Xenozoic Tales: Guarda, un velociraptor su una Cadillac!

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Se come me, siete stati adolescenti negli anni ’90, ho una brutta notizia per voi: siete vecchi. Quando si diventa vecchi, il passato comincia a sembrare tutto bello… Perciò, quando vi chiederò di ricordare Cadillacs and Dinosaurs, quel videogioco coin-op allora presente in tutte le sale, direte sicuramente: “Certo che me lo ricordo! Che figata!”.

E qui arriva la buona notizia: Cadillacs and Dinosaurs era veramente uno dei migliori picchiaduro a scorrimento dell’epoca, non è la vostra senilità a parlare. In questo gioco (lo dico per quelli che hanno intrapreso l’irresponsabile decisione di avere meno di 30 anni, e che probabilmente non hanno capito le parole “coin-op” e “sala”) si poteva scegliere tra quattro tizi anonimi e nerboruti, o meglio tre tizi e una tizia con una camicia di flanella legata sotto il seno a mo’ di top, che per ovvie ragioni di machismo adolescenziale non sceglieva mai nessuno.

Xenozoic Tales, il capolavoro di Mark Schultz a base di dinosauri e bolidi ruggenti!

Lo scopo del gioco era attraversare a furia di schiaffi una manciata di livelli in cui si alternavano città diroccate, giungle, e laboratori da film fantahorror anni ’50, e bisognava farsi strada picchiando ceffi che sembravano usciti metà da un videoclip dei Duran Duran e metà da Ken il guerriero. E c’erano i Dinosauri. Che ti attaccavano a tradimento ma se li menavi abbastanza forte passavano dalla tua parte e zergavano i nemici. E c’erano le Cadillac, che ugualmente si usavano per passare sopra i nemici. E per questo, si intitolava Cadillac & Dinosaurs. Erano anni schietti, quelli. In cui le girelle sapevano di girelle e i videogiochi si chiamavano con le due parole più didascaliche possibili.

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E’ meno probabile invece che vi ricordiate del cartone animato con lo stesso titolo, tredici episodi che ebbero un solo passaggio TV su Italia 1 nel 1994. Io ricordo solo che era complicato, e c’erano un sacco di effetti d’inquadratura come splitscreen e cambi di proporzione dell’immagine quando si vedevano le auto. E’ stato guardando questo cartone che ho appreso due cose: che su una Cadillac, per ingranare la marcia, devi prima abbassare un preselettore al volante e poi muovere la leva del cambio e che se non avessi smesso di guardare cartoni e buttare monetine da 500 lire negli arcade non mi sarei mai trovato una ragazza. Nessuna di queste due informazioni mi è mai servita a niente.

Ma la conoscenza si persegue per amore e non per necessità, quindi ora è necessario che tutti sappiate che l’ottimo videogioco e il cartone animato così-così sono opere derivate: l’originale è una serie a fumetti interamente realizzata da Mark Schultz, in 14 numeri pubblicati per la prima volta tra il 1986 e il 1996, che è stata ristampata con diversi titoli: Xenozoic Tales, poi Cadillac & Dinosaurs, e infine Xenozoic, titolo adottato anche da Cosmo per la recente edizione.

L’editore di Bologna ha scelto come formato due volumetti taglia bonellide ma belli cicciottelli (quasi 200 pagine ciascuno), abbastanza comodi da trasportare nello zainetto insieme alla merendina ma che purtroppo penalizzano un po’ gli ottimi disegni con le piccole dimensioni.

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Il 1986 è l’anno di Top Gun, di Aliens, e di Grosso Guaio a Chinatown, e di tante altre cose che solo a nominarle ti fanno salire in bocca il sapore di girella, molto più del 1993; ma soprattutto, cade in mezzo a un periodo di fermento per il fumetto americano. Le majors hanno appena dimostrato di aver capito il potenziale del mezzo per parlare agli adulti attraverso opere come Watchmen, Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, o Daredevil – Rinascita, ma proprio non vogliono saperne di distaccarsi dal longevo genere dei supereroi.

Di contro, sempre più autori desiderano raggiungere il pubblico senza sottostare alla logica “calzamaglia o niente”, e cercano invece un modo di riproporre al pubblico ormai maturo il fumetto d’avventura, qualcosa che abbia lo stesso fascino del Flash Gordon di Alex Raymond o dell’Uomo Mascherato di Lee Falk. In questo clima nasce una nuova stagione del fumetto indipendente, che non cerca a tutti i costi di essere di rottura e di contestazione, ma sta fuori dalle logiche della grande editoria. Nascono allora opere destinate ad avere un’importanza fondamentale per il fumetto americano come Teenage Mutant Ninja Turtles di Eastman & Laird, Elfquest dei coniugi Pini, e appunto Xenozoic Tales di Mark Schultz.

