Independence Day: Rigenerazione – Meritiamo l’occupazione aliena?

Independence Day: Rigenerazione – Recensione

Quando Independence Day uscì nel 1996, le cose erano diverse. La CGI era nel suo periodo fiorente, e le pellicole hollywoodiane stupivano con effetti speciali che, con poco, sapevano lasciarti a bocca aperta. Ma la riuscita di un film non si misurava solo grazie alla computer grafica. All’epoca si era ancora legati alle “buone sceneggiature anni ’80”, quelle che esploravano i rapporti tra i personaggi e che ti facevano immedesimare nella storia che si stava raccontando sul grande schermo.

Il mix riuscito di questi due cardini del cinema statunitense resero grande la pellicola di Roland Emmerich che, con il suo Stargate uscito due anni prima, aveva già conquistato tutto il mio rispetto.

Quest’anno il regista ha voluto riprovarci, buttandomi sotto il naso Independence Day: Rigenerazione; l’ennesimo sequel che, sfruttando un nome importante, ha cercato di farmi innamorare nuovamente.

O almeno questo è quello che mi sarei aspettato da Emmerich, pur sentendo puzza di alieno bruciato dall’altra parte del pianeta…

Una guerra spoiler free non necessaria, e non solo per gli alieni

Sofferente per i numerosi sequel / reboot che nel corso degli ultimi anni hanno letteralmente violentato i film della mia infanzia, ieri sera mi sono recato al cinema; confidando che il mio amico Roland sarebbe riuscito là, dove gli altri avevano fallito.

Non mi aspettavo di provare le emozioni sperimentate con il primo Independence Day, questo è chiaro. Mi aspettavo semplicemente un buon film e nulla di più.

La mia speranza era quella di ritrovare i personaggi che avevo abbandonato negli anni ’90, forse rammaricato per l’assenza di Will Smith certo, ma contento di potermi godere una buona “americanata”. Tutto quello che chiedevo erano ancora un paio d’ore in loro compagnia, “spaccando il culo ad E.T.”

Forse era chiedere troppo.

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Independence Day: Rigenerazione ha una durata di un paio d’ore e spiccioli, che corrono velocemente verso il finale che non c’è. Troppo velocemente. Durante tutto il film ho avuto la sensazione che si volesse arrivare a tutti i costi al centro dell’azione, mostrando al pubblico quanto è cambiato in 20 anni il cinema, la CGI e le sceneggiature. E alla fine l’ho capito quanto è cambiato, solo che non è tutto cambiato in meglio.

Durante tutta la pellicola appare evidente che Independence Day: Rigenerazione sia un titolo ad alto budget, ma questo già lo sapevamo. Visivamente il film è ottimo, anche se in alcuni punti pecca di ingenuità (vogliamo parlare dei primi 60 secondi del film?! No. Ho promesso che non avrei spoilerato nulla…).

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Ho capito però anche che i rapporti umani non hanno più spazio nei blockbuster americani, e che i personaggi sono semplici pedine di un gioco più grande chiamato brand awareness; sacrificabili senza troppi complimenti.

In Independence Day: Rigenerazione ci saranno una decina di protagonisti ma, uscito dalla sala, non posso dire di aver conosciuto nessuno di loro veramente. E non ho riconosciuto nemmeno quelli che ho imparato ad amare con il primo film, ridotti qui, nel sequel, a mere comparse private della loro personalità. I vecchi eroi sono stati infatti rimpiazzati da “supereroi”, tanto robotici quanto improbabili, che tutto già sanno e tutto possono fare.

Il risultato è semplicemente poco credibile, anche per gli standard dei film di fantascienza. Certo si spara, ci sono tante esplosioni come nel ’96 e molti sono i richiami alla pellicola originale (forse anche troppi), ma la pellicola ha venduto il suo nome e la sua anima, in cambio di qualche alieno digitale di troppo.

Alieni depressi che ti fanno “lo spiegone”, e alieni che sono semplicemente sproporzionati nelle dimensioni, non sono quello che i fan di Independence Day avrebbero voluto vedere. La trama salta  in continuazione a destra e a sinistra, lasciandosi alle spalle storie poco credibili, storie mal sceneggiate e storie che non credo si possano definire nemmeno delle “storie”.

Però ci sono i fuochi d’artificio del 4 luglio, e ad Hollywood, ora, è questo quello che interessa.