L’IA ti ha creato l’app in automatico senza che tu conoscessi una sola riga di codice? Era solo il cugino di Rajesh in smart working da Mumbai.
Benvenuti nel 2025, l’era dell’Intelligenza Artificiale in cui ogni cosa può essere opera di un promot e di un algoritmo… tranne quando non lo è. Stiamo parlando di Builder.ai, la startup supportata da Microsoft che doveva rivoluzionare il mondo dello sviluppo app grazie a un’assistente virtuale chiamata Natasha. Un nome da spia russa, una voce che ricorda Cortana e un cervello umano.
Dietro il chatbot Natasha, infatti, c’erano 700 ingegneri in carne e ossa, seduti davanti al monitor, probabilmente sottopagati e con orari di lavoro assurdi, pronti a chattare con te fingendosi l’intelligenza artificiale più brillante del momento. Altro che software che sembrano umani, qui abbiamo persone che si fingono programmi senzienti.
L’IA era finta, ma la bancarotta è vera!
La trovata era semplicemente geniale: prometti un sistema automatico che scrive codice da solo, e invece lo fai scrivere a mano da un intero esercito di sviluppatori. Un’idea brillante e potenzialmente efficace, almeno fino a quando qualcuno non si è messo a fare i conti in tosca all’azienda… oppure ha dato in pasto bilanci e dati contabile a una vera IA.
E i conti, nel caso di Builder.ai, non tornavano per niente: la società dichiarava 220 milioni di ricavi, ma ne faceva solo 50. Morale della favola:
- 37 milioni sequestrati da un creditore;
- 85 milioni di debiti con Amazon;
- 30 milioni da restituire a Microsoft;
- fallimento dichiarato nel Regno Unito, India e USA;
- causa legale da parte di un ex dipendente;
- una reputazione tecnologica che va a farsi benedire.
Ma davvero abbiamo creduto alla finta IA?
Il fatto che qualcuno abbia pensato “Wow, questa IA capisce cosa voglio e mi scrive l’app perfetta” è, in fondo, il segno dei tempi.
I chatbot e gli algoritmi diventano sempre più sofisticati e capaci di tutto, mentre il mercato continua a chiedere nuove AI anche quando non sa cosa voglia dire.
Nel frattempo, la gente comune non è così entusiasta. Secondo Pew Research, il 43% teme che l’IA li danneggerà, e solo il 24% pensa che questo continuo sviluppo degli algoritmi sarà un aiuto nella vita di tutti i giorni. Il resto delle persone? Molto confuso, probabilmente, oppure troppo impegnato a evitare i chatbot perché, in realtà, non ha la più pallida idea di cosa siano.
Matrix dietro l’angolo: le macchine sfrutteranno gli esseri umani?
Questa storia è un perfetto mix tra Silicon Valley (la serie) e Black Mirror. Da un lato abbiamo l’ambizione hi-tech che promette un futuro in cui l’IA potrebbe essere la risposta a tutto, dall’altro c’è la cruda realtà fatta di un esercito lavoratori che finge di essere tutt’altro.
Insomma, dagli umani di Matrix usati come pile a ingegneri al posto delle sinapsi digitali il passo è davvero breve. Siamo sicuri che Skynet non sia un impiegato frustrato che ha semplicemente premuto un tasto?