Xenozoic tales nasce in un periodo in cui il mondo dei comics vuole confrontarsi con un nuovo mondo di intendere l’avventura

Schultz si presenta come il continuatore dello stile dei grandi illustratori fantasy come Frank Frazetta, Roy Krenkel, Al Williamson, e Wally Wood, e dei maestri delle comic strip come Hal Foster, Burne Hogart e Russ Manning. I suoi scrittori di riferimento sono Edgar Rice Burroughs e Robert E. Howard. Il suo fumetto è l’epopea di un mondo futuro dove l’umanità è da poco tornata in superficie dopo che un cataclisma l’ha costretta a nascondersi in bunker, mentre sulla superficie del pianeta tornavano a coesistere simultaneamente tutte le specie un tempo dichiarate estinte. Queste forme di vita sono estranee le une alle altre, perciò quest’epoca prende il nome di Era Xenozoica.

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L’elemento del worldbuilding, la capacità cioè di immaginare in maniera coerente un mondo a partire da una premessa così fantasiosa, riesce molto bene, e come accadeva per l’era Hyboriana di Conan, Xenozoic Tales ha il pregio di farci scoprire il suo scenario un po’ per volta. Ciò avviene attraverso l’incontro tra due personaggi: il duro Jack Tenrec, una specie di guardaboschi, meccanico per hobby, che in realtà è il custode di una quantità di saperi perduti del mondo prima dell’era Xenozoica e di quest’epoca stessa, e la bellissima Hannah Dundee, ambasciatrice di una città-stato lontana che cerca con fatica di ricostruire la scienza del mondo prima del disastro.

Non si può fare a meno di restare a bocca aperta di fronte al realismo del disegno di Mark Schultz, che mette una cura quasi maniacale nel riprodurre il più fedelmente possibile l’anatomia umana, la ricchezza emotiva delle espressioni del viso, il particolare degli oggetti e la complessità della natura che si è impadronita del mondo nell’era Xenozoica.

Xenozoic Tales è disegnato in un bianco e nero drammatico, in cui le ombre raccontano tanto quanto la luce. Questo stile così ricco e complesso deve molto, come già detto, alle strisce sindacate come Prince Valiant, mentre nel fumetto americano contemporaneo veniva portato avanti anche da Dave Stevens con il suo Rocketeer e forse, in maniera meno decisa, anche da Mike Grell.

Per fare paragoni con autori più famosi da noi, la naturalezza dei corpi e dei movimenti potrebbe far pensare a John Buscema o a Neal Adams, che sicuramente venivano letti avidamente da Schultz, ma paradossalmente, per l’enfasi che metteva nei neri pieni e nelle espressioni facciali (soprattutto gli occhi), l’autore di oggi che sembra aver saccheggiato di più da questa scuola è stato l’ipertrofico Joe Quesada della prima ora, quello di X-Factor sui testi di David.

Ma sono tutti disegnatori che abbiamo apprezzato a colori. L’autore che, più o meno negli stessi anni di Schultz, ha saputo portare alla massima espressione l’uso del bianco e nero in America è stato Dave Sim – anche lui avido lettore di Conan! – e, incredibilmente, qualche vaga somiglianza tra Xenozoic e Cerebus c’è, soprattutto per l’uso delle luci e delle ombre come elemento della costruzione del racconto. Ma a fare certi paragoni sto diventando troppo complicato…

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Lo stesso problema che ebbe Cadillac & Dinosaurs. Il fumetto comincia come una serie di avventure che si svolgono in un contesto abbastanza piccolo (come una cittadina di superstiti, o una foresta) e si risolvono con un guizzo d’ingegno dei personaggi, ma sono strettamente legate le une alle altre dalla presenza dei protagonisti e dalla solidità del mondo.

Poi la storia comincia a intricarsi dentro complotti politici, giochi di potere, e eroi predestinati, fino al punto che, nel 1996, Schultz disse ai suoi lettori: “scusate, la trama di Cadillacs & Dinosaurs è diventata troppo complessa anche per me. Per capire come continua, devo fermarmi a pensarci un po’ su“. E per quanto ne sappiamo, ci sta pensando ancora. Dopo ha realizzato ancora vari fumetti, tra cui un lungo periodo ai testi di Superman e una nella presenza nell’Aliens Univrese come abbiamo raccontato qui, ma Xenozoic Tales rimane il suo grande capolavoro incompiuto.

Xenozoic Tales ad oggi è rimasto privo di un finale, ma i fan non disperano

Cosa ha impedito a questo fumetto di trovare il giusto posto nell’Olimpo dei grandi? Forse proprio l’assenza di un finale? Forse l’estetica retrò, impossibile da collocare in una corrente precisa del suo tempo? O forse è stato davvero riconosciuto come uno dei fumetti più importanti di tutti i tempi, ma solo all’estero, e qui da noi in Italia è stato sottovalutato al punto da essere pubblicato in edizione monografica per la prima volta soltanto nel 2016? Io questo non lo so.

Ma so tre cose: che su una Cadillac, per ingranare la marcia, devi prima abbassare un preselettore al volante e poi muovere la leva del cambio,che se non avessi smesso di guardare cartoni e buttare monetine da 500 lire negli arcade non mi sarei mai trovato una ragazza e che se  siete ultratrentenni che smanettano sugli emulatori con le ditacce sporche di girella, o ragazzini xennial che non hanno mai visto una sala giochi, siete ancora in tempo per leggere Xenozoic Tales, e scoprire uno dei migliori fumetti di tutti i tempi!