Aliens: lo spettacolare finale di Apocalisse! – Recensione

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Con il nono numero della serie di spillati di saldaPress dedicato all’Aliens Universe, Alien , arriviamo alla fine della miniserie Aliens Apocalisse. Questa storia si colloca all’interno della produzione dedicata all’universo degli xenomorfi pubblicata prima della nuova serie di film opera di Ridley Scott. Questa premessa serve per motivare alcune incongruenze tra quanto leggeremo nella miniserie di Aliens Apocalisse. Uscita per la prima volta nel 1999, questa storia presenta una certa attinenza con quanto mostrato nella prima celebre miniserie di Aliens, pubblicata da saldaPress nel volume Aliens 30th Anniversario.

In entrambi i casi vediamo come intorno alla figura degli xenomorfi venga creato un culto, anche se nella miniserie di Mark Schultz che stiamo leggendo ora stiamo vedendo la nascita di una religione, intrecciata ad una sete di conoscenza che ha spinto il dottor Keitel a crearsi una figura da leader di una setta che venera i pericolosi alieni.

L’Aliens Universe di saldaPress ci presenta l’ultimo capitolo della miniserie Aliens Apocalisse

Incaricata di ritrovare il disperso scienziato, Aletto Throop e la sua squadra hanno seguito le tracce della spedizione comandata da Keitle, fino ad arrivare ad un pianeta disperso in cui il fuggitivo le accoglie, attorniato dai suoi alieni. Schultz riesce a dare vita ad una trama che mescola con un buon equilibrio l’elemento mistico della venerazione alla dimensione avventurosa dell’Aliens Universe.

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Tenendo fede alla visione dei primi due film in particolare, il pianeta in cui Keitel ha trovato rifugio si rivela essere una delle roccaforti della razza che ha creato gli Aliens. Non si parla ancora di Ingegneri, comparsi per la prima volta in Prometheus, per Schultz il gigantesco alieno ibernato nella struttura al centro del pianeta è ancora uno space-jockey, ed il suo aspetto tiene conto dell’immagine vista nel primo Alien e poi rielaborata da Verheiden e Neslon nella citata prima miniserie sugli xenomorfi.

Particolarmente efficace ai fini narrativi è la figura di Keitel. Villain designato di Aliens Apocalisse, lo scienziato non viene reso con una facile caratterizzazione da classico cattivo, ma il suo percorso interiore di devozione viene costruito in modo avvincente, tramite il ruolo di guida per i nuovi arrivati all’interno dell’immensa struttura. La Throop viene accompagnata alla scoperta di un viaggio di millenni, seguendo la creazione e evoluzione degli xenomorfi, accompagnata al declino dei loro creatori. In tutto questo, Schultz dona a Keitel un carisma palpabile, in bilico tra delirante megalomane e scienziato assetato di conoscenza. Nelle fasi finali, anche per Keitel arriva il momento della verità, riconoscere i propri errori e tentare di rimediare agli sbagli, lasciando fuggire qualcuno che diventi l’araldo della distruzione portata dai temibili alieni.

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Schultz riesce a dare profondità alla storia sfruttando ogni personaggio al meglio, arricchendo la trama anche affidandosi a punti fermi della saga che non possono mai mancare. In primis il rapporto con i sintetici, da sempre un rischio nell’Aliens Universe; anche in Aliens Apocalisse è un androide, Baal, che porta a compimento la nascita del più spaventoso degli dei di questo culto degli xenomorfi. Che sia un caso che nella mitologia fenicia Baal fosse il progenitore degli dei? Non credo, conoscendo la cura con cui Schultz crea le proprie trame. Senza contare come in questa miniserie l’elemento mistico e religioso sia alla base di molte delle scelte dell’autore.

Il contesto narrativo tipico della saga di Alien, con le grandi compagnie in ansia per lo sfruttamento della nuova, letale razza aliena ci accompagna sempre. Sarà proprio questo elemento a causare le complicazioni che portano alla rapida degenerazione dell’armonia tra umani e alieni creata da Keitel, una sorta di caduta del paradiso utopicamente immaginato dalla scienziato. Schultz dona a questa miniserie un ritmo narrativo che consente sia di godere di scene frenetiche e cariche tensione, che di altre in cui la spiegazione dell’origine e funzione degli xenomorfi aiuta a dare ancora più fascino a queste tremende creature.

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Trovandosi su un pianeta che ospita un avamposto dei creatori degli Aliens, la sfida di Doug Wheatley era quella di creare un’ambientazione che, all’epoca, ricordasse quanto visto all’interno dell’astronave aliena vista nel primo Alien. Il rifugio di Keitel è una perfetta sintesi tra architettura e elementi organici come abbiamo sempre immaginato vedendo l’Alien originale del 1979. Wheatley si spinge oltre, creando tavole in cui i personaggi si muovono in modo credibile, sempre in linea con il ritmo della storia e la tensione del momento. Contribuisce non poco l’ottima colorazione di Chris Chuckry, capace di aumentare ulteriormente il pathos di Aliens Apocalisse con una gamma cromatica particolare sempre in linea con le necessita narrative di Schultz.

Questa miniserie di Aliens arriva al termine, lasciando spazio nel prossimo numero ad Aliens Dead Orbit, in cui un tecnico spaziale resterà intrappolato in uno spazio angusto in compagnia di un certo alieno di nostra conoscenza!