L’Altra Grace: nei labirinti della mente – Recensione

Altra Grace

Non è necessario essere una Camera per essere infestato, non devi essere una Casa.

La mente ha lunghi Corridoi che travalicano gli spazi materiali.

Noi stessi dietro di noi, nascosti, dovremmo spaventarci.

L’assassino nell’appartamento è il minore dei degli Orrori!

Una citazione di Emily Dickinson, la celebre poetessa statunitense, compare sullo schermo all’inizio del primo episodio di L’Altra Grace, mini-serie TV USA-Canada in 6 parti trasmessa da Netflix.

Dopo il successo di The Handmaid’s Tale, L’Altra Grace (Alias Grace) approda sulla nota piattaforma di streaming, rendendo il 2017 uno degli anni più fortunati per Margaret Atwood: la serie, infatti, è proprio la trasposizione dell’omonimo romanzo della scrittrice.

La storia trae liberamente ispirazione da fatti realmente accaduti: nel 1843 due ragazzi, James McDermott e Grace Marks, vennero accusati dell’omicidio di Sir Thomas Kinnear e della sua governante Nancy Montgomery.

Al contrario di McDermott, che venne condannato e giustiziato come esecutore materiale dei delitti, Grace Marks fu condannata al carcere a vita, dato che le accuse (formulate dallo stesso McDermott) rimasero per lo più circostanziali.

Il romanzo, e di conseguenza anche gli eventi narrati dalla serie TV, inizia proprio da qui.

Il dottor Simon Jordan (Edward Holcroft) si reca al carcere di Kingstone per visitare regolarmente Grace (Sarah Gadon) sotto richiesta del reverendo della città, il quale è convinto che la ragazza sia innocente e non capace di commettere il crimine perché affetta da infermità mentale.

Il dottor Jordan è una sorta di psichiatra ed invita la giovane a parlargli di quello che preferisce, cercando tutti i possibili indizi che possano dimostrare un disturbo psicologico.

Grace parla quindi della sua vita prima degli omicidi, avvenuti quando lei aveva appena sedici anni. Nonostante i suoi ricordi antecedenti ai delitti siano estremamente dettagliati, Grace sembra non rammentare nulla del giorno in cui il suo datore di lavoro e la governante sono stati assassinati.

Sarà quindi compito del dottor Jordan, con le poche conoscenze dell’epoca, entrare nella mente di Grace e cercare di dimostrare l’innocenza della giovane.

L’Altra Grace e il femminismo: dalla parte dell’assassina

Non si è mai saputo se Grace Marks fu veramente complice di McDermott, se fu lei ad istigarlo o se, al contrario, era davvero del tutto innocente e, nonostante sia stata realmente assolta nel 1872 e rimessa in libertà, i dubbi su di lei rimangono tutt’ora.

Ma questo, allo spettatore, interessa solo relativamente. Fin dall’inizio del primo episodio, siamo perfettamente coscienti del fatto che Grace Marks è una bugiarda: vediamo parte dei suoi ricordi (per lo più dettagli e stralci di immagini) e, dentro di noi, maturiamo fin da subito la nostra sentenza nei riguardi della sua colpevolezza.

Nonostante l’intuito sembra averci dato già una risposta, la curiosità ci tiene incollati allo schermo. Ciò che vogliamo non è la confessione di Grace, perché non ha nessuna importanza che la sia colpevole o meno: ciò che realmente vogliamo è entrare nella sua testa, come il dottor Jordan.

Le scene che appaiono davanti ai nostri occhi sono molto forti: sappiamo, senza dover vedere scene esplicite, che Grace è stata più volte molestata nella sua vita, non solo fisicamente, ma soprattutto psicologicamente.

Quella della nostra protagonista è sempre stata una vita difficile, un susseguirsi di privazioni, di ingiustizie, di violenze e di abusi.

È il resoconto dettagliato delle esperienze che quasi tutte le donne, all’epoca, erano costrette a conoscere e a subire; una tra tutti, quella del manicomio, molto spesso costrizione accettata passivamente dalle donne per centinaia di motivi assurdi.

E, dato che siamo il frutto di ciò che ci è stato fatto (per usare le parole di V in V per Vendetta), è praticamente impossibile non ritrovarsi ad empatizzare e “tifare” per Grace.

La condanna della società

Un altro elemento decisamente importante che viene analizzato da L’Altra Grace è la società del tempo.

Ci troviamo davanti a delle persone di differenti stati sociali, diverse sotto decine e decine di punti di vista ma accomunate da un’unica cosa: amano sentire delle sofferenze altrui.

Perfino il dottor Jordan, che da bravo psichiatra dovrebbe rimanere assolutamente impassibile davanti alle dichiarazioni della ragazza, prova una forte attrazione verso il passato di Grace. Non è attratto da lei per la sua fisicità o per le sue idee, ma perché la giovane donna è la sintesi di numerose vicende negative.

E se pensate che questo sia un problema solo del dottore, vi sbagliate.

Tutti proviamo un irrefrenabile desiderio di ascoltare le brutte esperienze delle persone, tutti vogliamo sapere i dettagli più crudi o quelli più dolorosi: il dolore, quello degli altri, ci affascina e ci trasformiamo irrimediabilmente in un branco di ficcanaso.

Questa presa di coscienza è sicuramente uno dei temi su cui la serie punta di più. Non ci credete? Ascoltate le parole di Grace! Sarà lei stessa a dimostrarvelo.

Parole d’ordine: qualità e precisione

L’Altra Grace non è stata prodotta per il largo pubblico e, probabilmente, non diventerà mai popolare come le serie TV più acclamate di Netflix, anche per il fatto di essere una mini serie strutturata in soli 6 capitoli.

Il motivo è senza dubbio dovuto alla mancanza di azione: d’altronde è una storia autobiografica, non un thriller, e la vita di una domestica di fine Ottocento non è che sia particolarmente avventurosa.

Ma la bellezza di questa serie sta proprio qui, nella precisione e dovizia dei particolari. Dal punto di vista storico, siamo di fronte ad una ricostruzione davvero fedele: è piena di dettagli (fedelissimi al periodo storico) che spesso non si trovano in altre serie TV più celebri.

Ci viene mostrato un vero e proprio spaccato di vita reale del XIX secolo, senza fronzoli né censure.

Se a questo aggiungiamo la bravura di Sarah Gadon (interprete di Grace) sia nelle espressioni facciali sia nelle variazioni del tono della voce (che nel doppiaggio, ahimè, si perde), la serie diventa spaventosa ed affascinante allo stesso tempo.

Conclusioni

A parte il finale che può lasciare un po’ perplessi (o, magari, era proprio intenzione dei produttori spiazzare lo spettatore), Alias Grace non è una serie fatta bene, ma benissimo!

Nonostante questa serie TV forse non riuscirà ad appassionare un’audience ampia, la precisione nei dettagli e la profondità delle riflessioni di Grace rendono ogni episodio ammaliante e ricco di spunti riflessivi.

Uno show da non perdere!