Philip K. Dick’s Electric Dreams: Impossible planet – Recensione

electric dreams impossible planet cover

Contenitore di racconti, Philip K. Dick’s Electric Dreams ha come scopo quello di dare allo spettatore moderno una visione più attualizzata di alcuni racconti dello scrittore californiano. Seleziona delle short story all’interno della vasta produzione di Dick non è un’operazione complicata solo data la quantità incredibile di possibili scelte, ma anche perché è necessario trovare del materiale che rappresenti al meglio la dialettica di Dick.

Nella sua ricerca, David Farr si è imbattuto in Il pianeta impossibile, uno dei racconti più brevi dello scrittore americano. Al centro di questo scritto, dick ha sviluppato un tema molto concreto, la nostalgia del passato, collegato alla memoria, spesso custode di una sicurezza che i rapidi cambiamenti della società tende a farci perdere. Nel presentare il proprio spunto per questo episodio di Philip K. Dick’s Electric Dreams, Farr ha esaltato queste caratteristiche molto malinconiche di Dick.

Philip K. Dick’s Electric Dreams perde la sua verve con Impossible Planet

La trama di base è sostanzialmente semplice. Un’anziana signora, accompagnata dal suo fido robot domestico, intende compiere un ultimo viaggio, raggiungendo il leggendario pianeta Terra, la culla dell’umanità. Spinta dai racconti che da bambina ascoltava sognante da sua nonna, la donna non intende morire senza prima raggiungere la sua meta. Per farlo si rivolge ad una compagnia di viaggio di livello non proprio eccelso, gestita da due soci dalla morale piuttosto discutibile. Pur consci che la Terra sia una meta impossibile, i due agenti di viaggio decidono di sfruttare il desiderio della donna, se non altro per l’ingente somma di denaro con cui vengono sollazzati. Fin dall’inizio, tra i due soci si evince come ci sia una certa distinzione morale.

Norton (Jack Reynor) è il personaggio più coscienzioso, costretto in un primo tempo ad accettare per sperare che questa somma lo possa aiutare a realizzare i suoi sogni, lasciando il posto in cui vive e a raggiungere la fidanzata su un pianeta più ricco. Su Norton sono basate le analisi della società che impone un rigido economico sul proprio destino, cui si aggiungono i desideri infranti, al punto che lo stesso protagonista ad un certo punto deve rispondere ad una domanda: cosa voglio io davvero? Si trova più a suo agio ad ingannare l’anziana Irma (Geraldine Chaplin) il suo socio, Andrews (Benedict Wong). Personaggio che dovrebbe esser poco gradevole con il suo modo di fare poco professionale e mirato all’inganno, Wong riesce a renderlo invece una canaglia amichevole, anche quando lo vediamo ideare un piano per portare avanti il loro inganno.

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Norton e Andrews sono due diversi modi di analizzare l’umanità, specie se messa di fronte ad un bivio morale. Norton patisce la scelta, la interiorizza e fa propria conoscendo meglio l’anziana durante il viaggio, apprezzandone la sincerità e la genuina passione nell’inseguire il suo sogno. Il personaggio più umano ed onesto è, curiosamente, il roboto di Irma, RB29. Custode fedele della donna, è pronto anche a sostenere l’inganno fin quando necessario per illudere la sua padrona malata, pronto a renderle più leggero l’ultimo tratto di quel viaggio chiamato vita.

Ci sarebbero tutti i presupposti per un ottimo racconto anche inserendo Impossible Planet in una serie come Philip K. Dick’s Electric Dreams. La costruzione del mondo futuro avviene con una caratterizzazione che tende a mostrare una società decadente, che enfatizza la necessità di Norton di scappare dal pianeta. Uno dei problemi di Philip K. Dick’s Electric Dreams è che in ogni episodio lo spettatore deve esser pronto a concepire il trasferimento in un’ambientazione differente, nata da un racconto scritto per valorizzare un tema diverso dalla precedente puntata. La capacità di condensare quanto più possibile dei singoli mondi all’interno del singolo episodio diventa quindi essenziale, e con Impossible Planet questo scopo è stato raggiunto.

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Il difetto principale di Impossible Planet è la dinamica narrativa. Il tema trattato ha un grande potenziale, sempre attuale, ma viene condensato in una trama che sembra avere un ritmo estremamente frammentato. Sarebbe stato meglio scegliere una narrazione uniforme, meno spezzata e soggetta a rallentamenti e accelerazioni improvvise che ottengono solo di confondere lo spettatore. A questo si unisce un intento di arricchimento di contenuti, lodevole, da parte di Farr, che cerca di spingere il discorso verso un approccio filosofico, donando una maggior profondità alla trama, ma che viene sviluppato in un modo maldestro, lasciando solo un senso di incompletezza sul finale.

Credo che lo scopo fosse quello di simulare i tanto apprezzati finali aperti di Dick, sempre soggetti ad un dualismo interpretativo, ma in Impossibile Planet, a differenza di episodi come The hood maker, Philip K. Dick’s Electric Dreams manca completamente il bersaglio, relegando questo episodio ad una colorata, molto promettente occasione persa.