Sab 27 Luglio, 2024

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Rikudo, J-Pop ci porta nel mondo della boxe – Recensione

JPop porta in italia Rikudo, un manga tosto, dove la boxe è l’unico viatico di redenzione

Riku Azami (protagonista di Rikudo) è un bambino sfortunato, padre suicida e madre tossicodipendente che per una dose non disdegna di prostituirsi. Rimasto orfano del padre, colluso con la mafia giapponese, si trasferisce con la madre e il suo protettore.

Il compagno/protettore della madre è un delinquente di bassa leva che maltratta e picchia la donna, Riku in preda ad uno scatto d’ira scaglia un jab violentissimo che stende il malvivente prima di finirlo a colpi di posacenere.

In seguito all’accaduto Riku viene tolto alla madre dai servizi sociali e mandato in orfanotrofio. Qui assiste all’ennesima tragedia, impotente, chiede a Kyosuke (scagnozzo della Yakuza che incontriamo all’inizio della storia) di insegnargli la Boxe, così che possa da solo difendere le persone a lui care.

Quando si parla di manga ispirati al mondo della boxe il primo pensiero va ovviamente a Rocky Joe e Rikudo ricalca in parte la storia del ben più noto manga, il protagonista che si fa largo nelle difficoltà della vita temprando il suo carattere, un talento immenso sopito che aspetta di essere risvegliato, la figura fondamentale di chi lo allena.

Detto questo Rikudo non è una “fotocopia” di Rocky Joe, ha delle parti molto più scure e violente, già dalla prime pagine il tratto marcato dei disegni ci catapulta in un manga “tetro”, sul ring ci sale un personaggio oscuro, che porta alla luce la parte più buia della boxe.

Scene crude come quella di inizio primo capitolo (non vi faccio spoiler) potranno infastidire in molti, ma è lo specchio di questa opera.

L’autore Toshimitsu Matsubara non si sofferma più di tanto sui combattimenti in questo primo numero, ma sicuramente nei numeri successivi tutto fai intendere a epici scontri. Come accennato sopra i disegni sono rabbiosi, rabbia che raggiunge il suo culmine durante i combattimenti, una scelta grafica precisa per esaltare un forte realismo.

Il primo numero ci ha convinto, ci spinge ad attendere il secondo numero con trepidazione e il mio giudizio non può che altro essere: promosso!

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