Il debutto su Netflix avvenuto lo scorso 5 gennaio di Devilman Crybaby, serie TV animata diretta da Masaaki Yuasa e Ichirō Ōkouchi, era uno degli eventi più attesi di questo 2018, frutto dell’instancabile e continuo impegno da parte del colosso dello streaming nel puntare forte sul settore anime.
Si tratta dell’adattamento dell’omonimo manga di Go Nagai, l’opera più celebre del maestro, così intensa, crudele e violenta da rappresentare una pietra miliare della cultura pop giapponese e mondiale, generosa ispiratrice e propedeutico apripista di numerose opere successive che hanno brillato anche della luce riflessa di quella supernova che è stata Devilman negli anni ’70.
La serie TV Netflix, senza nessun timore reverenziale verso il masterpiece di Go Nagai, riprende le tematiche del manga originale e le attualizza, adagiandole sulle asprezze e gli eccessi della società moderna, tanto aperta ad un mondo fittizio dominato da social e smartphone, quanto nichilistica ed insofferente; una società che trasuda così tanta rabbia e cattiveria, da rendere quasi naturale ed ovvia una sorta di esaltazione del male, nell’eterno conflitto duale tra luce e tenebre, che appare quasi come un’accettazione incondizionata e fraudolenta della via oscura.
La storia, segue le vicende di Akira Fudo, giovane studente giapponese timido e generoso che improvvisamente, dopo aver rincontrato l’amico d’infanzia Ryo Asuka, verrà coinvolto in uno spietato e crudele conflitto contro i demoni, esseri mostruosi più antichi della stessa razza umana che stanno per risvegliarsi e sono intenzionati a riconquistare la Terra annientando l’umanità.
Ryo, un giovane professore con in mente un piano che sembra seguire più i suoi istinti che la ragione stessa, crede che l’unico modo per opporsi a questa invasione si quella di combattere i demoni con le loro stesse armi: i loro corpi dotati di forza eccezionale ed i loro immensi poteri.
Per fare ciò Akira, ma soprattutto il suo grande e generoso cuore, dovrà fondersi con Amon, il più potente dei demoni e diventare un Devilman, in maniera tale che la brutalità e la feroce potenza della creatura, possano essere controllate dalla purezza d’animo del giovane, senza che l’empia, immonda e sanguinaria entità possa prendere il sopravvento su Akira e la sua morale.
La trama, quindi, per coloro che già conoscono l’opera di Go Nagai, segue quasi fedelmente il manga del 1972 attualizzandone, come detto in precedenza, i concetti cardine che si “aggiornano” prendendo forza e vigore da una società spersonalizzata ed incapace di mostrare il suo lato commiserevole ed empatico, favorendo invece continui isolamenti e frenetici tentativi di predominio reciproco.
Se però, negli anni 70, il lato oscuro dell’uomo, capace delle bassezze più infime per poter prevalere sul proprio simile, veniva evidenziato in maniera palese per via del contrasto con una certa cultura che, a pochissimi decenni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, conservava ancora dei valori e anche il timore di rivivere quei periodi bui, Devilman Crybaby trova quasi naturale e confortevole il nichilismo moderno e la serie TV, pur nella sua devastante crudezza, è meno sconvolgente di come dovrebbe essere.
Crybaby accentua ed estremizza tutto il substrato che nutre la ferocia del conflitto tra bene e male, spalmando sangue, sudore ed altri liquidi sui disagi umani e i suoi eccessi, facendo ricorso a scene esplicite senza censura e senza paura, pornografia, omicidi a sangue freddo, vizi, dipendenze dalle droghe, voluttuosità oscene e tutto ciò che avvicina l’uomo in maniera istintiva al suo lato bestiale, insensato, inumano e malvagio.
Il pericolo dell’attacco dei demoni è solo un pretesto affinché l’umanità si possa riflettere nello specchio, incapace di riconoscere sé stessa quando, in situazioni critiche, perde ogni freno e controllo e l’isteria collettiva porta alla sconfitta della logica, della ragione, della morale e di ogni senso di pietà.
Dal gruppo di rapper che “cantano” il proprio disagio, alle sfide sportive sulla pista d’atletica, ai set fotografici usati come esche libidinose per l’ego di ragazze vuote ma purtroppo indifese, fino alle liceali che si accorgono di Akira e sbavano per lui solo quando questi si fonde con il demone, mentre quando era un “normale” ragazzo sembrava evitato da tutti, ci troviamo di fronte ad una serie di microcosmi intolleranti l’uno verso gli altri, in un frazionamento che rende tutti più deboli lasciando l’illusione della particolarità che è solo la maschera di un’omologazione che indebolisce e annienta l’humana pietas.
Queste pericolose derive morali, questo appiattimento e la strisciante celata dissolutezza, vengono rappresentati con fedeltà dai disegni e dalle animazioni che, rispetto al manga originale e gli OAV che l’hanno seguito (non includiamo in quest’elenco l’anime che conosciamo molto bene noi italiani), appaiono semplici e senza profondità, cosa che potrà spiazzare i puristi ed i fan storici di Devilman.
Proprio la semplicità e la “freschezza giovanile” del character design di Kiyotaka Oshiyama e delle animazioni dello Studio Science SARU, contrastano con le scene crude e violente, avvicinando l’opera di Go Nagai ad un nuovo pubblico anzi, sembra quasi che questo adattamento sia scaturito proprio per ricercare nuovi “adepti” di Devilman, tanto che questa serie TV può benissimo essere il punto di partenza per un viaggio a ritroso alla scoperta di ciò che è stato.
Per i nostalgici probabilmente la perdita di forza espressiva e di corposità dei disegni potrebbe far storcere il naso.
Si tratta di uno stile che può piacere o no, non si presta a mezze misure, anche se le tinte psichedeliche di alcune scene, la colorazione ocra del sangue dei demoni (in netto contrasto con quello umano quasi a sottolineare una sorta di putrescenza corporea), sono aspetti che potrebbero mitigare qualche piccola delusione dei fan storici.
Anche la deformazione e l’empio slanciamento dei corpi di tutti coloro che vengono posseduti dai demoni, che strizza non poco l’occhio al manga originale, è un aspetto che sottolinea la volontà (non sempre rispettata) di riproporre l’opera del 1972 in maniera nuda e cruda, con un finale che, inaspettatamente e con scioccante violenza, colpisce come un pugno in pieno stomaco!
Il comparto sonoro, le musiche in particolare, ed il doppiaggio, sono il vero punto di forza di questa serie TV Netflix che regala dialoghi profondi e ottime interpretazioni che ben si coniugano con la personalità dei vari protagonisti.
Certo, Devilman Crybaby forse difetta proprio sul peso specifico del suo significato più profondo, evidenziato sì nel corso dei dieci episodi, ma che fatica ad emergere nel vortice della dannazione ed intangibilità morale della rappresentazione, accurata, dell’umanità del terzo millennio.
Sia che siate dei fan nostalgici, sia se Devilman Crybaby è il vostro primo approccio con questa saga, lo show Netflix regala comunque le giuste motivazioni per ravvivare o approfondire la conoscenza di un’opera che riveste una notevole importanza per la cultura pop.