Cani Sciolti: Sessantotto, le rivolte studentesche secondo Bonelli – Recensione

cani sciolti: sessantotto cover

Ormai pienamente avviata, la nuova etichetta Audace Bonelli lancia un nuovo titolo nel suo catalogo, Cani sciolti di Gianfranco Manfredi, già anticipato da un corposo volume da libreria che racchiude i primi due albi da edicola.

La recensione che presentiamo qui riguarda proprio la versione da edicola di Cani Sciolti: Sessantotto, il primo numero. I testi sono, appunto, di Manfredi e ai disegni abbiamo Luca Casalanguida.

Cani Sciolti: Sessantotto è il primo albo della nuova serie bonelliana, pubblicata sotto l’etichetta Audace

Audace non significa solo parolacce e sangue a fiumi (per quello c’è Deadwood Dick, peraltro recensito su queste pagine), significa anche trattare argomenti scomodi, lontani anche dalla tradizione bonelliana e questo Cani sciolti si inserisce proprio in questo filone.

cani sciolti: sessantotto copertina

Cani Sciolti: Sessantotto ha un titolo esemplificativo: Sessantotto, come l’anno nel quale iniziano le vicende di un gruppo di amici di Milano, i quali, secondo quanto annunciato da Manfredi, vedremo crescere nel corso degli albi fino ad arrivare alla fine degli anni ’80.

Sinossi di Cani Sciolti: Sessantotto

Marzo 1968, un gruppo di studenti universitari si trova e si conosce all’interno di un’università occupata. Stringono amicizia e si ritrovano coinvolti nelle contestazioni di quel periodo fatte di cortei e di cariche della polizia. Sono pieni di vita, speranze, illusioni, disillusioni e contraddizioni.

Ognuno molto diverso dall’altro, sono tutti accomunati da un forte desiderio di cambiamento: Paolo, il più enigmatico di tutti, Lina, giovane ragazza dallo sguardo disincantato, Deb, idealista, Turi, scatenato e cinico motociclista, Milo, in un rapporto conflittuale con la madre e Margherita, proveniente da una famiglia ricchissima. Attraverso le loro (dis)avventure, si assisterà all’evoluzione dei vent’anni che hanno lasciato un segno indelebile nella storia d’Italia.

cani sciolti: sessantotto 1

Sgombriamo subito il campo da equivoci: Cani sciolti è un fumetto politico?

Sì, nel senso che è un racconto scritto da un autore che, in quanto tale, ha delle idee politiche come tutti e che non vive fuori dal mondo. Ne consegue che qualunque opera di qualunque tipo abbia una valenza politica, persino un film di supereroi ce l’ha. Permettetemi però di avere una pessima opinione di chi non legge, o legge e poi giudica negativamente, i libri o i fumetti in base alle opinioni politiche degli autori.

Ciononostante, Cani sciolti: Sessantotto non è un fumetto che fa propaganda spicciola, anzi, tutto il contrario. Manfredi, che quegli eventi li ha vissuti in prima persona, realizza un ritratto spaccato della gioventù italiana nata dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, una gioventù che, per la prima volta, si è autodefinita facendo sentire la propria voce. Rendiamoci conto che fino a quel momento i giovani erano degli adulti in miniatura e come tali venivano considerati, almeno da una certa età in poi. L’occhio di Manfredi è spietato nel mostrare tutte le contraddizioni, le stratificazioni e le complessità di un movimento, quello del Sessantotto, molto lontano dagli stereotipi mostrati dal cinema e dalla televisione.

Personalmente ho provato un forte nodo alla gola nel leggere certe pagine di Cani Sciolti: Sessantotto, quelle dove certi rigidi dogmi ideologici tipici dei più giovani cozzano l’uno contro l’altro mostrando tutti i possibili errori di ragionamento. Non ho chiaramente vissuto l’epoca del Sessantotto, ma ho fatto la mia parte ai tempi dell’università e certe dinamiche mi sono estremamente famigliari. L’idealismo e la semplificazione che si scontrano con la realtà e con le complessità sono fenomeni che ogni generazione ha vissuto dalla fine degli anni ’60 ad oggi e in questo fumetto sono rappresentate piuttosto bene senza alcun pietismo o senza alcuna benevolenza.

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Sembra quasi che Manfredi dica ai lettori di oggi: ecco, così è come eravamo, vi piaccia o no!

Pur amando molto il Manfredi più avventuroso di Magico VentoVolto Nascosto e Adam Wild, questa miniserie è sicuramente nelle sue corde ed è anche particolarmente sentita, proprio per il ruolo svolto dall’autore ai tempi degli eventi narrati.

Il ritmo, nonostante l’albo da 66 pagine, è estremamente dilatato e in definitiva succede pochissimo all’interno del volume. Bisogna prenderlo come un albo introduttivo ad una serie ben più ampia di circa venti numeri che andrà avanti fino al 2020.

Versante disegni: Luca Casalanguida ha svolto un lavoraccio molto duro nel dover ricostruire la Milano del 1968, ma il risultato finale è sicuramente degno di nota, con i personaggi ben caratterizzati e differenziati nelle loro caratteristiche fisiche. La disgregazione della gabbia bonelliana in più di una pagina permette a Casalanguida di darci dentro con composizioni ardite che esaltano le scene, specialmente quelle della carica della polizia fuori dalla Cattolica. Il suo bianco e nero netto è perfetto per rappresentare questa vicenda, anche se in alcune pagine sembra soffrire molto il peso di una stampa non ottimale, vero e proprio tallone d’Achille dell’etichetta Audace, come già rilevato su Deadwood Dick.

Che dire quindi di questo Cani Sciolti: Sessantotto?

Che è un buon albo introduttivo ad una miniserie più lunga che dovrà attendere migliori giudizi con il passare dei mesi, ma per ora si è rivelato un buon antipasto. Certo, chi ha vissuto periodi di contestazioni all’università come il sottoscritto (anche se su altri lidi e in altra epoca) ha più possibilità di immedesimarsi nelle vicende dei protagonisti e forse è questo il suo unico limite, quello di risultare difficilmente attraente per altri tipi di lettori.

Si tratta comunque di una sfida, vedremo se sarà vinta.