Sab 27 Luglio, 2024

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Honey Boy – Recensione

Il catartico esordio alla sceneggiatura per Shia Labeouf. La recensione di Honey Boy

Honey Boy è un film, ma è anche l’evento più catartico nella vita di Shia LaBeouf. L’attore infatti usa la settima arte per mettere a fuoco l’origine del suo dolore attraverso la sua prima opera come sceneggiatore. Honey Boy, di cui la data di uscita in sala è stata rinviata per il coronavirus, non sbancherà di certo il botteghino in un Paese dove il Re del box office è Checco Zalone, ma ricorda agli amanti del buon cinema che si possono realizzare film per ragioni non strettamente legate all’incasso. Recandomi all’anteprima stampa la curiosità era tanta perché LaBeouf è davvero un personaggio fuori dal comune, che si è distinto per alcune performance sopra le righe e progetti eccentrici di ogni genere (vedi Touch my soul, “Just Do It” Motivational Speech).

 

Un’eccentricità quella di LaBeouf sintomatica di un disagio causato da un’infanzia difficile: un periodo condiviso con un padre alcolizzato reduce del Vietnam che riversa su di lui i sintomi da stress post traumatico con atti di violenza psicologica e fisica, e con una madre per lunghi periodi assente. Dopo il divorzio dei suoi, decide di trovarsi un agente sulle Pagine Gialle e non farsi più seguire del padre. Poco dopo viene scelto da Disney Channel e in seguito a una prolungata gavetta arrivano i primi ruoli al cinema. Ruoli che lo trasformeranno velocemente in una star di fama planetaria.

Come da copione, anche Shia cade nel dramma della dipendenza da alcol e droga, ma dopo un lungo periodo di autodistruzione, il nostro decide di rimettere a posto la sua vita: in seguito ad un arresto inizierà infatti un percorso di guarigione che lo porterà a scrivere la storia della sua infanzia che in seguito diventerà la sceneggiatura di Honey Boy. Secondo l’attore, l’arresto è stato un episodio cruciale che ha cambiato la sua vita, per tale ragione ha sentito l’esigenza di ringraziare l’agente di polizia che lo fermò, durante il discorso di accettazione del Breakthrough Screenwriter Award per Honey Boy. In quell’occasione ha anche ringraziato il suo terapeuta e il suo sponsor “per avergli salvato la vita” e i suoi genitori per avergliela data.

“la sola cosa di valore che mio padre mi ha dato è il dolore” Shia LaBeouf

Nel film vedremo sia il periodo pre-adolescenziale di Otis (alter-ego di Shia) e il rapporto con il padre, sia il periodo in cui è un giovane attore di successo e finisce in comunità per risolvere i suoi problemi di dipendenza da sostanze. Vari estratti di vita fondamentali per capire il caos emotivo di Labeouf e i motivi che lo hanno spinto a questa esperienza da autore. Ma per apprezzare a pieno il valore di questa pellicola e capirne la genesi, forse bisogna aver vissuto un’infanzia tragica (almeno in parte) come quella del protagonista. Momenti irripetibili, distrutti o deturpati nella memoria di un bambino, che diventano cicatrici doloranti sul cuore di un adulto. Alma Har’el al suo primo lungometraggio da regista, mostra una grande disinvoltura dietro la macchina da presa, riuscendo a regalare piccoli frammetti emotivamente meravigliosi e dolorosi che ci catapulteranno nella nostra infanzia, in una pellicola solida e diretta con grande consapevolezza.

LaBeouf mostra la sua grande dimestichezza attoriale recitando nel ruolo più difficile della sua vita: quello in cui interpreta il suo stesso padre. Bravo lui, ma sopratutto Noah Jupe che impersona Shia da bambino in maniera superlativa. Honey Boy è un film che trae la sua forza da una robusta sceneggiatura e da una magnifica interpretazione degli attori. Un’emozionante e commovente stralcio di vita vera che mi sento di consigliarvi.

Titolo: Honey Boy
Titolo originale: Honey Boy
Regia: Alma Har’el
Attori:  Shia LaBeouf, Lucas Hedges, Noah Jupe 
Genere: Drammatico
Durata: 94 minuti
Anno: 2019
Paese: Usa

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