Lo scorso anno, gli astronomi hanno identificato il primo asteroide interstellare conosciuto, battezzandolo Oumuamua. Nuove ricerche suggeriscono che questi esotici viaggiatori spaziali siano più numerosi di quanto pensiamo, un’osservazione che rilancia la teoria della panspermia, l’idea che la vita sulla Terra sia arrivata a bordo di un asteroide. Allo stesso modo, questa scoperta cambia anche il modo con cui ci prepariamo ad affrontare la ricerca di nuove forme di vita tra le stelle.
Oumuamua (che significa messaggero da luoghi lontani che arriva per primo) ha sicuramente colto di sorpresa gli astronomi con la sua comparsa lo scorso novembre, ma gli studiosi non hanno perso certo tempo nell’iniziare a studiare l’oggetto. Al momento, le ricerche sono dirette alla scoperta della sua provenienza e della composizione dell’oggetto, con la speranza che possa darci nuove informazioni su come si formino i pianeti e come possa presentarsi un lontano sistema solare.
Gli scienziati più fantasiosi hanno considerato Oumuamua come un’astronave aliena o una sorta di sonda aliena, ma queste ipotesi paiono un po’ troppo fantasiose. Con la sua comparsa, Oumuama ha messo in discussione anche le nostra conoscenze attuali su quanto siano diffusi simili oggetti, nella Via Lattea e anche nel nostro più ristretto Sistema Solare.
Oumuamua, l’asteroide interstellare che riapre alla possibilità della panspermia!
Nuovi studi di Manasavi Lingam, dell’Harvard Institute of Theory and computation, e Abraham Loeb, ricercatore dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, suggeriscono che il nostro Sistema Solare sia come una rete da pesca per simili corpi spaziali, capace di catturare simili oggetti con sorprendente frequenza.
Il loro nuovo studio a rigurado, attualmente in lizza per una pubblicazione su The Astrophysical Journal, suggerisce che potrebbero esserci all’incirca settemila asteroidi interstellari attualmente in transito nel Sistema Solare. Magari qualcuno incrocerà la Tesla Roadster lanciata da Musk con il suo Falcon Heavy, chi può dirlo?
Lingam e Loeb hanno usato un modello computerizzato per calcolare la frequenza con cui il nostro Sistema Solare può catturare simili oggetti, usando come parametri l’attrazione gravitazionale del Sole e di Giove come fossero una metaforica rete da pesca, in un sistema come interazione a tre corpi. Lo stesso studio è stato applicato ad altri sistemi stellari, come le stelle binarie di Alpha Centauri A e B, per paragonare i risultati e farsi un’idea di come funzioni questo processo.
Questa schema suggerisce che migliaia di altri Oumuamua siano all’interno del Sistema Solare in qualunque momento, alcuni anche delle dimensioni di diversi chilometri. Particolarmente interessante è l’applicazione di questa teoria all’ipotesi di impatti con il nostro pianeta. In caso di impatto, infatti, potrebbero esser stati rilasciati sulla superficie eventuali materiali come RNA o DNA, o più semplicemente prerequisiti biochimici per innescare il processo che avrebbe portato alla nascita della vita.
Gli scienziati non sono, onestamente, ancora del tutto sicuro che questi ‘semi’ possano sopravvivere al rigore dello spazio, di un rientro nell’atmosfera e alla conseguente collisione, ma i materiali biologici appaiono come estremamente coriacei, come dimostrato in recenti studi che potete leggere qui e qui.
Lo studio dei due scienziati, infatti, apre alla possibilità che ben 400 oggetti dal raggio di 100 metri, e fino a 10 con un dimensione di circa un chilometro, potrebbero aver colpito il nostro pianeta prima dell’abiogenesi, ovvero il momento della comparsa della vita sul pianeta, aderendo allo schema della panspermia.
“Quindi si può esser più aperti verso la possibilità che la vita sulla Terra sia arrivata tramite la litopanspermia” concludono gli autori nel loro studio. La ‘semina’ della vita sulla Terra potrebbe esser avvenuta in due modi: tramite impatto diretto con la superfici, o per glaciopanspermia, ossia quando un asteroide colpisce un altro pianeta o planetoide (come Ceres) e viene quindi spinto poi sulla Terra.
“Il seme della vita può esser preservato con mezzi di riparo, come l’esser sepolto in profondità nella roccia o nel ghiaccio. Ci sono stati diversi studi di laboratorio che suggeriscono che la panspermia interplanetaria, anche su una scala di 10 milioni di anni, sia possibile, e che quindi la panspermia interstellare, che può richiedere milioni di anni, sia altrettanto attuabile”
A questo, si unisce una nuova spinta nella ricerca di forma di vita extraterrestre. Oltre ad usare le attuali apparecchiature e i telescopi come fanno finora, Lingam e Loeb ipotizzando che potremmo anche studiare gli oggetti interstellari catturati dal nostro Sistema Solare.
“La presenza di migliaia di oggetti interstellari significa che esiste una nuova direzione da seguire per esplorare oggetti oltre il nostro Sistema Solare”. I primi due sono i telescopi per studiare pianeti lontani e l’invio di sonde interstellari. E visto come ancora vecchie sonde come la Voyager siano in funzione, possiamo sperare bene per queste esplorazioni.
Questa terza strada ipotizzata da Lingam è alla nostra portata amche da un punto di vista tecnologico. Rilevare ed esplorare asteroide interstellari nel nostro sistema sarebbe il primo passo prima di muoverci verso la Nube di Oort, anche costruendo delle vele solari. Tutto sta nel riuscire ad identificare quali siano gli oggetti provenienti dallo spazio esterno
“La situazione è simile a una cena di famiglia. Ti siedi per cena, ti guardi attorno al tavolo e pensi che siano tutti membri della famiglia. Ma ogni tanto ti accorgi che c’è un ospite che non fa parte della famiglia. A quel punto puoi scoprire qualcosa sul mondo esterno esaminando quella persona”
Secondo Lingman una discriminante per identificare altri emuli di Oumuamua sarebbe rilevare il rapporto di isotopi di ossegeno nel vapore acqueo che genera la coda della cometa, possibile grazie ad una spettografia ad alta risoluzione.
“Dopo aver indentificato un oggetto interstellare intrappolato, potremmo lanciare una sonda che analizzerebbe la superficie in cerca di vita primitiva o artefatti di un civiltà tecnologicamente avanzata“
Nonostante il fascino di una simile ricerca, dobbiamo riconoscere che conosciamo ancora pochissimo delle vastità dello spazio. I ricercatori stanno usando modelli che possano dare una stima di certi valori, mentre gli scienziati sono ancora agli albori della scoperta di questi oggetti.
Inoltre, non sappiamo se la teoria della panspermia sia attuabile, o se sia un procedimento che possa funzionare. Radiazioni intense nello spazio potrebbero anche eliminare qualsiasi traccia di RNA/DNA su un asteroide in viaggio nello spazio, distruggendo qualunque possibilità di portare la vita nella galassia. Senza dimenticare che al momento non possiamo nemmeno escludere che la vita possa esser proprio nata sulla Terra.
Oumuamua ha sicuramente stuzzicato la curiosità degli studiosi, ma è ancora prematuro considerarci figli di un lontano pianeta.