Black Science, a spasso per gli universi con Grant McKay!

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Quando di parla di famiglie fantascientifiche ho sempre in mente due esempi: i Robinson e i Richards. Per intendersi, Lost in Space e i Fantastici Quattro. Due bei gruppi famigliari che ne hanno passato di cotte e di crude, ma forti del proprio legame, uniti anche nelle difficoltà. Poi mi capita tra le mani Black Science, la saga fantascientifica firmata da Rick Remender e Matteo Scalera, ed ecco che improvvisamente adoro la famiglia McKay.

Black Science è una saga che ho sempre avuto in programma di leggere. Tra amici che me ne parlavano con toni entusiastici ed una certa predilezione per lo stile narrativo di Remender che ho adorato in Tokyo Ghost, la saga fantascientifica edita da BAO Publishing era sempre lì che mi stuzzicava. Colpevole una serie di comics arretrati da recuperare, mi sono sempre ripromesso di mettermi in pari anche con Black Science.

Black Science, Remender riscrive la fantascienza a fumetti con una saga imperdibile

L’occasione dell’uscita del settimo ed ultimo volume, L’estinzione è la regola,  è stato il segnale che era ora di recuperare, e quindi mi sono tuffato nell’universo, anzi, negli universi creati da Remender.

Al centro della saga c’è l’invenzione di un dispositivo che consente il viaggio interdimensionale, una scoperta che potrebbe cambiare, almeno secondo le buone intenzioni di Grant McKay, capo del progetto scientifico che ha portato alla creazione di questa macchina rivoluzionaria.

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Ma siccome non sai mai cosa possa accadere quando la scienza lascia i binari della sicurezza, ecco che quella che doveva essere una nuova frontiera della scoperta si trasforma in un’odissea interdimensionale per McKay e la sua squadra, compresi i due giovani figli.

Il primo impatto è subito adreanlinico, grazie alla scelta di calarci immediatamente nell’azione, senza spiegarci nulla. Remender sceglie di seguire un filo narrativo che per tutta la saga alterna presente e flashback, giocando in modo sublime sulla costruzione dei dettagli che danno spessore alla trama, legando il lettore ai personaggi.

All’inizio avevo l’impressione di avere già capito quali fossero i ruoli dei diversi protagonisti, ma già a metà del primo volume mi ero perso. Il mio errore era pensare ancora una volta alle famiglie citate in apertura, vedendo in McKay un emulo del Gommolo marvelliano. Remender invece non utilizza nemmeno un eroe, ma solo personaggi che, in un modo o nell’altro, hanno più difetti che pregi.

McKay è poco più di un fallito, reduce da una lunga serie di esperimenti andati a monte, padre degenere e marito infedele. Odiato dalla figlia, detestato dalla moglie e considerato poco più di un enfant prodige in declino dal suo team. L’unico successo della sua carriera è la creazione della macchina che consente il viaggio interdimensionale, ma anche in questo caso presto emergerà la verità. E non sarà certo piacevole, ve lo preannuncio.

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Lungo i sette volumi di Black Science, Remender lavora in modo incredibile su McKay, utilizzando non solo il personaggio stesso, ma soprattutto i suoi compagni di avventura come cartina di tornasole per valutare il personaggio. Da personaggio estremamente negativo, Grant dopo la tragedia iniziale prende finalmente coscienza del suo ruolo, dando il via ad una sua personale missione di riabilitazione che lo conduce a ridimensionare il proprio ego e analizzare la propria vita da un’altra prospettiva.

In Black Science l’equilbrio tra la componente fantascientifica e la crescita dei personaggi è perfetto. Sublime l’idea di metter spesso i personaggi di fronte a versioni alternative di sé, quasi un’ironia sul concetto di destino, per offrire uno sprone nelle situazioni più complicate.

Black Science offre una lettura avvicente e graficamente esaltante

Nel dare spessore alla trama, Remender non perde mai un colpo. Le situazioni si susseguono con la giusta cadenza, ogni nuovo elemento viene introdotto con una tempistica netta e pulita, seguendo una linearità che mi ha tenuto incollato a Black Science sino all’ultima tavola (di una poesia disarmante, a mio avviso).

Quello che più mi ha attratto è il modo in cui non ci sono figure assolutamente buone ed altre palesemente malvagie, all’interno del gruppo di protagonisti. Su tutti svetta McKay, ma i suoi compagni di viaggio, più o meno volontari, sono comunque ritratti con un’umanità incredibile, al punto che anche le scelte più meschine non sono facilmente criticabili, perché al loro posto, onestamente, quanti di noi agirebbero diversamente? Nel leggere Black Science, questo interrogativo dovrebbe esser sempre presente!

All’interno della sua narrazione, Remender ha voluto inserire di richiami alla fantascienza classica, con citazioni e riferimenti, andando a toccare anche diverse declinazioni del genere. Sotto questo aspetto è particolarmente interessante lo stile visivo adottato.

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I disegni del nostro Matteo Scalera sono spigolosi, quasi privi di linee morbide ma ricchi di dinamismo, durezza nelle espressioni dei personaggi e capaci di sprigionare una carica cinetica impressionante. Nelle situazioni più adrenaliniche, Black Science è semplicemente esplosivo, trova un punto di equilibrio ideale tra la suggestione emotiva della narrazione e il racconto visivo.

Merito anche della colorazione di Dean White, che spesso sembra scegliere un approccio cromatico che vuole esaltare la grinta delle matite di Scalera, donando però alla trama di Remender una colorazione quasi pittorica e con alcune suggestioni classiche.

Queste tre diverse anime creano un’anima unica per Black Science, che se da un lato mostra la tipica vivacità di alcune delle migliori produzioni statunitensi degli ultimi anni, dall’altro non rinuncia ad una certa eco a classici visivi della fantascienza, come certe copertine di Astounding Science Fiction per la sua colorazione.

BAO Publishing con Black Science ha nel proprio catalogo una serie fantascientifica a fumetti tra le più interessanti degli ultimi anni, capace di stravolgere alcuni capisaldi del genere dando una nuova verve a questo filone narrativo.