Sab 3 Maggio, 2025

Le News della settimana

spot_img

Potrebbe interessarti

La fine della Ragione: Roberto Recchioni colpisce duro – Recensione

Parlare de La fine della Ragione, la nuova fatica di Roberto Recchioni, è più complicato di quanto si possa pensare. I lavori di Roberto hanno sempre una precisa identità, che li si veda in chiave fantascientifica (Orfani) o più letteraria (come L’ammazzadraghi), ma con questa graphic novel, edita da Feltrinelli come primo passo della nuova linea Feltrinelli Comics, facciamo un ulteriore passo, andiamo a scontrarci direttamente con la società attuale, ma non nei salotti mediatici o nei comizi.

Roberto Recchioni scende nelle piazze, fisiche e sopratutto digitali, si butta in mezzo alla gente, la assorbe e la ripropone con il suo metro di giudizio, con la sua convinzione e percezione di un percorso sociale che ogni giorno affronta anche nella sua dimensione social. Faccio una premessa. Se cercate del realismo, se siete di quelli che vogliono leggere un fumetto osannando l’aderenza al reale del tratto, siete nel posto sbagliato. Qui non troverete realismo, ma realtà, quella quotidianità che ogni giorno serpeggia nei social, tra populismi e mentalità di anarchica stupidità travestita da onniscienza.

Ma soprattutto, e torniamo al discorso iniziale, tanto di Roberto. Se c’è una cosa che non si può nascondere di Recchioni è la sua capacità di mettersi in discussione, di scendere in prima linea mostrandosi per come è fatto, nei pregi e nei difetti. Può stare tremendamente sulle palle uno come lui, ed è un aspetto su cui l’autore romano ha sempre improntato la sua figura, non credo per spocchia, quanto più per una fede nella propria identità. Sono fatto così, vuoi essermi amico accettami, non ti vado bene, la porta sta là, te la apro? Per gli altri invece, mette la cassetta dei Ramones  con Blitzkrieg Pop e ci si butta nella mischia.

La fine della Ragione diventa in quest’ottica una delle opere più precise ed intime del Recchioni-pensiero. Dalla prima pagina. Sarcasmo mescolato alla critica delle dinamiche moderne nella comunicazione della massa, quel ‘non so di che parli, ma voglio dire ugualmente la mia‘, che diventa un porre freno a quell’anarchia del confronto nata dall’illusione che la libertà di parola sia una costrizione a dire obbligatoriamente la propria su tutto, a prescindere dalla preparazione o meno a riguardo.

La fine della Ragione, cronaca del crollo della società vista con gli occhi di Roberto Recchioni

Il declino della società descritto in questo volume è un’inquietante fotografia delle battaglie social del momento, di una dinamica di falsa democrazia che sfocia nell’oscurantismo più becero, un ritratto fatto di elementi ormai iconografici della comunicazione al tempo di Facebook.

Io me lo vedo Roberto chino sul suo tavolo, che con un sorriso cinico disegna certe tavole, da un lato divertito dalle potenziali reazioni, dall’altro amareggiato nel sapere come in realtà questa complicata allegoria sia ben reale, palpabile.

Già mi aspetto critiche che vorranno vedere La fine della Ragione come un manifesto politico contro qualcuno, magari pubblicato in un periodo di campagna elettorale. Vi prego, siate un pochino più lungimiranti, e provate a ricordare quanto tempo serve a creare un progetto del genere, alla lunga programmazione editoriale, prima di fare certe accuse. Ironicamente, potreste diventare parte della storia stessa con questa critica, o nel ruolo dei complottari o in quello di chi crede nel destino come grande architetto delle nostre vite.

la fine della ragione 1

Guardate, invece, alla scrittura di Roberto, alla scelte delle parole e delle frasi, in cui non compaiono mai termini come ignoranza o stupidità. C’è una contrapposizione affascinante. Da un lato si tratta di frasi selezionate dagli slogan ormai divenuti mantra di internet, dall’altro Recchioni colpisce il lettore con una serie di frasi ed effetto che sono rapide e violente, in un lampo dalla pagina ti passano nella testa e cominciano a graffiarti il cervello, scavano per instillarti il germe più temuto del momento: la coscienza critica.

