A pochi giorni di distanza dall’uscita in edicola, ecco arrivare la recensione de Deadwood Dick: Il piombo e la carne, quarto volumetto di Deadwood Dick, fumetto edito dalla Sergio Bonelli Editore sotto la nuova etichetta Audace. L’albo chiude la storia doppia iniziata il mese scorso con Fra il Texas e l’inferno e il team artistico è, ovviamente, sempre lo stesso con Maurizio Colombo alla sceneggiatura e Pasquale Frisenda ai disegni. Il soggetto è, ovviamente, dello scrittore americano Joe R. Lansdale, uno dei più apprezzati autori statunitensi viventi.
Deadwood Dick: Il piombo e la carne sfodera una serie impressionante di sparatorie!
Come abbiamo già avuto modo di dire nelle scorse recensioni, Deadwood Dick racconta la storia romanzata di Nat Love, un cowboy afroamericano realmente esistito alla fine dell’800, ovviamente con il gusto e lo stile tipici Lansdale, che lo ha reso protagonista di vari racconti e di un romanzo, Paradise Sky, uscito per Einaudi nel 2017.
Caratteristica dell’etichetta Audace è quella di presentare il consueto fumetto Bonelli in un’ottica del tutto nuova: più volgarità, più spargimenti di sangue, più sesso e un approccio diverso sul piano narrativo. Il formato è più grande del normale, il che permette di gustare meglio i disegni, e la consueta griglia bonelliana è quasi del tutto assente, lasciando al disegnatore la possibilità di interpretare più o meno liberamente lo spazio a disposizione. E queste caratteristiche sono perfettamente inserite in Deadwood Dick: Il piombo e la carne.
Nell’albo precedente avevamo visto Dick arrivare nella cittadina di Hide And Horns per seppellire il corpo di Cramp, un altro nero come lui incontrato per caso. Purtroppo le cose non sono facili e ben presto Dick capisce di essere finito dalla padella nella brace.
Maurizio Colombo ha predisposto tutte le tessere del mosaico e ora è pronto a fare esplodere tutto quanto.
E, in effetti, era da parecchio tempo che non si vedeva una simile quantità di morti ammazzati in un fumetto Bonelli. Di piombo e di carne ce n’è parecchia nelle 64 pagine di Deadwood Dick: Il piombo e la carne, tutte godibilissime. Riprendendo la lezione del maestro Quentin Tarantino (la lunga mattanza centrale ricorda molto quella vista in Django Unchained o, per tornare ancora più indietro, alla fine del primo, mastodontico capitolo di Kill Bill), Colombo imbastisce una narrazione tutta incentrata sul regolamento di conti tra Dick e gli abitanti di una cittadina del profondo Texas, persone che erano solite uccidere i neri per divertimento e che hanno indossato la divisa sudista durante la guerra civile americana.
Giustiziere più per caso che per vocazione, idealista pur essendo disincantato, Dick fa piazza pulita dei razzisti che abitano la cittadina e salva donne e bambini dalla furia omicida degli esseri umani.
Congratulazioni a Maurizio Colombo, sceneggiatore finalmente ritrovato che da tanti, troppi anni scrive con il contagocce. Ci piacerebbe ritrovarlo molto più spesso sulle pagine del fumetto nostrano, ma se per fare delle uscite di qualità ha bisogno di attendere l’occasione giusta, noi attenderemo con lui. Con questo albo Colombo fa un centro perfetto a testimonianza che non ha minimamente perso la mano nonostante il tempo trascorso.
Pasquale Frisenda si conferma uno dei migliori disegnatori viventi. Purtroppo la sua prova risulta inficiata da un risultato di stampa non proprio ottimale (per usare un eufemismo) e il suo tratto abituale risulta appesantito, carico anche dove non ce ne sarebbe bisogno, stesso problema riscontrato nel volume precedente. La maestria di un autore, però, si vede anche in queste occasioni, quando il talento riesce ad aggirare anche errori di lavorazione, mantenendo comunque tutta la propria carica emotiva.
Deadwood Dick: Il piombo e la carne chiude in modo avvincente il secondo arco narrativo delle avventure di Nat Love
Peccato, ma questo non è sufficiente a giudicare negativamente la sua prova, anzi. I disegni sono bellissimi nonostante la stampa e questo la dice lunga sul loro valore. La sua rappresentazione del degrado e dei bassifondi di Hide And Horns è così vivida che il putridume sembra uscire dalle pagine al punto che viene l’istinto di andarsi a lavare le mani dopo aver tenuto in mano l’albo. La commistione di realistico e grottesco è perfetto per questo tipo di racconto e nel corso del volume trova più volte occasione di esaltarsi, specialmente nella lunga e spettacolare sequenza della battaglia cittadina, vero climax della vicenda.
Si conclude così, con il quarto volume, il secondo racconto dedicato a Nat Love. Il primo, originariamente contenuto negli albi Nero come la notte e Rosso come il sangue, è già uscito in libreria in un’elegante edizione cartonata e non c’è dubbio che questo lo seguirà a breve. Speriamo che in quest’occasione il difetto di stampa venga corretto in modo da poter godere appieno del lavoro di Pasquale Frisenda.
Il terzo e ultimo racconto, Black Hat Jack, sarà diviso addirittura in tre parti, un piccolo romanzo firmato da due nomi di punta del fumetto italiano: Mauro Boselli e Stefano Andreucci, coppia d’oro prima su Zagor, poi su Dampyr e infine su Tex, dove hanno realizzato il mastodontico Texone Il magnifico fuorilegge uscito nel 2017.
Da questi due nomi, esattamente come da quelli che li hanno preceduti, ci sarà da aspettarsi un lavoro di altissimo livello, come di altissimo livello è questa nuova serie che ha portato una notevole ventata di aria fresca all’interno del fumetto. Che si tratti di un semplice fuoco di paglia o dell’inizio di qualcosa di nuovo lo sapremo solo fra qualche anno (ma i presupposti sembrano incoraggianti), per ora accontentiamoci di avere questi albi nelle nostre mani.