Sab 26 Aprile, 2025

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Le ali della strige: avventura solitaria per Dragonero – Recensione

Dopo aver lasciato il nostro Ian ad affrontare il pericolo degli Abomini in Prigioniero delle Ombre, la seconda parte della trilogia estiva di Dragonero, possiamo ingannare l’attesa per il capitolo finale con Le ali della strige, sesto Speciale del nostro scout preferito. La tradizione estiva degli Speciali, sino ad oggi, ci ha regalati storie intense e capaci di mostrarci aspetti diversi dell’Erondar.

In Le ali della strige Ian si trova ad affrontare una missione solitaria dall’esito inatteso

Le ali della strige, scritto da Luca Enoch, rientra in pieno in questo spirito. Per uno speciale estivo, capace di staccarsi per un attimo dalla serrata continuity di Dragonero, quest’avventura solitaria di Ian è un racconto che mescolano con particolare delicatezza avventura ed emozioni. Ancora una volta Enoch mostra di avere una mano fortunata nel tratteggiare, sai come disegnatore che come scrittore, figure femminili intense e magnetiche. La complessità, in questo caso, consiste nell’inserire questa sua capacità intrecciandola con la dimensione del mostro, del nemico.

Quando in un villaggio viene recuperato il cadavere di un giovane con il corpo ricoperte di piume, gli abitanti non sanno chi sia il misterioso essere, sino a quando non viene scoperto, grazie alla memoria della levatrice del paese, che questo sfortunato essere era in realtà un bambino scomparso anni addietro. La rivelazione sconvolge la vita dei cittadini, membri di una comunità che in passato ha subito la piaga di rapimenti di bambini, una ferita ancora aperta per molte famiglie.

Il medico del paese decide di chiedere aiuto per risolvere questo mistero, e il caso vuole che incroci la strada di Ian, Gmor e Sera. Pur di non interrompere la missione in cui sono impegnati, Ian decide di svolgere una rapida indagine in solitaria, dopo l’insistenza dell’ufficiale sanitario del villaggio. Questa decisione sarà il primo passo per un’avventura particolare per Ian.

Le ali della strige ha il merito di essere al contempo una storia facilmente godibile come lettura fantasy a sé stante, che parte del più ampio mosaico dell’Erondar. Per quanto sia possibile inserire, con una certa abilità, storie slegate dalla continuity delle saga di Dragonero, è sempre piacevole ritrovare elementi narrativi che ci riconfermino quella sensazione di familiarità con il contesto più ampio della storia di Ian.

Che si tratti della pressione sociale di una famiglia benestante mai rassegnata alla perdita, divenuta un’occasione di scalata sociale, o la presenza di una vecchia conoscenza che sta facendosi vedere sempre più spesso ultimamente, questi piccoli agganci alla tradizione del personaggio sono accortezze autoriali che rendono la storia ancora più accogliente, familiare.

E Le ali della strige ha bisogno di questi elementi, perché concorrono a rinforzare una caratteristica essenziale dell’albo: l’emotività. Enoch costruisce la prima parte de Le ali della strige portandoci a temere questa figura mitologica, portandoci a identificarla come il nemico, mossa solo da oscuri e violenti intenti. Come spesso accade nelle storie di Dragonero, questa costruzione emotiva tra autore, personaggio e lettore è un gioco sottile che prepara emotivamente ad una rivelazione inattesa.

Passando per i dolorosi ricordi, appena accennati, di Ian sui tempi della sua militanza nei Senzanima, sfiorando la straziante sofferenza di una famiglia ancora attaccata ad una speranza, Enoch ci convince della pericolosità e della perfidia della Strige, odiosa rapitrice di bambini. Quando lentamente emerge la realtà, la figura di questa creatura perde quell’aura di malvagità con cui la identificavamo, divenendo un personaggio malinconico e che suscita più compassione che odio.

Vedendo il modo in cui Enoch crea questo ribaltamento di percezione del personaggio, ho simpatizzato per la creatura, comprendendo il motivo delle sue azioni. Nella sua visione ferina del mondo, la Strige agisce come le suggerisce la sua natura, non per perfidia, ma per necessità, come istintiva risposta ad una solitudine che la opprime. La delicatezza con cui viene presentato il vissuto e le fatiche della Strige sono uno dei motivi per cui Enoch è uno dei migliori narratori del nostro fumetto: ribaltare un preconcetto instillato e rafforzato nel lettore per metà albo con un lenta, ma inesorabile opera di caratterizzazione di un animo in pena e in cerca, ironicamente, degli stessi bisogni umani che muovono i personaggi.

 

L’epilogo inatteso, dopo un’accesa battaglia, è divertente e romantico, anche nella sua forza. Enoch scioglie la tensione della storia con ironia, dando ad Ian un’avventura dal finale decisamente insolito, che dubito racconterà ai suoi compagni di viaggio.

Le ali della Strige, oltre a poter contare sulla storia di Enoch, convince grazie ad una formazione artistica di spessore.

Difficile non rimanere stupiti dall’arte di Nicola Mari in copertina. Disegnatore storico di casa Bonelli, Mari fa sua la parte più violenta della storia, anticipando una certa tensione all’interno dell’albo. La Strige ritratta sull’albero al centro del disegno sembra pronta a spiccare il volo per attaccare un ignaro Ian. Tavola carica di tensione, muscolare, perfetta.-

La storia interna è affidata ai disegni di Emanuele Gizzi. Per quanto il suo lavoro sia convincente in tutto l’albo, ho adorato il modo in cui Gizzi riesce a mostrare le emozioni della Strige con primi piani intensi e una vitalità animalesca perfetta. La tavola dell’urlo disperato della Strige è di una potenza incredibile, una capacità espressiva che viene ribadita nelle espressioni di sorprendente tenerezza della creatura sul finire dell’albo. Da premiare la delicatezza e il rispetto con cui Gizzi ritrae la nudità della Strige, riuscendo a mostrarne la sensualità animalesca senza mai scivolare nella becera volgarità.

Piky Hamilton ribadisce la sensibilità di questa storia con una colorazione d’effetto. Brava nel giocare con le ombre e i contrasti, la Hamilton giostra bene il difficile compito di colorare una creatura complessa come la Strige.

Non potevano certo mancare due pilastri della serie come Luca Barbieri e Marina Sanfelice. Se il primo, da buon curatore, ci introduce alla storia con un precisa lezione sulle strigi, alla seconda spetta come da tradizione il compito di fumettare le tavole, e son sicuro che si sia divertita nel letterare i fumetti dei piccoli protagonisti, con il loro particolare linguaggio.

Dopo questa avventura, Ian ci aspetta in edicola ad agosto con il capitolo finale della sua trilogia estiva

E ricordate: diverso è il passo, uguale il cuore.