Proletkult: la Russia secondo Wu Ming – Recensione

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Considerato uno dei libri più interessanti di questo autunno,  è nelle librerie Proletkult, nuovo romanzo a sei mani del collettivo di scrittori bolognese Wu Ming, edito dai tipi di Einaudi.

Ambientato in Unione Sovietica, ma non solo, tra il 1905 e il 1927, questo volume riporta l’intero collettivo in libreria a circa tre anni dal precedente L’invisibile ovunque, raccolta di novelle ambientate al tempo della Prima Guerra Mondiale, uscito sempre per Einaudi.

Proletkult è il nuovo libro del collettivo bolognese Wu Ming

Per chi non lo sapesse, il collettivo Wu Ming è nato nel 2000 dal movimento Luther Blisset, sotto il cui nome aveva pubblicato il romanzo Q, divenuto rapidamente un simbolo per un’intera generazione di persone. Da allora, sono stati pubblicati sia romanzi collettivi che solisti che opere che sfuggono a qualsivoglia genere narrativo, come Asce di guerra, esempio di miscuglio di cronaca, fiction e biografia.

Fra le pubblicazioni romanzesche collettive, devo obbligatoriamente citare il mastodontico L’armata dei sonnambuli, ambientato ai tempi della Rivoluzione Francese e, a mio avviso, il miglior romanzo italiano degli ultimi anni.

Caratteristica delle opere di Wu Ming è quella di raccontare i grandi (e i piccoli) eventi storici da un punto di vista obliquo, cioè di non prendere il singolo avvenimento per le corna, ma girarci attorno, mostrarne i lati nascosti ed evidenziarne le contraddizioni e le complessità dietro gli stereotipi.

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Questo è ciò che accade anche in Proletkult, opera in tre atti che mischia Storia e fiction con consueta abilità.

Sinossi: 1927. Siamo nel decennale della Rivoluzione Russa e il medico, scienziato, filosofo e scrittore Aleksandr Bogdanov, personaggio realmente esistito, riceve la visita di Denni, una strana ragazzina dall’aspetto androgino che dice di venire da Nacun, un lontano pianeta, un pianeta descritto da Bogdanov stesso nel suo romanzo Stella Rossa. Si tratta, per Bogdanov, dell’occasione di ripercorrere gli ultimi venticinque anni di vita, quelli che hanno sconvolto il mondo intero, portando alla luce le illusioni e le disillusioni dell’Unione Sovietica, il grande sogno proletario infrantosi prima sotto il rigido dogmatismo di Lenin e poi nel folle terrore staliniano.

Dalla repressione zarista del 1905 alla clandestinità, dalla Rivoluzione fino alla resa dei conti fra le varie anime del partito comunista russo, Proletkult è, prima di tutto, un grande affresco umano che mette in mostra tutte le complessità delle relazioni fra gli individui, la necessità di trovare le sintesi fra i pensieri e, soprattutto, la necessità di trovare un’organizzazione che non sia eterodiretta.

Le lunghe parentesi dedicate alle discussioni e alle partite a scacchi fra Lenin e Bogdanov, realmente avvenute in quel di Capri nel 1908 e immortalate in alcuni scatti d’epoca, rimandano a due immagini distinte del mondo, quella rigida e dogmatica in cui la realtà è ciò che è, e quella più fluida in cui la realtà è data dall’interazione tra le cose e, come tale, predisposta all’evoluzione e ai cambiamenti.

Con Proletkult, i Wu Ming rilanciano la loro idea secondo cui sono le relazioni fra gli individui e la collaborazione umana a sviluppare la società nel suo insieme in un eterno conflitto dove più parti in causa lottano, talvolta con metodi non violenti e talvolta con metodi molto violenti, per far prevalere la propria visione.

Inevitabile che i Wu Ming parteggino, sotto sotto, per Bogdanov, mentre Lenin, con la sua rigidità, ha dato vita alla propria nemesi. Per Wu Ming l’utopia perfetta non esiste, ogni società nasconde in sé un conflitto originario che è difficile, se non impossibile rimuovere.

Non si creda, però, che i Wu Ming abbiano fatto un semplice pamphlet politico per indottrinare le masse. Il romanzo, perché di fiction si tratta, ha una tematica appassionante: Denni, la ragazzina che incontra Bogdanov, viene da Nacun, pianeta in cui il socialismo perfetto si è sviluppato.

