IT: Capitolo Due, l’orrore in una risata – Recensione

Di Manuel Enrico 9 Min di lettura

Ammettiamolo, trasporre un libro al cinema non è un compito semplice. I due media hanno linguaggi diversi e scene che sulla carta sono epiche, complice l’immaginazione del lettore, sul grande schermo rischiano di perdere di efficacia. Per dire, anche Blade Runner, anzi, quel capolavoro di Blade Runner, si prende notevoli libertà rispetto all’originale cartaceo di Dick, ma ne conserva comunque un rispetto della base narrativa, che ne costituisce il cuore pulsante che ha fatto innamorare milioni di sognatori. Diverso è il discorso quando ci si trova di fronte a un film come IT: Capitolo Due.

IT: Capitolo Due riuscirà a chiudere dignitosamente la trasposizione del celebre romanzo firmata da Muschietti?

King e il cinema, a ben pensarci, non hanno un gran rapporto. Tralasciando la storica lite con Kubrick per Shining, le opere del Re dell’orrore divenute film hanno sempre faticato a farsi apprezzare per la loro aderenza allo spirito originario delle storie del romanziere americano. La trasposizione del 1990 di IT, per quanto divenuta un cult, era comunque abbastanza slegata dal romanzo, mantenendo però un certo legame nei momenti essenziali, ma aveva colto almeno lo spirito che animava su carta le avventure dei ragazzi di Derry.

IT: Capitolo Due, invece, ha lo stesso precedente limite del primo capitolo della trasposizione di Muschietti: non ha anima. O meglio, non l’anima di King, ma quella dell’ennesimo prodotto creato per nostalgia degli anni ’80. Un ‘effetto Stranger Things’ che, se avesse avuto un altro titolo, avrebbe anche avuto una propria dignità.

Perché se ci dimentichiamo per un attimo da dove è nato l’universo con al centro Pennywise, il lavoro di Muschietti non sarebbe completamente da schernire. Insomma, per un pigro pomeriggio di una piovosa domenica invernale in cui non si sa come arrivare a sera scacciando la noia, sarebbe anche una valida proposta, in attesa di qualcosa di più degno.

Il ritorno a Derry con la versione adulta dei Perdenti avrebbe dovuto esser una chiusura del cerchio perfetta per lo scontro con il mostro che ha influenzato le vite di questi ragazzini, ma sceglie il momento sbagliato per mostrare una somiglianza al libro: mancare di spessore. Anche nel romanzo di King, a dir il vero, mi è sempre parsa più debole la parte con i Perdenti adulti, ma avendo frammezzato i due periodi storici alterandoli, King aveva trovato un buon modo per mitigare questa debolezza.

La scelta di Muschietti di imporre una radicale distinzione tra i due periodi ha invece mostrato pienamente la totale debolezza della seconda parte. Se nel primo capitolo, in mezzo ad una totale decontestualizzazione del tessuto sociale originario del romanzo, quantomeno si ritrovava una certa somiglianza nello spirito dei giovani protagonisti, con IT: Capitolo Due anche questa delicata eco viene meno.

I personaggi, ora cresciuti, mancano completamente di mordente, salvo la buona interpretazione di McAvoy. La resa dei conti con Pennywise avrebbe dovuto esser carica di tensione e d pathos, in una spirale emotiva che avrebbe dovuto angosciare lo spettatore non con immagini ma tramite una narrazione emozionante e mirata. La debolezza del film è proprio nel non aver colto il modo in cui King sia da sempre un maestro nel creare una tensione serpeggiante e latente che lentamente si ingrossa sino a travolgere il lettore.

