Ready Player One – Recensione

Ready Player One

Ready Player One è stato per me una folgorazione.

Abituati come siamo a vivere in un’epoca in cui la nostalgia degli anni ’80 è sempre più presente, la lettura del romanzo di Cline mi ha mostrato un modo diverso di ricordare quegli anni particolarmente suggestivi, divenuti una vera e propria mitologia.

Sapere che dal manifesto della nerd-pop culture per eccellenza sarebbe stato tratto un film, mi aveva messo in ansia.

Da un lato, sono sempre sospettoso quando una storia passa da un media all’altro, visto che sono più i casi di fallimenti che di successi (come dimostrata dai recenti It e La torre nera).

Ready Player One, lo spirito della pop culture passa dal libro al cinema!

Innegabilmente, però, Ready Player One, proprio per via della sua natura citazionista, si presentava come un ottimo banco di prova per una conversione cinematografica.

Senza dimenticare che dietro la macchina da presa è seduto Steven Spielberg, un uomo che ha profondamente segnato il nostro immaginario cinematografico in quegli anni dorati.

Quando ieri sera sono entrato per l’anteprima di Ready Player One credo di non aver pensato ad altro che a cercare nella pellicola tutti i riferimenti della pop culture e, soprattutto, lo spirito del romanzo di Cline.

Siamo onesti, anche il libro non è che fosse particolarmente innovativo dal punto di vista narrativo, ma seguiva un canovaccio piuttosto rodato, ispirato ad una quest che omaggia la concezione dell’avventura ruolistica con cui siamo cresciuti. Il punto forte era la sensazione di familiarità tra ambientazione e lettore, esaltata da uno stile descrittivo e da un tempismo nel racconto che sapevano avvolgerci e rapirci all’interno di OASIS.

Che poi è esattamente quello che mi aspettavo di vedere al cinema.

Ready Player One aveva tutti i fondamenti per essere uno spettacolo non solo visivo, ma anche emozionale, specialmente per una certa fascia d’età. Attendersi una trasposizione rigida ed eccessivamente fedele al romanzo è stata un’illusione a cui ho creduto anche io, ma quando fin dai primi momenti ho visto come la narrazione del film prendesse direzioni parzialmente diverse, ho evitato di gridare subito al tradimento.

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Ready Player One è stato universalmente riconosciuto come il Santo Graal dei nerd.

Wade Watts vive in un mondo in cui la vita ‘reale’ è stata soppiantata da OASIS, una simulazione digitale che, nata come gioco, è diventata la nuova frontiera dell’esistenza, la fuga perfetta da una realtà grigia e impietosa. Difficile non sentirsi subito attratti da questo personaggio, che vive un’avventura che ha il sapore del cyberpunk di Gibson mescolata alla dinamica di una sessione di D&D.

Chi ha letto il libro, e tutti dovrebbero farlo, sa bene che non è stato lasciato nulla fuori da questa gigantesca celebrazione.

Una delle mie ansie era capire cosa sarebbe stato escluso dalla pellicola, perché alcuni brand citati da Kline sono, attualmente, delle potenze in mano a squali del guadagno. Puntualmente, abbiamo un film che osanna la nerd culture in cui non compare nulla di Star Wars, grazie alla ritrosia di Disney, che ha ridotto l’importanza dell’universo di Lucas ad una semplice menzione sfuggevole.

Al netto di questa mancanza, sono altre le variazioni apportate alla trama originale. È necessariamente un male? Dipende, a mio parere. I più intransigenti sicuramente storceranno il naso, ma bisogna riconoscere che portare tutti gli eventi presenti nel romanzo in un film era davvero un’impresa impossibile.

Certo, alcuni tagli mi sono sembrati abbastanza indelicati, in modo particolare nelle scene iniziali, con alcune libertà che, in un certo senso, privano il protagonista, Wade, di una sua profondità che in questo modo sembra solo abbozzata.

Fortuna vuole che Ready Player One coniuga queste libertà con una componente essenziale: il rispetto dello spirito dell’originale cartaceo.

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La presenza di Cline nella squadra che ha realizzato questa pellicola si vede, quella voglia di unire avventura e citazionismo rimane quasi inalterata, venendo, in alcune parti, anche arricchita da nuovi elementi.

Se nel libro tutto era mirato a suggestionare e far esaltare il lettore grazie ad una caccia al riferimento, con il film si va oltre. E non mi riferisco solamente all’aspetto visivo. Ieri sera non ho solo giocato a cercare la citazione, ma mi sono lasciato anche emozionare da una storia che volesse prendere i punti fermi del romanzo ed espanderli, con alcune scene di una poesia incredibile, grazie al tocco sempre magico di Spielberg e ad una gestione delle emozioni dei personaggi bene strutturata.

Ma, inutile negarlo, il vero valore aggiunto di Ready Player One è il dinamismo, una componente che viene accentuata rispetto al libro. Scene frenetiche, realizzate con una cura maniacale, sono una costante di questo film, raccontano un mondo in cui vogliamo entrare perché ci sentiamo già parte di questo universo da una vita.

Il tutto spinto da una colonna sonora che sin dal primo istante ci esalta e stimola a vivere un’avventura unica. Particolarmente intrigante iniziare con Jump dei van Halen, visto l’importanza che nel film avrà il metafisico salto che tutti dobbiamo compiere nella vita, protagonisti compresi.

La citazione è un rischio, ma Ready Player One riesce a creare un patto con lo spettatore. In fin dei conti, siamo in sala proprio spinti da questa voglia di scovare i nostri beniamini sullo schermo. Ma non ci vengono messi di fronte in maniera pacchiana, i simboli di una generazione di nerd sono mescolati all’interno della storia in modo sottile, a ribadire come in OASIS si tratti della normalità.

Ready Player One è un film che incarna un ideale, la cultura nerd “classica”, ma che non disdegna di strizzare l’occhio anche ai nerd moderni, inserendo delle figure nate negli ultimi anni, creando un ponte tra diverse generazioni di appassionati di fumetti, cinema e videogiochi.

Personalmente, credo che questo film sia il nuovo metro di paragone per l’intrattenimento focalizzato sulla nerd culture, non solo per la sua aura di nostalgico omaggio, ma anche per l’ottima resa stilistica di quanto vediamo passare sullo schermo.

In fin dei conti, abbiamo il re dei film pop-nerd anni ’80 a dirigere Ready Player One; forse, il buon Steven ha realizzato ciò che può essere definito come l Goonies delle nuove generazioni!