Sab 5 Ottobre, 2024

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The Walking Dead 8 – Recensione del terzo episodio “Monsters”

Monsters, terzo episodio di The Walking Dead 8, rivela un messaggio ben preciso sulla natura più cruda e profonda della stessa serie TV: la violenza è un contagio mortale ed incontrollato

La guerra “preventiva”, ma anche di liberazione, che le comunità oppresse dai Salvatori hanno cominciato a portare a Negan e al suo gruppo, iniziata nel primo episodio di The Walking Dead 8 e proseguita con i vari raid visti nella seconda puntata, vive un momento di calma apparente in Monsters, terzo appuntamento settimanale con la nuova stagione dello show AMC.

Avevamo lasciato Rick in una situazione di evidente difficoltà sotto la minaccia di Morales, una sua vecchia conoscenza che ha tutta l’intenzione di consegnarlo a Negan forse, oppure di ucciderlo, dopo aver rivelato allo stesso Rick di aver perso la sua famiglia ed essere finito, suo malgrado, a incrociare nuovamente la strada dell’ex poliziotto reo di essere diventato un mostro.

Nonostante la pistola puntata contro e l’ormai consapevole fallimento dell’assalto che avrebbe dovuto spalancargli le porte dell’armeria di Negan, di cui non si è trovata nessuna traccia, Rick cerca di convincere Morales che il vero mostro è Negan, un individuo capace di uccidere persone a sangue freddo senza alcun rimorso e contro il quale la guerra è l’unica via per riassaporare quella normalità che Rick stava cercando di costruire ad Alexandria.

È un Morales comunque sorpreso di apprendere che Glenn e Maggie siano riusciti ad innamorarsi in mezzo a tutta questa apocalisse, ma consapevole come gli eventi abbiano cambiato tutti nel profondo.

Ma il confronto verbale tra i due viene interrotto da Daryl che sbroglia la matassa in maniera pratica tirando fuori un Rick, stranamente allibito, da una situazione delicata, pochi istanti prima di ingaggiare uno scontro con un gruppo di Salvatori allertati da Morales.

Contemporaneamente gli altri tre fronti dell’offensiva a Negan e ai suoi avamposti vivono momenti riflessivi e psicologicamente intensi.

Da un parte Re Ezechiele continua la sua professione di fede in tutto ciò che si è iniziato, nel cammino di guerra di liberazione, guidando i suoi uomini indenni fuori da un’imboscata che si rivelerà invece un piano ben orchestrato dall’astuto e flemmatico sovrano dai capelli rasta, coadiuvato dalle sempre meno “presente” Carol la quale, fino a questo momento, continua ad avere un ruolo molto marginale nell’economia della stagione, nonostante i proclami e le aspettative sembravano vederla molto più protagonista.

Addii da melodramma ma senza lacrime

Dall’altra parte Jesus e Morgan, dopo aver fatto prigionieri un gruppo di Salvatori, fanno ritorno ad Hilltop senza smettere di confrontarsi aspramente sull’utilità o meno di questa decisione magnanima di risparmiare le vite di coloro che hanno cercato di ucciderli senza pietà.

L’incontro con un gruppo di zombie metterà scompiglio nella colonna e favorirà la breve fuga di un gruppetto di prigionieri, portando proprio Jesus e Morgan a lottare fra di loro: da una parte la razionalità e l’umanità ancora viva Jesus, dall’altra la momentanea follia di Morgan il cui compassato carattere sembra sia stato irrimediabilmente corrotto dalle continue perdite cui è stato costretto ad assistere.

L’involuzione verso la violenza gratuita di Morgan è sempre più accentuata e purtroppo poco credibile, tanto che l’espediente di una sorta di momentanea “amnesia” del personaggio riporta tutto, forse, alla normalità con lo stesso Morgan, battuto da Jesus, che ottiene la “vittoria ai punti” dato che più di qualcuno comincia a condividere le sue posizioni.

Infine il gruppo guidato da Aaron, sconfitti i propri avversari si ricongiunge con Rick e Daryl, senza prima però attraversare il momento strappalacrime dell’intera puntata quando proprio Aaron deve dire addio al suo compagno Eric, ferito mortalmente che si allontana barcollando seguendo l’orda di vaganti.

La scena della disperazione di Aaron però non rende merito al momento e solo l’abbraccio con la piccola Gracie, la neonata trovata da Rick, che Aaron si impegna a portare al sicuro, ci fa dimenticare una scena strappalacrime solo per la superficiale interpretazione dell’attore Ross Marquand.

La puntata si chiude con due momenti intensi e sorprendenti: Daryl che non risparmia un ragazzo che si era arreso e che rivela il motivo per cui lui e Rick non hanno trovato l’armeria e il gruppo di Re Ezechiele preso di mira da un cecchino proprio negli ultimi istanti che da vita ad un cliffhanger pronto a proiettarci direttamente verso il quarto episodio.

I veri mostri

Monsters, o Il mostro che è in noi titolo italiano della terza puntata di The Walking Dead 8, ci porta nel nucleo dello show AMC, nel cuore della narrazione ispirata all’opera di Robert Kirkman: uccidere è sempre davvero l’unica alternativa? Eliminare fisicamente il nemico a tutti i costi, piuttosto che renderlo inoffensivo, rende tutti ugualmente dei mostri?

Coloro che lottano per la libertà uccidendo i propri simili senza pietà sono davvero migliori delle persone che cadono sotto i loro colpi?

La violenza, dettata da un desiderio di vendetta, di riscatto o soltanto da fredda crudeltà porta agli stessi effetti: generare altra violenza ed instillare, anche nel cuore dei più puri e dei più pacifici, un contagio mortale che acceca le menti e rende tutti creature irrazionali assetate di sangue.

È in questo episodio, per certi versi calmo e lento, che probabilmente viene fuori il messaggio principe dell’opera di Kirkman: i mostri non sono i vaganti ma i sopravvissuti!

Il vero contagio è quello della violenza che corrompe gli animi e fa scintrare uomini contro altri uomini senza pietà. I veri zombie sono gli uomini morti dentro, come affermato da Morales, persone che sono vive ma che stanno perdendo via via la propria umanità, desiderose solo di scagliarsi contro i propri simili come vaganti ad encefalogramma piatto che azzannano carne fresca.

La violenza è un germe incontrollabile che si trasmette velocemente e, se nel caso di Rick, primo ad essere accecato dal morbo dell’odio, s’intravedono flebili barlumi di guarigione (notati anche i Carl e Maggie), in altri personaggi l’infezione ha raggiunto livelli critici, come dimostrano l’involuzione violenta di Morgan, la mancanza di pietà di Tara e la fredda spietatezza di Daryl.

Nonostante i dubbi e i dilemmi morali siano cosa già nota, questo terzo episodio ce li ripropone come una ferita scoperta e lungi dal cicatrizzarsi, puntando l’accento su come il personaggio principale dello show, memore di quel fugace riflesso allo specchio visto in “The Damned”, forse abbia cominciato a capire che forse, si sia andati un po’ troppo oltre ogni umano eccesso.

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