The Shape of Water: una storia d’amore semplice e universale – Recensione

the shape of water

The Shape of Water (La forma dell’acqua), che ha debuttato ieri nelle sale cinematografiche italiane, è un film semplice.

Come nella migliore tradizione letteraria, una grande opera d’arte è tale se riesce ad essere fruita da un pubblico eterogeneo e induce, chi legge o guarda, ad una riflessione profonda.

L’ultima fatica di Guillermo Del Toro è proprio questo, un’opera universale che arriva nella profondità dell’animo di tutti e lì vi rimane per spingere chiunque a una riflessione più profonda.

Vincitore del Leone d’Oro alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, The Shape of Water ha ricevuto ben tredici nomination agli oscar, la cui cerimonia si terrà il prossimo 4 Marzo a Dolby Theatre di Hollywood.

Un film non comune, un genere poco avvezzo ai palmarès di manifestazioni un po’ snob, come quella di Venezia, ma componenti della giuria in riva alla laguna hanno guardato al di là della insolita e surreale trama, per assurgere il film nell’Olimpo delle grandi opere d’arte contemporanee.

Amore per la diversità prima di ogni cosa

Ambientato all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso, il film segue le vicende di Elisa Esposito, donna delle pulizie muta.

L’ambiente di lavoro di Elisa e della sua collega Zelda, zelante donna chiacchierona, è molto particolare poiché trattasi di un centro di ricerca governativo a Baltimora dove vengono svolte delle ricerche inconsuete.

Erano, come detto, gli anni ’60, ci troviamo in piena guerra fredda e la corsa allo spazio tra Russia e USA è una competizione che si sottace e si attua nei meandri dei governi militarizzati.

Una spy story dai toni mistici, un film d’azione che mescola elementi propri della commedia e del mistery.

The Shape of Water

Un giorno, in questo centro di ricerche arriva un uomo feroce, dallo sguardo sospettoso e cattivo che accompagna una creatura tanto misteriosa quanto accattivante.

Questa creatura è un essere umanoide anfibio. L’acqua è il suo elemento, un universo fatto di silenzi e gesti, proprio come l’universo di Elisa che non si esprime tramite la voce ma tramite i gesti, quotidiani e ripetuti, di chi sa cosa aspettarsi dalla vita.

Fortunatamente, la vita di Elisa sarà rivoluzionata dall’arrivo di questa creatura, attorno alla quale lei creerà un universo di aspettative. L’amore che la creatura ed Elisa provano reciprocamente ci regala un caleidoscopio emozionale, un turbinio soave di espressività, di sguardi e contatti tanto delicati quanto gentili.

The Shape of Water è l’ennesima conferma del talento visionario di Guillermo del Toro

Tutto nel film ha un’anima. Dal divano su cui Elisa giace ogni notte, alla vasca da bagno che accoglie lei e i suoi istinti ogni mattina. Anche la ramazza, con cui tutti i giorni Elisa pulisce il laboratorio dove è custodita la creatura, ha una sua personalità.

Nulla è lasciato al caso. Nessun colore, nessun elemento di arredo, nessuna componente della scenografia è lì ma potrebbe non esserci. Tutto è al proprio posto, e così deve essere. Le immagini impresse sulla pellicola sono portatrici di un dialogo continuo, silenzioso e costruttivo tra i personaggi e gli oggetti.

Una corrispondenza di amorosi sensi è l’elemento alla base dell’unione tra tutti i personaggi “positivi” della storia. La caratterizzazione, inoltre, è essenziale per comprendere un’opera dalla semplicità così complessa. La rosa dei caratteri che vediamo evolversi nel lungometraggio è composta da elementi comuni, come quello della ricerca costante di una forma di comunicazione adatta all’ambiente diverso in cui si vive.

Tanti sono i giochi semantici che Del Toro mette in campo: dal silenzio che caratterizza Elisa e la creatura, al silenzio programmatico del marito di Zelda, fino ad arrivare al non rivelare la propria intima identità, del vicino di casa di Elisa, Giles.

Questo silenzio, questo essere nulla nei confronti del non detto, caratterizza anche gli antagonisti.

Il colonnello Richard Strickland, in tutta la sua brutale efferatezza sentimentale, non riuscirà in ultima istanza a rivelare il suo stupore, passerà dal dir troppo al non poter dire.

Egli è l’antagonista per eccellenza, il cattivo senza remore, ma la sua cattiveria, la sua brutalità è asservita a un bene maggiore, alla volontà di servire la propria nazione. Egli è colui che trova la creatura, la imprigiona poiché “se i russi hanno mandato una cagnolino nello spazio, noi perché non potremmo mandare un Dio”?

La creatura è interpretata da Doug Jones, il quale è quasi l’attore “feticcio” di Guillermo del Toro, dato che ha vestito i panni di Abe nella saga di Hellboy, ha interpretato il Fauno ne Il Labirinto del Fauno ed è stato un fantasma in Crimson Peak.

Un caratterista, insomma, un attore grandioso che riesce a conferire alla creatura anfibia di The Shape of Water un’anima, una bellezza interiore in un mondo fatto di soli gesti.

Elisa Esposito è interpretata da una magnifica Sally Hawkins, attrice che abbiamo visto già in Blue Jasmine, Godzilla, Star Wars Episodio I: La minaccia fantasma.

La sua interpretazione in The Shape of Water è davvero toccante e commovente. La Hawking si muove perfettamente in sintonia con questo mondo silenzioso, in questa scenografia fatta di colori ricercati e di muri scrostati. La sua bellezza risalta in ogni suo gesto, in ogni suo sguardo, fino ad incontrare la perfezione nell’abbraccio mistico con la creatura.

Questa è la grandezza della pellicola, essere deliziosamente leggera e tanto profonda in quel che si vuole comunicare, cioè che l’amore non ha barriere.

Elementi del genere li possiamo trovare in grandi classici, uno su tutti Avatar, che vede proprio l’impossibilità di “amarsi” tra due specie diverse. Qui però, Del Toro supera anche Cameron, poiché non è l’impossibilità di amarsi il problema, non è la differenza di specie, non è la mancanza di una univoca forma di comunicazione a impedire l’amore.

L’impossibilità è data da un elemento fisico: l’acqua.

Essa è madre e matrigna, regala ad Elisa la vita ma la priva della voce, del mezzo primario di comunicazione. Sarà poi la creatura a regalarle la consapevolezza della propria forma.

Elisa, avrà la sua forma toccando quella dell’acqua; scoprirà la propria natura fondendosi e assumendo, anch’ella, la forma dell’acqua.