Mission Impossible: The Final Reckoning si pone come ultimo capitolo della saga che segue le vicende dell’agente segreto Ethan Hunt, interpretato ormai da quasi 30 anni da Tom Cruise. Ma siamo veramente giunti alla fine? L’ormai 62enne Tom ha appeso definitivamente il paracadute per gli stunt al chiodo? La sensazione è che, come al solito, a decidere del futuro della saga sarà l’incasso al botteghino.
Mission Impossible, da Dead Reckonig parte 1 a Final Reckoning
Mission Impossible: The Final Reckoning è la seconda parte di Dead Reckoning, che era infatti uscito con la dicitura parte 1. Visto lo scarso successo del film precedente, la Paramount, casa di distribuzione del film, ha deciso di cambiare il titolo in Final Reckoning, nonostante le proteste di Cruise. Fatta la dovuta premessa inoltriamoglici nella recensione.
I primi minuti del film, quelli prima dei classici titoli di testa della saga, sono anche quelli più confusionari e mal confezionati della saga. Montati in maniera a dir poco grossolana, invece di riassumere il capitolo precedente raccontano una storia che non si era mai vista, quasi come ci fosse un capitolo di mezzo fra i due film. Il tutto per trovare un senso ad una trama che altrimenti non si reggerebbe in piedi.
Trama
A questo giro, il nemico di Ethan Hunt e della sua squadra è L’Intelligenza artificiale, non quella che crea i meme attualmente sull’internet, ma quella simil Skynet, che decide di prendere possesso delle testate nucleari dei vari paesi armati in tal senso. Le varie agenzie di spionaggio però vorrebbero l’AI tutta per se, da poter controllare, mentre Ethan è l’unico che sa che la cosa giusta da fare è quella di distruggerla. Ancora una volta, come in Top Gun: Maverick, Tom Cruise vuole dimostrare che il vecchio (lui) è meglio del nuovo che avanza, o per essere meno sospettosi, che l’essere umano è meglio della macchina.
Nel mezzo del cammin di sua vita, Ethan e squadra si trovano in mezzo a varie difficoltà e situazioni impossibili, forse un po’ troppo impossibili.
Mission too much Impossible
Da una saga che ha impossibile nel titolo è lecito aspettarsi che la missione da compiere sia qualcosa di complicatissimo, al limite del possibile, appunto. È sempre stato così per ogni capitolo e si è sempre tentato di alzare l’asticella dell’impossibilità, di pari passo con gli stunt di Cruise. In Mission Impossible: The Final Reckoning però la missione di Ethan and Co. più che essere impossibile è completamente legata al caso, nell’organizzare il piano per salvare il mondo, ci sono cosi tanti “se” che diventa poco credibile che possa funzionare tutto. Ovvio, nessuno si aspetta che la parola “credibile” vada di pari passo con un film di questo franchise, ma il problema non è legato al realismo della cosa, ma al fatto che è veramente tutto legato al caso, una Mission Martellone, personaggio di Boris noto per il suo tormentone.
Cast Impossibile
Se Ethan Hunt è Tom Cruise, anche il resto della squadra è collaudato: Simon Pegg torna nei panni di Benji, genio informatico sul campo, Hayle Atwell è Grace, ladra che ha fatto la “scelta” nel precedente capitolo, ai quali si aggiungono Paris (Pom Klementiff), cattiva prima e redenta da Nostro Signore Tom e l’agente Degas (Greg Tarzan Davis), anche lui inseguitore di Ethan prima e redento poi. Immancabile anche l’altro personaggio presente in tutti i capitoli della saga, Luther, interpretato da Ving Rhames che da 3 film a questa parte è costantemente inquadrato da seduto o sdraiato, esatto opposto di Tom Cruise che in ogni occasione buona inizia a correre.
Il cattivo umano dei due capitoli, Gabriel, è interpretato da Esai Moarales ed è senza ombra di dubbio il cattivo peggiore della saga, anonimo e senza carisma e parecchio scontato. Da Dead Reckoning tornano anche Eugene Kittridge (Henry Czerny), presente anche nel primissimo film, l’agente Briggs (Shea Whigham), Erika Sloane (Angela Basset) diventata presidente e addirittura William Donloe (Rolf Saxon) anche lui direttamente da Mission Impossible del 1996, dove interpretava il funzionario della CIA a cui Hunt faceva venire il mal di pancia.
Ma non è finita qui: in ruoli secondari e totalmente inutili in Mission Impossible: The Final Reckoning ci sono anche Hannah Waddingham, Holt McCallany, Katy O’Brian e Nick Offerman. Un cast impossibile tanto quanto inutile.
Da Fallout a Reckoning
Come avevamo già detto in un articolo di qualche tempo fa, Mission Impossible: Fallout è l’apice del franchise. Uno dei miglior film del genere action degli anni 20, assieme a Jhon Wick. Com’è possibile che lo stesso regista e sceneggiatore , Christopher McQuarrie, abbia fatto i 2 miglior Mission Impossible di sempre (Rogue One e Fallout) e anche i peggiori (Dead e Final Reckoning)?. Detto che gli ultimi due film sono stati caratterizzati da diversi problemi produttivi, anche la scelta di dividere in due parti non premia affatto. Mission Impossible: The Final Reckoning, come il suo predecessore, soffrono del problema di una trama allungata a sproposito che aumentano il minutaggio della pellicola per un totale di 333 minuti totali. Quasi 6 ore che potevano tranquillamente essere ridotte a 4.
Va detto che il film non annoia, però è evidente come tanta roba sia stata aggiunta inutilmente per fare minutaggio, vedi i personaggi secondari interpretati da nomi importanti che non aggiungono nulla di nulla alla trama.
Final?
Come detto Mission Impossible: The Final Reckoning dovrebbe essere l’ultimo capitolo della saga. Come gran finale c’è anche il tentativo di collegare tutti i film della saga ad un unico file rouge, tentativo grossolano e mal fatto. Tirando in ballo parentele totalmente inutili e forzando collegamenti con i vecchi film, questo capitolo finale è leggermente meglio di Dead Reckoning, ma si “guadagna” il penultimo posto della classifica di tutti i film di Mission Impossible.
Quindi fa schifo? No, è comunque meglio della maggior parte dei film d’azione del periodo e gran parte del merito va ovviamente a Tom Cruise. Oltre agli stunt sempre più esagerati, dove rischia la vita, il carisma dell’attore nato a Syracuse è innegabile, forse l’ultimo grande attore rimasto in grado di fare film di questa portata su misura.
Quando guarda fisso in camera e dice “Ho bisogno che tu ti fidi di me, ancora una volta”, non so voi, ma io mi fido.