed infine la settimana prossima tocca alla prima parte di IT di Muschietti.
La trasposizione del celebre romanzo con protagonisti i Perdenti è di sicuro il culmine di questa stagione kinghiana, grazie ad una curiosità che è stata alimentate ad arte dalla promozione della pellicola. Tra rivelazioni ad effetto e annunci di tagli incredibili dalla trama del libro, siamo arrivati in dirittura di arrivo, e anche il nostro Paese, seppure come fanalino di coda, vedrà arrivare nei propri cinema la prima parte di questa nuova versione cinematografica.
Per l’occasione, con un’abbondante dose di scetticismo verso la visione di Muschietti, mi sono rituffato nella lettura del tomo di King ambientato a Derry. It, romanzo del 1986, è considerato il capolavoro di King, osannato come una lettura obbligatoria per tutti coloro che adorano lo scrittore e consigliato a chi cerca un libro unico e ricco di spunti. Avrò letto questo libro già una decina di volte, una di quelle letture che periodicamente si sente il bisogno di riaffrontate; spiegare questa sensazione è strano. Si conosce già la storia, le azioni dei protagonisti ma lo stile di King, il modo in cui ogni dettaglio è raccontato con quel suo taglio unico, capace di passare dall’ironico all’orrorifico, sono un richiamo irresistibile.
Per capire quanto It sia conosciuto basta dire che tutti, anche chi solitamente non legge, ha ben chiaro gli aspetti principali della storia. Ovvero il clown, Pennywise, l’incubo del gruppo di giovani protagonisti, l’incarnazione dell’orrore che aleggia in tutto il libro. Molti di noi hanno in mente la visione del mostro offerta nei primi anni ’90 da Tim Curry nel celebre film TV, ma come spesso accade la lettura del libro ci offre una profondità molto più curata e intima, spaventosa.
Gran parte del fascino di It deriva dalla figura di Pennywise, il particolare uso della coulrofobia diventa uno strumento narrativo affascinante. L’idea di trasformare un personaggio divertente in una incarnazione dell’orrore è vincente, grazie alla capacità di King di mostrare inizialmente il personaggio come divertente, salvo poi trasformarlo nell’elemento pericoloso, nel male. Ed anche in questo aspetto, It mantiene un tono di grottesca comicità, rendendo ancora più affascinante la lettura.
King riesce a costruire una storia che fa della ciclicità il suo punto di sviluppo. Ogni 27 anni nella cittadine di Derry si risveglia il male, sottoforma di It, una creatura la cui origine si perde nel mito e che alla fine di ogni ciclo di sonno deve nutrirsi. Essendo King, il cibo preferito non può qualcosa di tremendo, e niente sazia la fame di It come le vite umane.
La trama, a ben pensarci, sembra essere abbastanza lineare. Arriva il mostro, si affronta il mostro, gli eroi trionfano. La vera magia di King è sapere come costruire intorno ad una linea narrativa tutto sommato basilare un contesto più ampio, profondo e che vuole mostrare un vissuto reale dell’America ritratta all’interno del libro. Temi che sono profondamente radicati nel tessuto sociale non mancano mai nei libri di King, ne sono un tratto essenziale. La cittadina di Derry viene ritratta non solo nella sua urbanistica, ma nella sua anima, presentandola in diverse epoche e sempre con una spiccata identità storica, nel bene e nel male. I racconti sul rogo del Punto Nero o dei precedenti casi di violenza insensata di Derry hanno sempre un’origine radicata nel periodo storico in cui accadono; non a caso il primo caso di violenza negli anni ’80 si basa sull’omofobia, altra piaga sociale affrontata spesso da King.
La prima parte di It è ambientata negli anni ’50, in un’America in cui la battaglia per i diritti civili della popolazione afroamericana è ancora lontana. E King, mette all’interno del gruppo dei Perdenti Mike Hanlon, un ragazzo di colore, offrendoci uno spaccato della sua vita familiare, quella di una famiglia di agricoltori costretti a lottare con il pregiudizio ed il razzismo di una vicina famiglia di bianchi, i Bowers. Proprio dalla famiglia Bowers arriva Henry, il bullo del paese che terrorizza i diversi membri del gruppo dei Perdenti.
