Potremo essere in grado di osservare un wormhole entro pochi anni?

Cunicolo spazio-temporale, ponte di Einstein-Rosen, galleria gravitazionale: tanti sono i nomi dati a questo mitologico oggetto fisico da quando ne è stata teorizzata l’esistenza nel 1935. Ma da allora, nonostante quasi un secolo di studi, teorie, ipotesi (senza contare le migliaia di opere di fantascienza che hanno fatto ricorso a questo concetto) non siamo mai stati in grado di osservare un wormhole, e quindi di verificarne l’esistenza.

Forse, però, tutto questo è destinato a cambiare entro qualche anno.

Secondo un recente studio di due astrofisici, forse potremmo essere in grado di osservare un wormhole nel giro di qualche anno

Per chi non avesse chiaro il concetto dietro il ponte di Einstein-Rosen, ecco uno spezzone del film Interstellar in cui il perplesso scienziato Romilly cerca di spiegare al brillante, esperto, gagliardo astronauta Cooper, con l’ausilio di un foglio di carta, cosa sia e come sia fatto un wormhole.

Il principale ostacolo che ci potrebbe impedire di osservare un wormhole sta nel fatto che presumibilmente esso si trovi nelle immediate vicinanze di quella regione dello spazio-tempo che chiamiamo buco nero: il gigantesco aspirapolvere cosmico a cui nulla scampa, nemmeno la luce.

La svolta potrebbe arrivare, secondo questo articolo di De-Chang Dai e Dejan Stojkovic, dallo studio degli effetti gravitazionali della materia che si troverebbe dall’altro capo del wormhole.

In particolare gli autori hanno teorizzato che bisognerebbe riuscire a misurare con una certa precisione le variazioni nella velocità della stella S-2. Essa orbita attorno al buco nero supermassivo che si trova al centro della nostra galassia, Sagittarius A*.

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Se fosse possibile misurare una variazione nell’ordine di un milionesimo di metri al secondo quadrato nell’accelerazione dell’orbita di S-2, sarebbe anche possibile verificare la presenza di una certa quantità di materia celata da un wormhole all’interno del buco nero.

Allo stato tecnologico odierno, non siamo in grado di effettuare misurazioni di quella sensibilità. Ma Dai e Stojkovic hanno ipotizzato che nel giro di una decina d’anni forse saremo in grado di farlo.