Mar 8 Ottobre, 2024

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The Goddamned: Prima del diluvio- Recensione

Esistono pochi argomenti delicati come la religione. La fede e i suoi precetti sono un campo minato che ha sempre affascinato e spaventato i narratori, tentati da questo tema così universale e al contempo personale. Nell’affrontare un contesto che poggia sulla religione, inevitabilmente, ci si deve confrontare con il proprio rapporto con il divino, dando voce alle proprie domande e intraprendendo un percorso che può condurci a risposte che potremmo non gradire. The Goddamned: Prima del diluvio è la sfida alla religione di Jason Aaron, un autore che non si lascia certo spaventare da una tematica difficile.

Aaron ha una concezione della religione che affonda nelle sue radici da uomo del Sud, quella parte degli USA dove ancora oggi la fede esercita una pressione sulla crescita morale e psicologica dei cittadini. Curioso che in quelle stesse zone in cui il peggio dell’uomo, sotto forma spesso di segregazione e razzismo, siano le stesse in cui si predichi maggiormente il bene dell’uomo e la redenzione del divinio, creando una strana dicotomia bene-male. Aaron deve aver vissuto questo dualismo in modo particolare, visto che per il suo The Goddamned sceglie come protagonista il capostipite degli uomini malvagi: Caino.

The Goddamned, JAson Aaron riscrive il mito di Caino

Il personaggio biblico viene universalmente riconosciuto come il primo omicida della storia dell’uomo, l’assassino del fratello Abele. Aaron non cambia questo essenziale dettaglio, ma lo rende il punto di partenza di una saga tragica e spietata, che vede Caino cercare l’unico modo di porre fine alla condanna con cui Dio lo ha maledetto: l’immortalità. Per avere portato nel cuore dell’uomo la violenza, Caino viene infatti condannato a vivere in eterno e non poter morire, deve esser il testimone della crudeltà dell’uomo, deve respirare ogni giorno le conseguenze del suo atto, sentendo il perso del suo gesto. Ha condannato una razza, che sconti in pieno la sua pena.

Aaron mostra un mondo cupo, lercio non solo nella natura ma anche nell’anima di chi lo vive. Diverse razze di uomini si muovono in queste lande tormentate, tutte in cerca di un modo per dominare e sfruttare gli altri, senza ritegno. Nessuno è immune a questo tormento, i deboli sono presto soggiogati e sottoposti a tormenti che li plasmano, facendoli impazzire o rendendoli forti, feroci come i loro aguzzini. Anche una figura tradizionalmente positiva come Noè viene riscritta da Aaron in un’ottica in cui la religione e i precetti divini sono uno strumento di coercizione e sfruttamento, un’arma con cui un individuo può assoggettare le masse con la convinzione di esser nel giusto.

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Caino diventa il personaggio migliore per dare vita ad una tragedia umana perfetta. La sua condanna è una punizione gravosa, che lo anima a cercare ad ogni costo la morte. Almeno fino ad una tentazione ancora più forte: la redenzione. Aaron non resiste alla tentazione di offrire al suo protagonista l’occasione di provare a rimediare al suo millenario errore con un atto di pietà, mosso dall’essere anche l’unico esser vivente a ricordare cosa sia l’amore incondizionato. Il trovare una madre disperata in cerca del figlio catturato come schiavo smuove la coscienza di Caino, che intraprende una crociata personale, una sfida al volere stesso di Dio che Aaron architetta con una crudele lucidità.

Il tutto condito con un linguaggio che valorizza ogni aspetto dell’opera. Caino rasenta la blasfemia per un credente, non lesina parole di odio e livore all’indirizzo dell’Onnipotente, che sembra esser l’incarnazione perfetta del Dio vendicativo e spietato del Vecchio Testamento. Il protagonista lo odia e al contempo ne supplica il perdono, una guerra interiore che rende incredibilmente umano Caino, il lettore difficilmente resiste nel sentire un certo trasporto per la sua condizione. Ugualmente truce è il parlare delle tribù, rozzo e quasi onomatopeico, una parlata rudimentale che si addice a degli ominidi poco sviluppati e la cui bruttura dell’anima è perfettamente traslata in ogni aspetto della loro esistenza.

Guèra ha la capacità di creare un’impostazione grafica che rispecchi l’anima di The Goddamned. Leggere Prima del diluvio è un’esperienza intensa, con una durezza e una cura dei dettagli, anche minimi, che esaltano l’atmosfera di disperazione e bassezza umana impressa da Aaron. Guéra conferisce agli ambienti una struttura contorta, malsana, che si rispecchia nella visione fastidiosa dei personaggi, deformi ed imbruttiti, cui si contrappone la perfezione fisica di Caino. Guéra ricorda la scuola fantascientifica francese, in particolare Moebius, con una tendenza a realizzare tavole particolarmente cariche di elementi, una sovraesposizione che dona ancora più ritmo alla storia, specialmente nelle situazioni più affollate, come negli scontri negli accampamenti in cui Caino è ritratto con una verve muscolare impressionante.

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Ma c’è anche un pizzico di Italia in questo spettacolo visivo, visto che i colori hanno la firma di Giulia Brusco. Tutta la gamma di emozioni malate e distorte volute da Aaron hanno una loro controparte visiva, fatta di cieli rosso sangue e un deserto marrone che ricorda il putridume di certe anime che conosceremo. Il colore della Brusco è impeccabile, giocato alla perfezione sulle sfumature e sull’utilizzo delle tinte scure.

The Goddamned: Prima del diluvio è un primo capitolo che colpisce duramente il lettore, facendo leva su un personaggio solitamente identificato come il peggio della razza umana, che diventa la potenziale speranza della peggiore umanità mai vista. Il volume di Panini Comics, parte di quella collana 100% HD che ci ha regalato anche il Dio dei sussurri, è una veste editoriale perfetta per questo lavoro di Aaron, arricchito anche da una ricca sezione di omaggi e tavole extra. The Goddamned è una storia da leggere assolutamente se siamo in cerca di un viaggio alla radice di certe oscurità dell’animo umano.

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