Non a caso, uno dei temi affrontati con spietata lucidità da King in It è il bullismo. I Perdenti sono tutti vittime ideali di un bullo: Bill balbetta, Ben è obeso, Mike è nero, Eddie è ebreo, Richie è il classico quattrocchi e Stan ha dei seri problemi di socializzazione. Sono le prede ideali. L’entrata in scena di Beverly Marsh, appartenente alla low class di Derry, completa il quadretto. La forza del romanzo è l’aver riunito un gruppo di piccoli eroi, spunto che rende facile l’immedesimazione del lettore, facendo leva anche su un’amicizia pura e sincera, che anche nel periodo di massima crisi non viene meno.
Questa amicizia diventa l’ancora di salvezza per i Perdenti non solo contro It, ma anche nella vita quotidiana. Tutti i protagonisti vivono una vita familiare complicata, in cui si sentono oppressi o da cui vogliono scappare. Bill patisce il gelo sceso sulla sua casa dalla morte del fratello Georgie (la vittima per eccellenza di IT), Eddie vive schiacciato dall’oppressiva figura della madre, Bev viene soggiogata dalla convivenza con un padre padrone, e via così, tanti piccoli ritratti di vita domestica faticosa che piaga l’anima dei giovani protagonisti.
La costruzione del rifugio nei Barrens, il senso di appartenenza a un gruppo in cui ciò che è percepito come difetto viene accettato senza problemi diventa la forza dei Perdenti. Il nome stesso che si scelgono è una derisione ad un concetto di società che giudica rapidamente, senza analizzare a fondo l’individuo o prendendosene cura. E i Perdenti vivono a Derry, immaginaria cittadina americana, vero specchio dell’America del periodo.
Per quanto in It si cerchi di ritrarre una cittadina tipica dell’America del tempo, in tutte le sue graziosa caratteristiche, l’occhio cinico e analitico di King ne presenta tutti i difetti, partendo dall’ipocrisia con cui si cerca di nascondere la realtà dei fatti. It prospera grazie alla violenza, ma la sua vera arma è il sapere sfruttare tutte le debolezze dei cittadini per alimentare una situazione che ci carica di tensione fino al punto di rottura. Il peggiore difetto, latente ma evidenziato con cura da King, è l’indifferenza, il voltarsi dall’altra parte per non affrontare il problema. Nonostante in entrambi gli orizzonti temporali della vicenda (’50 e 1’80) Derry stia attraversando momenti in cui qualcosa di terribile si scatena, pare che solo i protagonisti se ne rendano conto, preparandosi ad affrontarlo.
L’abilità di King sta nel saper dosare questo suo senso di pericolo incombente con la quotidianità. I Perdenti, nel 1950, sono ragazzini che nonostante tutto cercano di godersi la loro età. King ricostruisce in modo naturale e appassionante la loro adolescenza, con il delicato equilibrio tra gli ultimi lampi di infanzia e le primi pulsioni sessuali, incarnate alla perfezione dal ruolo di Beverly. Non ci sono forzature, lo stile è quello tipico di King, sfrontato all’occorrenza ma che non sfocia nell’inutile volgarità.
Ma parlando di King, non si può prescindere la presenza dell’elemento orrorifico, incarnato da It. Nel romanzo il clown impersona una delle tante facce della paura, che, non a caso, muta in base alle diverse fobie dei protagonisti. L’orrore di IT è, in un certo senso, l’affrontare i propri incubi, affrontare sé stessi e non rimanere schiavi della paura, ma vincerla. Lo scontro con il mostro è sempre una sfida con sé stessi, andare oltre i propri limiti. Ma è anche una dichiarazione d’amore alla forza della fantasia, al potere che l’inventiva e l’immaginazione possono generare.
Non va dimenticato che It, proprio per queste sue caratteristiche, si colloca alla perfezione all’interno della produzone kinghiana, grazie alla forte aderenza al suo universo narrativo, in cui ogni libro diventa un tassello di questo mondo unico. It è un passaggio fondamentale in questa visione, grazie alla presentazione del mondo ‘oltre’ la nostra percezione, che appare nel rito di Chud.
Leggere It, specialmente in questo periodo, è un’esperienza unica. L’uscita del film non verrà rovinata dalla lettura, né il film sarà un pericolo per un incontro successivo con la versione cartacea. IT ‘scritto’ rimane una punta di alta letteratura, inattaccabile dal film una lettura essenziale e appassionante, che rende il migliaio e più di pagine una splendida avventura!