IT Capitolo Due

 

Nello stesso IT, King ha modo in più occasioni di creare situazioni che non sono esplosive, ma si caricano pagina dopo pagina, predisponendo il lettore, caricandolo di un’angosciata attesa che morbosamente lo spinge a divorare le pagine in attesa del colpo ad effetto. In IT: Capitolo Due manca questa concezione della tensione, erroneamente si pensa di concentrare l’orrore in momenti ad altro contenuto scenico, ma che manca di anima, di quell’anima oscura e tremenda che dovrebbe spingere il cuore dello spettatore a galoppare forsennato

Insomma, IT non è un horror, perché non spaventa.

Non è una storia di tensione, perché il ritmo narrativo manca quasi sempre di mordente.

Soprattutto, il film perde di consistenza per colpa del suo protagonista principale, Pennywise, che viene privato del proprio potere realmente terrificante già nel primo capitolo: essere imprevedibile e in maledetta simbiosi con Derry e, forse, il mondo intero.

L’errore principale di Muschietti è credere che il villain debba spaventare dal primo sguardo. In un film horror classico, potrebbe essere una buona idea, ma in IT questa mossa vanifica l’intera struttura del racconto. Pennywise deve attrarre dei bambini, deve avere inizialmente un aspetto rassicurante e divertente o diventa al contrario un elemento da cui un bimbo naturalmente scappa. Non si tratta di voler fare i puntigliosi sul rispetto del libro, ma nel chiedere di avere un personaggio che sia un fondamento concreto della storia, non che si limiti a presentarsi come l’antagonista.

IT Pennywise

Pennywise manca di questa connotazione. Renderlo subito epidermicamente estraneo suscita una sensazione nello spettatore che lo identifica facilmente con il nemico, ma nel raggiungere questo scopo priva al contempo la storia del suo aspetto principale: una minaccia ignota, sfuggevole. In IT: Capitolo Due, come nella prima parte, questa sensazione è totalmente assente, Pennywise è il cattivo, lo capiamo subito, come fanno i bambini a non capirlo? Non lo capiscono perché non devono capirlo, e tanto basta.

È un’imposizione di sospensione dell’incredulità allo spettatore che abbatte il cuore della storia. Va detto che IT al cinema è una sfida che difficilmente può essere affrontata in maniera vincente, ma in questo modo siamo proprio alla demolizione dell’evento scatenante: la morte di Georgie.

IT: Capitolo 2 Jessica Chastain

Tornando a IT: Capitolo Due, l’errore di Muschietti è di avere voluto inserire una comicità forzata laddove non era stata pensata. Nella gran parte delle situazioni in cui l’orrore invade la storia, manca di mordente perché derivata da intermezzi comici fuori posto, forzati e ridicoli al punto che anche le illusioni create da Pennywise sembrano delle situazioni paradossali e prive del necessario pathos.

Peccato, perché il concetto di amicizia che permeava il romanzo originale è presente anche nella pellicola di Muschietti, ma IT: Capitolo Due è talmente frenato dagli altri limiti che non consente a questa forza motrice dell’unione dei Perdenti di emergere.

IT, nella sua interezza, manca del mordente necessario per un esser un horror, ma non riesce nemmeno ad esser una pellicola in grado di mostrare un’inquietudine vincente. Non c’è l’orrore kinghiano fatto di situazioni ed emozioni, viene messo al centro la vista ma in modo approssimativo e dimenticandosi che l’orrore ha mille sfumature.

Come per La Torre Nera, il limite non è tanto la non aderenza al romanzo originale, ma una fragilità narrativa che si cerca di coprire con inquadrature ben ragionate ma incapaci di reggere un’assenza di profondità dei personaggi, piatti e assenti per gran parte delle scene essenziali.

Se vogliamo ragionare in termini di aderenza al romanzo originale, Muschietti ha realizzato un omaggio a  King privo del mordente necessario per esser una trasposizione convincente, priva degli elementi essenziali del romanzo. Vedendolo come un film slegato dal canone di King, siamo di fronte ad una produzione ambiziosa che non riesce a mantenere quanto promesso, schiacciata da crepe nella trama e bidimensionalità dei personaggi.

L’orrore, forse, è proprio questo.

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