Danguard: 40 anni fa debuttava il primo anime trasmesso da una TV privata italiana

Danguard

Il 1978 rappresenta l’anno zero dell’animazione giapponese in Italia dato che, prima Heidi il 7 febbraio e poi UFO Robot Goldrake il 4 aprile, fecero conoscere al pubblico del Bel Paese, in particolar modo ai bambini e ai ragazzini nati negli anni 70, un nuovo magico mondo proveniente dal Sol Levante con protagonisti che diverranno, da lì a pochi anni, miti indiscussi di un’intera generazione.

40 anni fa, nel 1978, debuttava Danguard il primo anime ad essere trasmesso su una rete televisiva privata italiana, e unica serie di genere mecha creata da Leiji Matsumoto

Nello stesso anno di questi due mostri sacri dell’animazione made in Japan, in un giorno che purtroppo non sono riuscito a stabilire, debuttò Danguard (Wakusei Robo Danguard Ace), primo anime ad essere trasmesso su una rete televisiva privata, e unica serie di genere mecha creata da Leiji Matsumoto, autore di Capitan Harlock, Corazzata Spaziale Yamato (Star Blazers) e Galaxy Express 999, che proprio quest’anno ho avuto la fortuna di incontrare a Lucca nel corso di un incontro con la stampa. Accanto a Matsumoto, nella realizzazione dell’anime, troviamo anche Dan Kobayashi, già autore di Balatack e Gaiking.

Il robot con i labbroni, caratteristica originale che all’epoca “faceva un po’ strano”, è protagonista di una serie televisiva di 56 puntate, prodotta dalla Toei Animatione e mandata in onda in Giappone nel 1977, che affronta tematiche originali prima fra tutte il fatto che in questo caso il nemico non è rappresentato da alieni invasori o altre creature desiderose di conquistare la Terra, ma è impersonato da un malvagio scienziato.

Danguard, alla volta del Decimo Pianeta

La storia di Danguard narra di un futuro in cui la Terra è un pianeta morente, ormai privato di tutte le sue risorse dall’attività umana, con gli scienziati più illutstri che, dopo l’individuazione di un nuovo pianeta del Sistema Solare, hanno messo a punto il cosiddetto Progetto Prometo volto a colonizzare questo Decimo Pianeta battezzato, per l’appunto, Prometeo e garantire un futuro all’umanità.

Ma Prometeo è oggetto dell’attenzione anche de malvagio scienziato Doppler, capo di una ricca e potente organizzazione paramilitare che, dopo aver fatto fallire l’invio delle prime sonde spaziali sul pianeta, pilotate da esperti astronauti, mira a conquistarlo personalmente per farlo diventare la patria di una nuova razza di eletti da lui capeggiata.

Sotto la guida del dottor Galax (Oedo) gli scienziati giapponesi costruiscono il Satellizzatore, ovvero il Danguard, un potentissimo e immenso mezzo trasformabile che è il solo capace di contrastare i temibili Mechasatan, le gigantesche macchine da guerra di Doppler.

Aspirante pilota del Danguard è Arin (Takuma Ichimonji), giovane irrequieto desideroso di recuperare l’onore suo e di suo padre defunto, accusato di essere il sabotatore, al soldo di Doppler, della prima missione di colonizzazione.

Conflitti interiori e voglia di rivalsa

Proprio in Arin la serie di Matsumoto trova il centro di gravità di una narrazione che, più che parlare di mecha, parla di umanità, sogni e conflitti interiori, con il giovane pilota in perenne contrapposizione al Capitano Dan, un misterioso individuo con una maschera di ferro, fuggito dalla base di Doppler, che diventa l’istruttore di Arin.

Tale contrapposizione si specchia in quella continua tra il Danguard e le armate di Doppler, in una perenne schermaglia su chi riuscirà a raggiungere prima il Decimo Pianeta, con lo stesso robot Danguard che entrerà in scena molto avanti, espediente che contribuisce a creare pathos e piacevole aspettativa nella serie, unito alle difficoltà di Arin nell’imparare a pilotare il robot, aspetto che permette a Matsumoto di puntare l’indice sulla fallibilità dell’essere umano ma anche sulla sua perseveranza nel perseguire i propri obiettivi a tutti i costi, cosa ribadita più volte dal sensei proprio a Lucca.

Il plot twist che porta a scoprire, successivamente, che Il Capitano Dan altri non è che Cosmos (Dantetsu Ichimonji), il padre di Arin soggiogato telepaticamente da Doppler per far fallire la prima missione verso Prometeo, poi ridotto in schiavitù e privato della memoria, dona alla serie quel senso romantico e disilluso tipico delle opere dell’autore, abile a mettere i personaggi (dall’inconfondibile character design elegante e poetico) di fronte a situazioni che ribaltano i loro preconcetti e ne minano profondamente le convinzioni, pur permettendo agli stessi protagonisti di agire sempre nella maniera più giusta e fare tesoro delle esperienze passate.

Un anime mecha in cui il robottone passa in secondo piano

Terzo anime in assoluto a sbarcare in Italia dopo Heidi e Goldrake (escludendo l’incerto Vicky il vichingo che è in realtà una coproduzione nippo-tedesca), Danguard, seppur nel suo essere poco conosciuto ai più, rappresenta una serie che si incastona alla perfezione nel firmamento della produzione anime giunta nel nostro paese e che ha influenzato la cultura legata all’animazione giapponese e non solo.

Tematiche come l’ecologia, il rispetto della natura e del pianeta Terra, la voglia di sopravvivenza del genere umano, i conflitti interiori e non dei personaggi, nonché la loro crescita personale che segue le vicende che li vede protagonisti, in una sorta di istintiva necessità di realizzare qualcosa per il bene proprio e degli altri, conferiscono a Danguard crismi di profondità emotiva e riflessiva che non sempre sono riscontrabili nelle produzioni di genere mecha.

La serie, che prima di giungere in Italia passò dagli Stati Uniti, dove fu ribattezzata Danguard Ace con successiva modifica dei nomi dei protagonisti, cosa che influenzerà anche l’adattamento Italiano (spesso causa di confusioni nel voler per forza occidentalizzare i nomi), sarà disponibile, in una nuova collection box che celebra quarant’anni di Danguard in Italia (realizzata da Yamato Video e Koch Media), a partire dal prossimo 22 novembre.

Come tantissimi anime, anche Danguard, fortunatamente, ha beneficiato di un’epica sigla italiana che ci consente di soprassedere alla modifica dei nomi dei personaggi, consapevoli più che mai che in fatto di colonne sonore, gli artisti italiani chiamati a “musicare” gli anime non sono secondi a nessuno.

Realizzata da Mario Bondi e Gianfranco Tadini, la ritmata e inconfondibile canzone “Danguard” è cantata da una giovanissima Veronica Pivetti.

Four… Three… Two… One… Zero… Light on!

Prima che mi dimentichi, se qualcuno fosse a conoscenza, con precisione, del giorno esatto del debutto di Danguard sulle TV italiane me lo faccia sapere con un commento qui sotto. Grazie.