Sbarca in Italia Runin, nuova miniserie dal creatore di Tough che ci farà conoscere un futuro dove solo la via della spada potrà portare la pace
Vi siete mai chiesti come si comporterebbe un samurai senza più padrone in un mondo post-apocalittico? A questa domanda risponde l’arte e l’estro del mangaka Tetsuya Saruwatar che dopo Tough, torna in Italia con una nuova mini serie seinen in due volumi edita dalla J-Pop dal titolo Runin: the Ronin in the Ruined city.
Runin: the Ronin in the Ruined city – trama
L’umanità ha ignorato il grido di dolore della terra e il risultato è stato un devastante terremoto e l’avvento di un misterioso virus che ha messo la popolazione in ginocchio. Mentre il denaro è diventato inutile carta, le persone si sono dedicate alla guerra e alla violenza per poter sopravvivere e la guerra nucleare è stata l’inevitabile conclusione della fine della civiltà. La nostra storia inizia a Manhattan, ormai ridotta a un cumulo di macerie in cui assassini e ladri vagano a piede libero seguendo l’ideale della legge del più forte. Takeru, uno degli ultimi sopravvissuti della razza giapponese, si allena assieme al suo maestro per diventare un vero samurai che possa portare pace e giustizia ai suoi amici e alla sua famiglia.
Runin: the Ronin in the Ruined city si presenta, almeno all’inizio, con una struttura narrativa abbastanza classica per il filone del post-apocalittico, con rivolte, virus, terremoti e radiazioni che hanno cambiato il mondo e cattivi sempre più cattivi (e sempre più grossi) che si susseguono uno dopo l’altro per minacciare i più deboli per poi finire inevitabilmente (e letteralmente) fatti a pezzi dall’eroe di turno.
Uno schema narrativo che ha sicuramente tanti padri nobili, a partire da Hokuto No Ken (Kenshiro), ma che poteva correre il rischio di rendere fin troppo scontata e banale il racconto.
Il maestro e l’allievo
Ma Runin è anche e sopratutto la storia di Takeru e del suo maestro Gamon, gli ultimi giapponesi, gli ultimi samurai in un mondo ormai alla deriva. Ed è la scoperta di questo rapporto quasi filiale, fatto di mille sfaccettature e tante contraddizioni, uno degli elementi che riesce ancora ad incuriosire e stupire il lettore.
Da una parte il samurai senza più padrone Gamon, reliquia di un mondo di nobili valori ormai rilegato al passato, che decide di prendersi cura di Takeru. Dall’altra parte il giovane Takeru appunto, orfano cresciuto dal severo e saggio Ronin, intenzionato a seguire anche lui la via della spada per difendere i più deboli e tramandare gli insegnamenti del maestro, ma che si troverà presto schiacciato da un destino più grande di lui, legato alle sue origini, e che dovrà scegliere se abbracciare o no.
La via della spada
La possibilità di scegliere tra bene e male, tra giusto e sbagliato e poi l’altro elemento che fa da sfondo a Runin, condizionando il futuro tanto dei singoli quanto dei popoli o dell’intero pianeta. La scelta di ignorare i segnali che la Natura dava all’umanità, il guardare a vecchi rancori sociali e razziali invece che unirsi per affrontare il futuro, l’approfittarsi dei deboli invece che difenderli sono tratti che, seppure appena accennati, caratterizzano lo scorcio di società che Tetsuya ci vuole raccontare e di come la morale di due samurai possa salvarla.
Tutto questo viene poi portato in vita coi disegni dello stesso Tetsuya che ben descrivono il mondo di Runin continuamente sospeso tra un passato ormai perduto e un futuro dagli esiti incerti. Dove la componente grafica raggiunge il suo apice è sicuramente nelle scene dei combattimenti con le katane, sempre ben fatti, fluide nel rendere i rapidi movimenti dei combattenti e splatter al punto giusto (stiamo pur sempre in un’ambientazione post-apocalittico).
In conclusione, Runin: the Ronin in the Ruined city è una miniserie senza troppe pretese e abbastanza ben fatta, che racconta con efficacia la sua storia ben mischiando elementi classici della narrativa post-apocalittica con spunti originali.
Se dunque vi piace il genere e volete confrontarvi colla via della spada, Runin fa a caso vostro.