Ciononostante, la società di Nacun ha finito per divorare sé stessa non riuscendo ad appianare il conflitto fra l’umanità e l’ambiente circostante e ora è alla ricerca di nuovi pianeti da colonizzare. Sul pianeta esistono due visioni contrapposte: instaurare rapporti di collaborazione con i pianeti, oppure sterminarne gli abitanti e prenderne possesso. Scopo di Denni è scoprire se l’umanità ha raggiunto un livello tale da poter iniziare una relazione stabile con Nacun ed evitare quindi una guerra interplanetaria.

Il bello dei romanzi di Wu Ming è che, come tutti i romanzi di una certa caratura, non si prestano solo a una lettura superficiale, ma offrono infinite chiavi interpretative prestandosi anche a varie riletture per coglierne tutte le sfumature.

In Proletkult si parla di eredità, di rapporto fra genitori e figli, di relazioni fra gli esseri umani, si parla della Rivoluzione Russa, ma anche dell’oggi. Praticamente tutte le relazioni di Bogdanov sulla deriva del bolscevismo, con i vecchi rivoluzionari bombaroli che abitano in lussuosi palazzi e bevono liquori pregiati, possono essere facilmente declinati al giorno d’oggi.

Russia e comunisti alieni nel nuovo romanzo di Wu Ming, Proletkult

Lo sguardo obliquo, dicevamo: in questo romanzo non si parla della Rivoluzione Russa in senso stretto. Non è un Il Dottor Zivago all’italiana, ma racconta la rivoluzione soprattutto i dieci anni precedenti e i dieci anni successivi, perlopiù attraverso la tecnica del flashback, quindi un racconto soggettivo, filtrato dai ricordi dei personaggi. La resa dei conti fra le varie anime del partito comunista è tratteggiata sullo sfondo e quello che è stato uno degli anni clou del ‘900 non viene sciolto del tutto, peraltro volutamente.

E i protagonisti non sono Lenin, Stalin o Trotzkij, i quali pure hanno un ruolo significativo all’interno della vicenda: il protagonista è Bogdanov, intellettuale inviso a Lenin che infatti scrisse un trattato filosofico in cui le teorie del dottore venivano smontate una per una.

Bogdanov è stato infatti un autore che ha tentato di coniugare le teorie marxiste alla luce delle scoperte scientifiche dell’epoca. Il che, ovviamente, per Lenin era eresia pura, dato che il marxismo, in quanto dogma, non poteva essere coniugato con altre cose.

Nei romanzi di Wu Ming, infatti, il protagonista non è mai al centro della vicenda, non ha un ruolo di primo piano, ma vive sempre una sorta di condizione di eretico rispetto all’estabishment dell’epoca, caratteristica dei personaggi tratteggiati dal collettivo sin dai tempi di Q. Certo, Bogdanov non è stato un eretico al pari livello dei vari membri dell’opposizione sovietica come Trotzkij, il quale ha subìto una sorte molto peggiore, ma sicuramente è entrato in rotta di collisione con l’apparato sovietico anche in virtù del circolo culturale Proletkult da lui stesso fondato nel 1917 e sciolto da Lenin nel 1923.

Cosa dire quindi di questo nuovo romanzo di Wu Ming? Che rappresenta la continuazione della ricerca espressiva del collettivo, ricerca che in L’armata dei sonnambuli non ha avuto la conclusione annunciata (il gruppo aveva detto qualcosa tipo Mai più romanzi storici!), portando avanti il discorso dell’ibridazione dei generi tipica del terzetto bolognese.

Un’opera in tre atti affascinante, ricca di chiavi interpretative e di aspetti filosofici, forse il romanzo più maturo del collettivo Wu Ming.

Se proprio dovessi trovare un difetto in questo romanzo dico che non si tratta di un romanzo normale. Wu Ming non perde tempo a blandire il lettore dandogli quello di cui ha voglia, ma lo spinge su un terreno più insidioso e difficile, tradendo più volte le aspettative. Spetta al lettore decidere se accettare la sfida del collettivo o se rimanere fermo sulle proprie posizioni.

Per quanto mi riguarda, sfida accettata.