Un pregio di Netflix è il voler spingere produzioni che siano slegate dal mondo hollywoodiano, andando a valorizzare anche il cinema meno noto, ma che spesso offre idee particolarmente interessanti. Sono nate così serie come Dark o Suburra, ed ora dalla Spagna arriva un film, L’avvertimento (El aviso) che vuol tener alto il valore delle produzioni iberiche dopo il successo di Casa di carta.
Disponibile sul canale di streaming digitale dallo scorso 24 luglio, L’avviso era lì che compariva ad ogni avvio di Netflix, ma non riusciva mai darmi quella scintilla per convincermi a dargli una chance, complice la presenza di altri programmi che mi incuriosivano maggiormente. Destino vuole che ieri sera invece mi sia esplosa la curiosità di vederlo. E parlare di destino non è un caso.
L’avvertimento mostra come il cinema ‘minore’ possa diventare la vera forza di Netflix
L’avvertimento è una storia che fa del destino il suo fulcro. Per alcuni, esistono dei luoghi particolari che possono intrecciare le sorti di persone diverse, o imprigionare in una ripetizione continua anime particolari. Questa suggestione deve aver impressionato particolarmente Daniel Calparsoro, che, ispirato dall’omonimo romanzo di Paul Pen, ha scelto di narrare una storia in cui l’incrocio di anime e destini diventa un thriller dalle tinte paranormali.
Anno 2008. Jon (Ràul Arévalo) e il suo amico più caro sono coinvolti in una sparatoria in un minimarket, una tragedia che costringe Jon a veder il proprio amico ridotto in fin di vita. La tragedia colpisce duramente l’uomo, già piagato da alcuni problemi interioi (e mentali) non meglio precisati nella pellicola. La violenza dell’evento mette in moto una crisi interiore in Jon, che inizia ad indagare, scoprendo come il minimarket sia il fulcro di una spirale ciclica di violenza, in cui ritorna una particolare combinazione numerica.
Anno 2018. Il piccolo Nico (un emozionante Hugo Harbues) è un ragazzino timido e impacciato, vittima di una gang di bulletti. La madre Lucía (Aura Garrido), single, cerca di proteggere al meglio il figlio, fino al giorno in cui un misterioso biglietto consiglia a Nico di non recarsi nel minimarket in cui si ferma ogni giorno, dopo scuola.
Questo sbalzo temporale inizialmente è poco chiaro, a volte gestito in maniera troppo repentina, ma rapidamente inizia a mostrare la sua ragion d’essere. Calparsoro cerca di mantenere un equilibrio tra questi due orizzonti temporali, accompagnando lo spettatore in un viaggio dalle tinte a tratti inquietanti, dando quella sensazione di ineluttabile tragedia che pervade le parti centrali di L’avvertimento.
La trama inizialmente sembra pesante, data la tendenza ad inserire troppi elementi che, alla fine, sono troppo marginali rispetto al cuore della vicenda. Fortunatamente, la seconda parte del film si concentra in maniera ancora più netta sulla caratterizzazione interiore dei personaggi, in modo particolare su Jon, reso vivido da un fenomenale Rául Arévalo.
L’avvertimento si basa tutto sulle figure di Jon e Raul, ma è il primo a conferire alla pellicola la necessaria vitalità. Jon è un personaggio tormentato, reduce da un crollo psicotico al termine del quale scopre che il suo amico e la sua ragazza ora sono fidanzati, scegliendo di accettare la cosa e comportarsi come il loro amico più sincero. Per tutto il film, Arévalo mantiene un’aria malinconica, con dei momenti di ossessiva vitalità quando inizia a percepire come ci sia un qualcosa in gioco, a cui solo lui può porre rimedio.
L’elemento paranormale è calibrato in modo abbastanza convincente, ma mi sarei asspettato una maggior valorizzazione del luogo, avrei voluto sapere perché proprio lì si intrecciano questa vite. È il solo aspetto che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, perché se si fosse costruito una specie di urban legend intorno al mini market L’avvertimento sarebbe stato perfetto.
Invece, mi devo accontentare di definirlo avvincente, magnetico. Il merito è per l’ottima resa dei personaggi, tutti in un certo senso maledetti dalla vita per diversi motivi, quasi che il destino si accanisca contro certe persone, segnandole. Da questo senso di predestinazione trae anche forza la parte finale di L’avvertimento, una sorta di riscatto da un qualcosa di già scritto, la voglia di esser finalmente padroni della propria sorte e non semplici marionette mosse da chissà quale forza misteriosa.
Negli ultimi minuti ero praticamente incollato allo schermo, immaginavo come potenzialmente sarebbe finita la storia, ma il modo in cui Calparsoro costruisce questo momento clou è suggestivo, emozionante.
Dopo le recenti delusioni di proposte ben più pubblicizzate di Netflix, come La Fine, sembra che le sorti del buon cinema per il colosso dello streaming non siano più nel mercato americano, ma in produzioni più low budget dalla vecchia Europa. Nonostante alcune debolezze, infatti, L’Avvertimento è nettamente superiore alle recenti proposte cinematografiche di Netflix, riuscendo a puntare ad un elemento essenziale per vincere il favore degli spettatori: l’emozione.