The Titan, la nuova delusione di Netflix – Recensione

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La volontà di Netflix di esser il nuovo modo di fruire il cinema è inequivocabile. Questo progetto della piattaforma streaming ha portato alla creazione di film come Ojia, Bright o il recente Annientamento, creando anche un certo dissapore all’interno dello show biz, che vede con astio questa rotta di Netflix. Dopo avere visto The Titan, il nuovo film fantascientifico disponibile dal 30 marzo, il cinema tradizionale può però tirare un sospiro di sollievo.

Il film dell’esordiente Lennart Ruff rappresenta, infatti, uno dei punti deboli delle produzioni di Netflix. Sul canale streaming approdano spesso produzioni che sono state scartate per il circuito tradizionale (vedi il recente Mute di Duncan Jones), trasformando Netflix in una sorta di vetrina delle idee perdute.

Verrebbe da chiedersi come mai certe idee non vengano realizzate altrove, ma la sensazione che, al netto di alcuni progetti interessanti che in sala non avrebbero avuto il giusto valore, la maggior parte delle proposte di Netflix abbiano il tono da B-movie, raggiungendo nelle migliori delle ipotesi a stento la mediocrità.

The Titan, l’occasione mancata di Netflix di offrire un buon film di fantascienza

The Titan, sfortunatamente, appartiene a quest’ultima categoria. Ed è un peccato, visto che il soggetto di Arash Amel non è malvagio, anzi.

L’umanità nel 2048 affronta la fine del mondo, costringendo un team di scienziati di NATO e NASA a lavorare ad un progetto che ci consente di colonizzare l’unico corpo celeste del nostro sistema solare con un’atmosfera: Titano, uno dei satelliti di Saturno. Per poter sopravvivere, l’umanità dovrà sottoporsi ad un programma di evoluzione forzata, ideato dal professor Martin Collingwood (Tom Wilkinson), che renderà i primi coloni di Titano gli esponenti di un nuovo step evolutivo, l’Homo Titanicus.

A sottoporsi a questo esperimento è un gruppo di militari di varie nazioni della Nato, accomunati dall’aver mostrato un forte istinto di sopravvivenza in situazioni estreme durante le loro missioni. A spiccare sono Rick Jannsen (Sam Worthington) e la soldatessa Tally (Nathalie Emmanuel), i due elementi più promettenti.

Questa premessa è interessante. Quando ho visto come il tema della Terra sull’orlo della fine, ormai abbondantemente sfruttato, veniva declinato in un modo nuovo mi sono lasciato tentare da un cauto ottimismo. Solitamente la soluzione è la terraformazione o la ricerca di un pianeta già bello pronto, ma in questo caso di sceglie di tentare un’evoluzione obbligatoria per la nostra razza. La scelta di mostrare questo procedimento avrebbe potuto esser fonte di un’analisi appassionante sulla necessità contrapposta all’etica, una visione innovativa del transumanesimo e, soprattutto, un’occasione per ragionare sulla perdita dell’umanità legata ad una scienza troppo pioneristica e mal controllata.

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Naturalmente va considerata anche la natura low budget di The Titan, che non avrebbe consentito di realizzare grandi scene ‘spaziali’, ma che può esser maggiormente gestita in ambienti terresti e con pochissimi effetti speciali, condensati principalmente in una manciata di scene sul finale.

Ma The Titan rapidamente lascia in bocca quel sentore amaro dell’occasione persa. Per tutta la visione si ha la sensazione di esser vicini al momento in cui la trama prenderà finalmente corpo, motivando la visione del film.

L’impianto narrativo cerca di empatizzare con lo spettatore mostrando principalmente la durezza della terapia a cui sono sottoposti i soldati, prima con attimi di incredibile soddisfazioni per degli incredibili traguardi raggiunti, poi evidenziando le difficoltà. Ma sempre in modo sbrigativo, senza valorizzare il lato umano della vicenda.

I personaggi sono il punto debole maggiore di The Titan. Ci viene detto che sono tutti reduci da esperienze di sopravvivenza traumatica, ma dobbiamo accettare questo dato come un assioma, in nessun caso vengono approfonditi passato e presente delle cavie di Collingwood.

Anche nel caso della famiglia Jannsen, tutto sa di frettoloso, di non curato. L’esperienza di Rick? Sappiamo solo che è sopravvissuto al deserto, e il perché si perde nell’incuria generale di The Titan. La sola nota positiva è Abigail Jannsen (Taylor Schilling), che durante il film diventa la nostra guida all’interno di questo progetto ormai fuori controllo.

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Certo, alcune scelte del regista e la fotografia sono davvero ottime, ma bastano a reggere un’intera pellicola? Nel caso di The Titan assolutamente no. L’intento era sicuramente quello di offrire una fantascienza dal taglio scientifico e ragionato, sulla falsa di riga di grandi film come Interstellar o Arrival, ma questa produzione Netflix è un fallimento colossale.

L’interessante premessa iniziale viene sprecata per colpa di una totale assenza di emozione, di profondità narrativa. Mettiamoci che Worthington riesce ad esser inespressivo sia da sapiens che da homo titanicus (come suo solito, ammettiamolo), ma il cast non riesce mai ad esser emozionante, ad esclusione della Schilling. Sorvolo sull’aspetto dell’homo titanicus, che sembra il frutto di una notte passione tra Voldemort e un Ingegnere del nuovo corso di Alien, roba da far bandire la teoria evoluzionista.

Il ritmo della narrazione oscilla tra attimi di piattume ad altri di insensata rapidità, giusto perché il minutaggio sta per scarseggiare e bisogna arrivare al finale. Che è la cosa peggiore di The Titan. Dopo tutta questa fatica nel seguire le sperimentazioni, dopo esser sopravvissuti ad una trama che definire prevedibile e a tratti fin fastidiosa, ci viene offerta una conclusione condensata e puerile, con un finale la cui ultima scena lascia non lascia nulla allo spettatore, se non la sensazione di avere perso inutilmente del tempo.

Annientamento mi aveva lasciato l’impressione che forse Netflix avesse trovato il giusto modo per realizzare dei film che potessero renderlo un temibile concorrente per il cinema mainstream, ma The Titan riesce a demolire questa mia convinzione. La pellicola di Ruff ricorda produzioni anni ’90 di serie B, che arrivavano direttamente in cassetta saltando il passaggio in sala, data la loro scarsa appetibilità, frutto anche i bassi budget.

Se Netflix intende mostrare ai suoi detrattori di esser in grado di offrire grande cinema con prodotti come The Titan, la battaglia contro il cinema tradizionale è già stata perduta in partenza.