Mar 8 Ottobre, 2024

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The Cloverfield Paradox: come Netflix rende godibile anche il lunedì – Recensione

Mentre siamo ancora tutti intontiti dalla mole di trailer, teaser e spot assortiti che puntualmente accompagnano il Super Bowl, Netflix decide di colpirci a sorpresa mettendo online uno dei film più attesi di questa annata: The Cloverfield Paradox. Il fatto che ieri sera nella carrellata di anticipazioni legati all’evento sportivo a stelle e strisce per eccellenza fosse presente un trailer di questo film passa totalmente in sordina, visto che possiamo goderci direttamente il terzo capitolo di questa saga in tutta tranquillità. Forse tranquillità non è il termine adatto, ma avete capito il senso.

Piccola premessa, se volete gustarvi al meglio The Cloverfield Paradox, ripassate anche 10 Cloverfield Lane. Non è essenziale per godersi questo nuovo capitolo della saga, ma alcuni riferimenti potrebbero risultare decisamente più apprezzabili tenendo presente il film di due anni fa. Va detto che Cloverfield, preso come serie, ha una capacità unica di interpretare diversi generi, perfettamente inseriti in una macrotrama che passa da un episodio all’altro, mantenendo sempre una certa attinenza tra loro. The Cloverfield Paradox non fa eccezione a questa regola, anche se la sua realizzazione lo rende un film interessante anche per chi non ha visto i precedenti capitoli.

A sorpresa, questa mattina Netflix rilascia The Cloverfield Paradox, l’atteso terzo capitolo della saga iniziata nel 2008!

La Terra affronta una tremenda situazione energetica, in cui i black out sono ormai una costante, unita a un lento declino della nostra razza. L’ultima speranza è legata ad un esperimento che dovrebbe consentire alla nostra razza una possibilità di sopravvivenza, grazie all’utilizzo di un acceleratore di particelle. Questo programma dura due anni, un lasso di tempo che ha comportato la convivenza forzata di scienziati di diverse nazionalità all’interno di un ambiente ristretto, una necessità che presenta presenta il conto.

Prima ancora che The Cloverfield Paradox entri nel vivo, iniziano a mostrarsi quelle dinamiche interpersonali che fanno la fortuna di questo film. Predente persone di diversa nazionalità, inserite in un contesto di missione di salvezza del genere umano, che alla loro partenza hanno lasciato un pianeta diviso da dissapori nazionali e con una situazione internazionale che definire complessa è un eufemismo. Il film di Netflix riesce ad inserire questo aspetto in modo concreto, giocando, specialmente nella prima parte, su una narrazione che crei con lo spettatore una certa empatia, sia verso il personaggio di Hamilton (Gugu Mbatha-Raw) sia in senso più ampio per un’umanità in pericolo.

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La bellezza di questo nuovo capitolo di Cloverfield non tarda a mostrarsi, ed è la manifestazione di quella black science che ultimamente ci ha regalato delle produzioni come Black Mirror. L’utilizzo della tecnologia è sempre un passo sicuro nel futuro? In The Cloverfield Paradox, l’unica volta in cui finalmente funziona l’acceleratore di particelle, infatti, accade l’irreparabile. La situazione degenera rapidamente quando agli astronauti viene a mancare il fulcro della loro speranza, la Terra, che improvvisamente sparisce dai radar. La hanno distrutta loro?

L’evento, emotivamente sconvolgente, diventa la molla che scatena le tensioni latenti a bordo della Cloverfield. Il responsabile dell’acceleratore, il tedesco Schimdt (Daniel Bhrül) diventa il nemico, accusato dallo scienziato tedesco di esser il responsabile del sabotaggio e di qualunque cosa sia accaduta. La tensione è subito palpabile e mi sono sentito rapito dal tono perfetto con cui la storia viene pian piano sviluppata. Oren Uziel, che ha firmato soggetto e sceneggiatura, ha voluto mantenere l’ansia e la disperazione dell’equipaggio sempre ai massimi livelli, con una sequenza di avarie e piccole anomali che non ci consentono di abbassare la guardia.

In alcuni tratti ci viene quasi da pensare che gli astronauti devono esser maledetti, visto che tutto sembra accanirsi su di loro, ma è questa dinamica di sopravvivenza, sia dalla tecnologia che dagli stessi colleghi, a rendere The Cloverfield Paradox adrenalinico e coinvolgente. La comparsa poi di un misterioso membro della spedizione diventa ancora più inquietante, non solo per come viene ritrovato, ma perché sarà proprio lei a dare agli scienziati la soluzione per capire cosa sia successo durante l’esperimento.

Giocare sull’equilibrio tra la scienza che si accanisce sui sopravvissuti ed il loro turbinio emotivo è stata una scelta rischiosa, ma che ha ripagato abbondantemente la produzione. The Cloverfield Paradox convince proprio grazie a questa dinamica, in cui la vita di bordo si alterna ad una situazione sulla Terra che sembra esser anch’essa destinata ad un drammatico svolgimento (legato a 10 Cloverfield Lane).

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Il regista Julius Onah sa come ottenere il meglio per il suo film. La macchina da presa diventa il nostro occhio sulla stazione, e si muove in modo ottimo, portando la nostra attenzione sempre sul dettaglio giusto, valorizzando sia la dinamica collettiva dell’equipaggio che le emozioni individuali. Nelle scene più frenetiche siamo coinvolti in maniera pulita e travolgente, complici una fotografica semplice e quasi minimalista rispetto ad altre produzioni fantascientifiche attuali (come Altered Carbon) ed una colonna sonora arricchita da suoni e stridii della stazione che grattano alla sanità mentale degli astronauti.

The Cloverfield Paradox funziona non solo per l’alchimia inappuntabile di queste componenti, ma anche per una gestione accorta dei tempi. In certi momenti si ha la sensazione che le disavventure dell’equipaggio della stazione siano quasi un accanimento divino, ma il ritmo con cui sono gestiti e il buon spessore psicologico ed emotivo dei personaggi rendono queste traversie quasi personali per lo spettatore, che inizia a sentire quella crescente angoscia e disperazione che vive negli sguardi dei protagonisti. Questi strani fenomeni che bordeggiano i confine tra black science ed horror in alcuni momenti sono dei picchi di ansia e adrenalina incredibili, costruiti magnificamente sotto ogni aspetto, con particolare cura alle inquadrature che devono lasciarci con il fiato sospeso fino all’ultimo.

Difficile non rimanere coinvolti da questa disavventura, inserita al meglio in un ottimo film di fantascienza, amplificata da una serie di dilemmi morali che sono una ciliegina sulla torta, dando a The Cloverfield Paradox un ulteriore carisma. Il finale è il coronamento di una pellicola strepitosa, con un cliffhanger emotivo che mi ha lasciato con la mandibola pendula e una crisi di astinenza da Cloverfield.

Ora son già in spasmodica attesa del prossimo capitolo della saga di Cloverfield, annunciato qualche giorno fa. Di sicuro, una bella maratona con tutti i titoli della serie ora è la miglior cura a questa astinenza!

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