La Gente è un nemico naturale del senso critico, laddove una massa di individui facilmente preda dei populismi e di abili comunicatori diventa un unico organismo che fagocita storia e cultura, l’individualità diventa un male. E si colpisce in ogni direzione, dal rapporto scuola-famiglia alla polemica sui vaccini, toccando anche la religione con un passaggio che è cinematografico, con una della frasi più dure del volume:

“Come padre, Dio non ha per nulla dei buoni precedenti. Darth Vader sembra Geppetto al confronto”

La fine della Ragione è una storia futura, ma quanto avanti nel tempo? Mancano i riferimenti, ma la sensazione è che non sia così lontana questa tragedia umana, in cui una bambina malata diventa la spinta di ribellione di una madre ad una comunità che gronda ignoranza e se ne bea, convinta che la conoscenza sia una male. E chi meglio di un madre può ribellarsi?

Perché ‘una madre al destino gli sputa in faccia‘. Non mancano mai le figure forti femminili in Recchioni, che si chiamino Marta o Jsana o siano anonime come in questo caso, saranno sempre loro a mostrare il nerbo necessario a cambiare le cose. In questo caso, una madre che rispecchia un lato biografico dell’autore, che si è aperto giorni fa con i suoi amici di Facebook a riguardo. Il viaggio della Madre è una missione, non un’avventura, ma un disperato tragitto in cui l’amore per la figlioletta malata la porta ad andare contro i dettami di una società malata e degenerata in un medioevo culturale inquietante

Già nell’impostazione grafica si nota un dettaglio essenziale. Sembra che Recchioni disegni su un vecchio quaderno, un diario, come fosse un suo lungo monologo interiore. E se la sua idea fosse non di creare un semplice fumetto, ma di lasciare una testimonianza, una prova che un tempo qualcuno ha cercato di impedire un declino sociale che pare inarrestabile?

Ecco allora che la colorazione diventa cupa, con una tendenza al rosso, il colore della passione ma anche del sangue che sgorga quanto la Ragione viene meno. La fine della Ragione è cromaticamente oscuro, sporco come il mondo in cui si muove la Madre, con una prevalenza del nero che rispecchia la mentalità di chi popola questa nuova realtà.

Come disegni, Recchioni ha uno stile particolare. Come dicevo prima, scordatevi il realismo. Roberto punta ad una visione emotiva e personalissima, in cui si intravede un amore per Go Nagai, specialmente nella gestione degli sguardi dei personaggi, ma anche ad un’impostazione della fisicità dei personaggi che ricorda in alcuni tratti Miller. Una tavola in particolare è da memorizzare, verso il finale, in cui il modo con cui il narratore tiene in mano il suo pennello muta, diventa rabbioso come lo sguardo oscuro che lo anima.

la fine della ragione 2

Ma è il racconto della caduta della Ragione che mostra una perfetta conoscenza della dinamica social da parte di Recchioni, che ricorre all’impostazione da meme, o ricorrendo a citazioni classiche della sua nerd culture, dal deposito di zio Paperone a Henry Jones Jr.

Ci sono della frasi, all’interno di questo volume, che sono dei macigni per le coscienze. Una in particolare è una coltellata, da quanto è vera. Per soffocare la verità e dare nuova spinta all’oscurantismo basta davvero poco, in fondo ‘non devo spiegarlo, mi basta negarlo‘. Lucidamente perfida, spaventosamente attuale.

La fine della Ragione non è una favola, è spietato, lucido, sarcastico e cinico, come il suo autore che vuol mantenersi onesto con il lettore fino alla fine. Ma quell’ultima tavola è una stretta al cuore (ma che lo ha anche Recchioni?), una dichiarazione d’intenti emozionante e sincera. Ho trovato suggestivo che i due lati più palesemente introspettivi dell’autore siano l’autocritica iniziale e questo sorprendete finale, dove parrebbe far capolino un filo di speranza.