La bella morte: gli esordi di un grande autore – Recensione

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Mathieu Bablet lo scorso anno è piombato sulla scena italiana con Shangri-La, graphic novel fantascientifica che ha subito messo in evidenza l’incredibile capacità narrativa dell’autore francese, tanto nel disegno quanto nella trama. Immaginate la mia sorpresa ultimamente nello scoprire che Shangri-La non era l’opera prima di Bablet, un onore che spetta a La bella Morte.

La bella morte, alla scoperta degli esordi di Mathieu Bablet

Datato 2011, La bella morte è la prima esperienza di quello che diventerà un autore di spicco. Editare questo volume dopo l’incredibile spettacolo visivo di Shangri-La è una scelta interessante da parte di Mondadori, che lo inserisce all’interno della propria collana di graphic novel, Oscar Ink.

Si potrebbe obiettare che sia facile sedurre i lettori già innamorati dell’arte di Bablet con una sua storia degli albori stilistici, ma la mia personale esperienza con il talento del francese è stata ancora più intrigante. Questa sorta di viaggio indietro nel tempo è affascinante, perché consente di vedere l’evoluzione dello stile di Bablet, ed è esattamente ciò che mi ha appassionato in questa lettura.

Il tema fantascientifico della fine dell’umanità è nuovamente presente (o dovrei dire già presente?) in La Bella Morte, mostrando una certa affinità di Bablet con la voglia di analizzare la condizione umana appellandosi alla natura più pura della fantascienza: la visione sociale. Se in Shangri-La questo elemento comprendeva una visione più incline ai pericoli della scienza e al loro uso senza limiti, con La Bella Morte ci si addentra nello scenario posta apocalittico.

In una New York devastata da una misteriosa di aliene dall’aspetto di insetti, un trio di sopravvissuti alla grande decimazione dell’umanità cerca di arrivare alla fine della giornata senza passare alla storia come il resto degli uomini. Sin dall’inizio appare chiara la caratterizzazione delle dinamiche tra i personaggi, anime perse che sono costrette a convivere in questa desolazione per istinto di sopravvivenza più che per scelta.

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Bablet in La Bella Morte mostrava già una discreta padronanza della gestione degli equilibri emotivi. Ovviamente non mancano alcune ingenuità frutto dell’inesperienza, ma i segni di uno stile che negli anni a venire saprà colpire all’anima i lettori sono già presenti. I dialoghi, in modo particolare, sono già ben definiti e veicolano al meglio l’intensità emotiva della storia.

La Bella Morte, ancora più di Shangri-La, necessitava di questo sottotesto emotivo ben sviluppato. I silenzi sono spesso necessari, dato che il nemico ascolta ed esser invisibili è la chiave della sopravvivenza. Questo elemento viene ben sviluppato da Bablet, che rende questa lotta contro la morte una frattura anche all’interno del gruppo di protagonisti.

La tensione latente è una delle linee guida della trama, un contrasto che traspare in parole e gesti, con cui veniamo guidati da Bablet in modo esemplare. Sembra quasi assurdo che tra La bella morte e Shangri-La siano passati sette anni, data la solidità dell’impianto narrativo di Bablet sfoggiato in questa sua opera prima. Il senso di predestinazione viene inizialmente sviluppato in modo lento ma efficace, lasciando pian piano spazio ad una visione dell’intera storia più complessa.

Ecco quindi che il passato dei protagonisti diventa una chiave per comprendere il loro ruolo, non più di casuale coincidenza ma frutto di una sorta di predestinazione. L’idea finale è intricata e affascinante, si addentra insistente nelle pagine del volume, avvolgendo lentamente il lettore sino al gran finale. Sia chiaro, Bablet non è un autore facile, il suo stile narrativo è una continua serie di suggestioni che lentamente conducono verso il fulcro della trama, con un unico obiettivo: sorprendere il lettore con un pensiero finale forte, catartico.

A dover sostenere una simile struttura narrativa, devono esser disegni particolarmente decisi e assolutamente personali. Bablet è decisamente eclettico nella sua visione grafico, come in cerca di una sintesi tra alcuni stilemi del mondo nipponico e l’influenza di una scuola occidentale come quella francese che ha sempre puntato ad un espressività intensa. In alcune tavole e nella realizzazione di dispositivi e tecnologie, oltre che nell’utilizzo dei punti di vista, sembra evidente l’influsso di grandi maestri francesi, in primis Moebius.

Di Bablet ammiro molto la gestione degli spazi. Già apprezzabile in Shangri-La, l’ambientazione contenuta della stazione spaziale aveva un limite che ne condizionava lo sviluppo. La libertà della grande città di La bella morte, invece, glorifica ancora di più la dimestichezza di Bablet con la verticalità e gli spazi aperti con cui stimolare la vista del lettore. Le corse lungo i grattacieli sono una perfetta occasione per l’autore francese di mostrare una particolarissima visione della velocità e del dinamismo, misurato e millimetrico nella resa grafica, ma sempre sottinteso, colto nel raro momento che sembra precedere la vera azione.

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Il rischio, se vogliamo definirlo così, è di perdersi più nell’impatto visivo che non nella trama. Ma il tratto di Bablet e la sua interpretazione del disegno sono magnetici, apparentemente tutto sembra quasi accennato, ma ad uno sguardo più attento emerge una profondità interpretativa impressionante.

Unica pecca, a mio avviso, la sua maniera di ritrarre i volti. Shangri-La aveva già evidenziato questo suo vezzo artistico, che, per quanto ben inserito nel suo stile complessivo, mi risultava quasi come un neo su una perfetta caratterizzazione. La bella morte enfatizza questa personalizzazione, ancora acerba in un certo senso, ma alla fine è quella crepa che rende prezioso il risultato complessivo dell’opera.

E Mondadori ha saputo come enfatizzare questa potenza espressiva, rendendo omaggio al talento di Bablet pubblicando La Bella Morte in un’edizione dalle dimensione giustamente generose. Non solo questo consente di apprezzare al meglio la bravura del francese, ma anche di inserire una raccolta di illustrazioni che testimoniano ulteriormente l’impressionante talento di Bablet.

Se avete adorato Shangri-La, La Bella Morte è una lettura imperdibile.

Se non conoscete Mathieu Bablet, La Bella Morte è una lettura essenziale.

Se amate il fumetto di fantascienza, se cercate una lettura stimolante, la risposta è sempre La Bella Morte.