All’origine di tutto il franchise di cui oggi torniamo a parlare c’è Kingdom Hearts, un Action RPG realizzato da Tetsuya Nomura.
Il videogioco, nato dalla collaborazione tra Square (ora diventata Square Enix) e The Walt Disney Company, vide la luce in Giappone il 28 marzo del 2002 (ricordo a tal proposito, il video pubblicato per celebrare l’anniversario dei 20 anni) e, fortunatamente, per l’arrivo in Europa dovemmo aspettare solo qualche mese, essendo il gioco stato rilasciato sul mercato (compreso anche quello italiano) il 25 novembre del 2002.
In vista della ricorrenza europea e dei festeggiamenti per il 20° anniversario, ci è sembrato doveroso andare a realizzare un a piccola retrospettiva di questo gioiello per Playstation 2.
Il gioco nacque da un’idea che al principio sembrava folle ma che in seguito – come si è dimostrato – divenne invece vincente. L’intuizione fu quella di creare un gioco dall’alta fluidità d’azione e inserirci all’interno delle personalità di spicco, arrivando quindi all’unione dei protagonisti della saga di Final Fantasy con gli amati personaggi del mondo Disney.
Kingdom Hearts all’uscita ottenne un successo inaspettato e venne elogiato proprio per l’armoniosità che si era andata a creare tra i personaggi e il gameplay. Grazie a quest’accoglienza, si pensò anche di realizzare una serie animata su Kingdom Hearts, progetto purtroppo accantonato poco dopo.
In compenso, dal primo capitolo si generarono diversi altri progetti, non solo per Playstation, aumentando così la complessità della storia, i cui fili verranno tirati solo in Kingdom Hearts 3 (e nel DLC Re Mind), portandola a una conclusione molto discussa.
Kingdom Hearts, la retrospettiva di un classico senza tempo
Su quella che ormai è considerata una piattaforma di retrogaming (la Playstation 2) ho passato diverse ore della mia infanzia, esplorando i fantastici mondi che avevano messo a disposizione in Kingdom Hearts. Per questo mi è venuto spontaneo andare a realizzare oggi, vent’anni dopo il suo debutto, una sorta di recensione della versione originale del 2002, e non sulle riedizioni successive contenute nei cofanetti della saga per Playstation 3 e 4, che – peraltro – presentano diverse modifiche rispetto alla versione storica.
Però adesso è meglio andare con ordine, per questo riporto qui un piccolo indice per facilitare la lettura:
La Trama di Kingdom Hearts
Il gioco ha come protagonista Sora, un ragazzo che vive un’esistenza tranquilla sulle Isole del Destino insieme ai suoi amici Kairi e Riku, con i quali condivide il sogno di lasciare quel posto e viaggiare in giro per il mondo per scoprire e esplorare.
Un giorno, dopo uno strano sogno, Sora, ritrovatosi in mezzo a un’invasione di bizzarre creature, scopre di essere il prescelto per maneggiare il Keyblade, una spada che è anche la chiave per chiudere le serrature che collegano i mondi. Anche possedendo tale arma, Sora non riesce però a impedire la distruzione del suo mondo e, nel tentativo di seguire Riku e Kairi, si ritrova catapultato in un’altra realtà.
Dopo la caduta delle Isole del Destino nell’oscurità, infatti, il ragazzo si ritrova da solo nella Città di Mezzo, dove, grazie all’aiuto di Leon (Squall di Final Fantasy VIII), si incontra Paperino e Pippo. I due sono il mago e lo scudiero di corte del mondo del mondo del Castello Disney e sono alla ricerca del loro Re, Topolino, anch’egli possessore di un Keyblade e recentemente scomparso.
I tre partono così per un viaggio di ricerca che li porterà a esplorare i mondi dei grandi classici dell’animazione Disney. viaggio che avrà il suo culmine finale ai confini del mondo, dove dovranno affrontare Ansem, il ricercatore dell’oscurità.
Lo sviluppo
L’idea folle di Kingdom hearts nacque da una fortuita discussione tra Shinji Hashimoto e Hironobu Sakaguchi, già celebri per la saga di Final Fantasy, i quali volevano creare un gioco che avesse la stessa fluidità di Super Mario 64, ma cercando un “level up” per il progetto. L’illuminazione fu quella di andare a prendere personaggi che loro conoscevano bene e buttarli nella mischia insieme alle amate creazioni della The Walt Disney Company.
Il progetto cominciava quindi a prendere forma ma la vera e propria svolta si ebbe con l’arrivo di Tetsuya Nomura, che proprio con Kingdom Hearts esordisce come regista, occupandosi non solo dei personaggi in qualità di character designer, ma curando anche tutta la parte narrativa.
Il gioco, frutto della collaborazione tra Disney e Square, fu una vera opera d’arte indimenticabile, dove la trama, assieme ai personaggi e alla colonna sonora di Yoko Shimomura, tenevano il giocatore attaccato allo schermo.
Il gameplay
Il gameplay che venne realizzato prevedeva una piena esportabilità della aree, con segreti nascosti qua e la e Sora che disponeva di una quantità limitata di HP e di MP, che poteva sfruttare per magie, tramite anche la selezione rapida del pulsante R2.
Il giocatore poteva contare anche sul supporto di Paperino e Pippo, che seguivano il protagonista durante tutta la storia, anche se nei vari mondi era anche possibile sostituire uno dei due con il personaggio protagonista del mondo Disney (come Aladdin o Ariel), permettendo così azioni specifiche.
La principale differenza che troviamo rispetto alla versione rimasterizzata è che nel capitolo del 2002 non vi è la selezione di interazione veloce con il tasto triangolo, senza contare poi i boss segreti e i Keyblade che prima non esistevano.
Kingdom Hearts, 20 anni dopo
Kingdom Hearts ottenne un grandissimo successo e, da qui si generarono diversi altri capitoli, ultimo dei quali è l’annunciato Kingdom Hearts 4.
Le ore di gioco e la grande esperienza passata davanti a questo capolavoro mi porta ad affermare che sia uno dei videogiochi che preferisco in assoluto, perché giocando a questo titolo si ha la possibilità di esplorare mondi che si erano visti solo nei film di animazione della Disney, con boss di livello molto accurati e che richiamavano molto le vicende narrate nelle pellicole originali (ovviamente con modifiche per adattarli alla vicenda).
Una parte che ho molto apprezzato è la possibilità di personalizzare non solo l’equipaggiamento dei personaggi, ma anche la gummiship con sui ci si può spostare da un mondo all’altro. Altro elemento fondamentale tra i più caratteristici di quest’opera è la colonna sonora, composta da armonie stupende e che si adattano perfettamente al gioco (continuo ancora oggi ad ascoltarmi i brani quasi tutti i giorni).
Parte sicuramente da migliorare, ma che abbiamo in realtà visto nella versione rimasterizzata, è la possibilità di avere una scelta rapida per l’attivazione di tecniche e per le interazioni con i personaggi.
Nel complesso quindi, Kingdom Hearts è un’esperienza stupenda che trasporta il giocatore in un mondo perfettamente strutturato. Vi consiglio caldamente di recuperare una Playstation 2 e riprendere questa piccola perla del retrogaming che, a 20 anni di distanza dalla sua uscita, è ancora uno dei giochi migliori della storia di questo settore.